Woodstock 50 anni dopo Cos’è successo a chi c’era, di Michele Primi
Quello che resta mezzo secolo dopo
Il 15 agosto di 50 anni fa un terreno dello Stato di New York si trasformò nell’epicentro di una rivoluzione culturale: Woodstock espresse le istanze di una generazione che voleva un mondo diverso. Furono 32 le esibizioni di quella tre giorni (e mezzo). Ecco chi c’era e cosa ne è stato, chi ha continuato a suonare, chi si è ritirato e chi non c’è più. E chi non ci andò (pentendosene)
Bob Dylan non ci andò perché aveva capito per primo che gli ideali degli anni Sessanta non sarebbero sopravvissuti nel decennio successivo. Jim Morrison non ci andò perché era stato travolto dal Miami Incident (arrestato per le oscenità dette durante un concerto a marzo, fu processato e condannato). I Led Zeppelin non ci andarono perché non volevano essere «un’altra band in scaletta». Joni Mitchell non ci andò perché aveva un appuntamento per un’intervista televisiva e il manager la convinse a non rinunciarci. Eppure scrisse lei la canzone che meglio rappresenta quel weekend del 15 agosto 1969: Woodstock, registrata da Crosby, Stills, Nash & Young nell’album Déjà Vu.
Mi sono imbattuta in un figlio di Dio che stava camminando lungo la strada e gli chiesi: dove stai andando? E lui mi disse questo: «Sto andando giù alla fattoria di Yasgur, a unirmi a una rock and roll band, ad accamparmi all’aperto, sulla terra, a cercare di liberare la mia anima».
Tanti altri, da Frank Zappa ai Byrds ai Rolling Stones avevano altri impegni o non riuscirono a prevedere la portata dell’evento. Ian Anderson dei Jethro Tull disprezzava gli hippy, Jeff Beck doveva partecipare con il suo Jeff Beck Group ma la band si sciolse una settimana prima, Tommy James & The Shondells, numero uno in America con Crimson & Clover all’inizio del 1969, rifiutarono perché qualcuno del management aveva descritto la cosa così: «C’è un allevatore di maiali che vorrebbe invitarvi a suonare nel suo campo». Il raduno annunciato come An Aquarian Exposition diventò 3 Days of Peace & Music con 32 esibizioni e una folla che nessuno ha mai voluto davvero contare, perché nei 500 mila di Woodstock (si dice addirittura un milione) si è specchiata una generazione che vedeva nel rock uno strumento di libertà.
Gli scatti di Baron Wolman, decine di automobili incolonnate fino a bloccare ogni via di accesso alla cittadina di Bethel, sono simbolo della rivoluzione culturale. In una delle scene più significative del film Woodstock di Michael Wadleigh, Michael Lang, organizzatore del festival, getta lo sguardo sui 240 ettari di terreno che ha affittato dall’allevatore Max Yasgur per 75 mila dollari e al giornalista che gli chiede come vanno i conti dell’impresa «Woodstock Ventures» dice: «Il punto è che sta succedendo, e funziona. Questo è abbastanza». Alle autorità avevano detto che sarebbero arrivate 50 mila persone, in prevendita furono staccati 186 mila biglietti. Fu a quel punto che Lang decise di aprire i cancelli e trasformarlo in un evento gratuito.
Woodstock è stata la realizzazione di un’utopia. Immersi nel rock e nell’Lsd , quei ragazzi hanno convissuto in pace per tre giorni, ascoltando musica dalle 17 di venerdì 15 agosto alle 11 di lunedì 18. L’unico reporter presente il primo giorno, Barnard Collier del «New York Times», aveva il compito di scrivere del degrado. In prima pagina finì il racconto di un raduno caotico ma pacifico. Un anno dopo era già finito tutto. Ma per un momento breve e irripetibile Woodstock ha dettato il ritmo della storia.
La scaletta fu disordinata: Jimi Hendrix voleva chiudere a mezzanotte della domenica ma salì sul palco alle nove di lunedì quando metà della gente se n’era andata; Crosby, Stills, Nash & Young avevano fatto un solo concerto insieme; Neil Young non volle essere ripreso; Santana pensava di suonare sabato notte e si ritrovò sul palco alle due del pomeriggio; gli Who non si misero d’accordo con gli organizzatori e suonarono alle cinque del mattino. Alcuni dei 32 artisti presenti in quel weekend sono rimasti legati solo al nome di Woodstock. Tutti sono entrati nella storia del rock.
Eccoli qui di seguito.
Venerdì 15 agosto
Il festival comincia alle 17.07 di Ferragosto con un folksinger di Brooklyn che suona la chitarra acustica con grande potenza ritmica. Quando finisce il suo set, la maggior parte degli artisti non è ancora arrivata. Havens improvvisa sullo spiritual Motherless Child che si trasforma nell’inno di Woodstock, Freedom. Nel 1969 ha già pubblicato cinque album ed è conosciuto nella scena folk di New York, ma Woodstock lo trasforma in un’icona». Muore nel 2013 a 72 anni. Secondo le sue volontà, le ceneri vengono disperse sul sito del festival.
Sweetwater
Bloccati nel traffico, gli Sweetwater raggiungono Woodtsock in elicottero per suonare i brani jazz fusion e psichedelici del loro album di debutto. Ne seguiranno altri due nel 1970 e 1971, oltre ai tour con i Doors ed Eric Burdon & The Animals. La carriera della band è segnata dall’incidente stradale della cantante Nancy «Nansi» Nevins, che perde l’uso di una corda vocale. La sua storia è raccontata dal film Sweetwater. A True Rock Story.
Bert Sommer
I suoi capelli ricci finiscono sulla locandina del musical Hair a Broadway, in cui interpreta un personaggio. La sua cover di America di Simon & Garfunkel viene accolta con un boato a Woodstock. Quello stesso giorno scrive We’re All Playing in the Same Band che entra nella Top 50 in America, eppure rimane uno dei pochi artisti a cui Woodstock non ha regalato il successo. Nessuna sua canzone finisce nel film, nessuna nella colonna sonora, il suo nome viene dimenticato nella targa commemorativa. Morto nel 1990, è diventato un artista di culto.
Tim Hardin
La leggenda fragile del folk arriva sul palco dopo avere scritto le hit If I Were a Carpenter e Reason to Believe reinterpretate anche da Johnny Cash e da Rod Stewart. La sua performance a Woodstock non è brillante ma è il suo momento di massima gloria. Introverso, afflitto dalla paura del palco e dalla dipendenza dall’eroina, non registra più album dopo il 1973. Muore di overdose nel 1980 a Hollywood.
Ravi Shankar
È il maestro che ha insegnato a suonare il sitar a George Harrison e portato la musica indiana in Occidente. Dopo avere celebrato la Summer of Love al festival di Monterey nel 1967, chiude il cerchio della sua immensa influenza culturale suonando a Woodstock sotto la pioggia. Non ha mai amato il movimento hippy e le sue derive psichedeliche: «La musica per noi in India è una religione». Ha vinto cinque Grammy, ispirato John Coltrane, ricevuto la Legione d’Onore in Francia e il titolo di Knight of the Order of the British Empire in Inghilterra. Ha suonato fino all’ultimo concerto del 4 novembre 2012 a Santa Monica, un mese prima di morire.
Melanie Safka
Quando arriva a Woodstock ha pubblicato un solo singolo, Beautiful People, ed è terrorizzata. Si dice sia stata Joan Baez a tranquillizzarla. L’esperienza le ispira il singolo Lay Down (Candles in the Rain) che diventa una hit nel 1970. La sua più grande hit è Brand New Key, n.1 in America nel 1971. Vive a Nashville, Tennessee.
Arlo Guthrie
Il figlio di Woody continua la missione del padre e canta canzoni di protesta contro le ingiustizie sociali. Grazie al successo del suo primo pezzo, Alice’s Restau
rant Massacree, un blues di 18 minuti, passa direttamente dalle coffee house al palco di Woodstock. La storia di quel testo è in parte vera: arrestato a 18 anni per avere gettato illegalmente i rifiuti del pranzo del Ringraziamento di una coppia di amici, Arlo viene scartato dall’esercito ed evita il Vietnam. Verso la fine della canzone, Guthrie suggerisce a chi deve fare la visita di leva di entrare nell’ufficio dello psichiatra militare, cantare il ritornello e uscire. Diventa un inno pacifista e della festa del Ringraziamento. Vive nel Massachusetts.
Joan Baez
L’anima gemella di Bob Dylan è «l’Usignolo di Woodstock» perché chiude la prima giornata del festival alle due del mattino (quando sale sul palco saluta la folla con un ironico good morning) con un set leggendario che termina con l’inno del movimento per i diritti civili
We Shall Overcome, una delle canzoni di protesta più celebri di sempre. Dopo di lei, un diluvio si abbatte su Woodstock. Nel 2017 è entrata nella Rock and Roll Hall of Fame e nel 2018 ha pubblicato il suo 25° album, Whistle Down the Wind.
Sabato 16 agosto
Quill
I fratelli Jon e Dan Cole hanno formato i Quill nel 1967 e si sono fatti conoscere nelle zone di Boston e New York. Una band locale — senza un album alle spalle ma con un concerto al club Steve Paul’s The Scene di New York con Jimi Hendrix — apre la giornata di sabato subi
to dopo il temporale. Il loro primo album esce nel 1970; poco dopo si sciolgono. Oggi Jon Cole vive alle Hawaii ed è un esperto di energie rinnovabili. Dan Cole ha fondato uno studio di registrazione a Boston e nel 1980 ha lasciato la musica per lavorare nel settore informatico. È consulente aziendale.
Country Joe McDonald
È già uno dei musicisti e attivisti più importanti d’America quando arriva a Woodstock per cantare un pezzo simbolo del movimento contro la guerra in Vietnam, The Fish Cheer / I-Feel-Like-I’m-Fixin’-to-Die Rag. Alla folla dice: «Ascoltate, gente. Non so come pensate di poter fermare la guerra se non cantate più forte». Ha pubblicato 33 album in oltre 60 anni di carriera.
Santana
Il problema che aveva reso inutilizzabili le riprese del concerto dei Quill viene risolto in tempo per l’esibizione di un collettivo di musicisti di San Francisco guidati dal chitarrista di origine messicana Carlos Santana. Quando forma la band nel 1966 Santana lavora come lavapiatti al Tick Tock’s Drive-In. Tre anni dopo firma un contratto con la Columbia e il manager Bill Graham riesce a portarlo a Woodstock. I suoi 45 minuti di furore latin-rock colgono di sorpresa tutti. Grazie anche al montaggio fenomenale di un giovane regista a inizio carriera, Martin Scorsese, le immagini della performance diventano uno dei momenti simbolo di Woodstock.
John B. Sebastian
«Amate tutte le persone che avete intorno, portate via un po’ di rifiuti mentre tornate a casa e andrà tutto bene». Le parole che John B. Sebastian pronuncia dal palco rappresentano lo spirito di Woodstock. Più avanti si preoccupa degli acidi di cattiva qualità che stanno girando tra il pubblico: «Prendetene al massimo metà». Poi dedica un pezzo a un bambino che si dice sia appena nato. John B. Sebastian ha lasciato da un anno la band The Lovin’ Spoonful (con cui ha scritto la hit Do You Believe in
Magic) ed è a Woodstock da spettatore. Secondo la leggenda viene chiamato sul palco per riempire la scaletta.
Keef Hartley Band
La prima band inglese a Woodstock sale sul palco alle 16.45 di sabato. Il gruppo pubblica altri quattro album fino al 1972, poi Keef Hartley forma i Dog Soldier con cui registra un album nel 1975. Hartley è stato il batterista di John Mayall e ha esordito sostituendo Ringo Starr nei Rory Storm & the Hurricanes quando Ringo è entrato nei Beatles. È morto nel 2011 a 67 anni.
The Incredible String Band
La band di culto della controcultura britannica viene dalla scena folk di Edimburgo e ha creato un suono psichedelico di successo. I musicisti sono in tour negli Stati Uniti con uno spettacolo sperimentale quando ricevono la telefonata di Michael Lang per un posto a Woodstock. Robert Plant li ha citati come una delle influenze principali dei Led Zeppelin. Si sono sciolti nel 1974 e riformati nel 1999. Il loro ultimo concerto è del settembre 2006.
Canned Heat
Going Up the Country dei Canned Heat viene usata per i titoli di testa del film di Woodstock e con il suo tema bucolico, il suono psichedelico e l’atmosfera surreale diventa l’inno di una generazione. Il resto lo fa l’esibizione al tramonto, con la hit On the Road Again, i 30 minuti di jam session di Woodstock Boogie e la scena durante A Change is Gonna Come in cui un ragazzo salta sul palco e il cantante Bob «The Bear» Hite divide con lui una sigaretta. «The Bear» muore per un’overdose di eroina nel 1981, Alan Wilson era già morto nel 1970 a 27 anni; ma i Canned Heat continuano a suonare da 50 anni.
Mountain
I Mountain hanno fatto pochissimi concerti insieme prima di Woodstock, ma il chitarrista Leslie West e il cantante e bassista Felix Pappalardi non si spaventano. Si sciolgono a Capodanno del 1974; Leslie West continua a suonare dal vivo e registrare dischi, Felix Pappalardi è stato ucciso dalla moglie Gail Collins durante una lite nel loro appartamento di Manhattan nel 1983.
Grateful Dead
«È stato forse il nostro peggior concerto», ha detto Bob Weir. L’esibizione è un disastro (il palco è inondato dalla pioggia e rischiano di rimanere fulminati) e dopo varie interruzioni chiudono con una versione di Turn
On Your Lovelight lunga 38 minuti. Eppure la loro leggenda non si ferma. Dopo la morte di Jerry Garcia nel 1985 continuano a suonare fino al 2015.
Creedence Clearwater Revival
Il 1969 è il loro anno magico: in dodici mesi pubblicano tre album e diventano un monumento del rock americano. Quando arrivano a Woodstock è appena uscito il secondo, Green River. John Fogerty si è sempre lamentato di aver dovuto suonare dopo i Grateful Dead che secondo lui «hanno mandato il pubblico a dormire». La loro corsa inarrestabile finisce nel 1972 quando John Fogerty scioglie la band. Lui continua a suonare dal vivo.
Janis Joplin with the Kozmic Blues Band
Janis Joplin arriva a Woodstock con i Kozmic Blues Band. Suona i brani del primo album solista e chiude alle tre del mattino con le cover di Piece of My Heart e Ball
and Chain. La voce femminile più blues di tutti i tempi è una stella che brucia in fretta: il 4 ottobre 1970 muore in una stanza del Landmark Motor Hotel di Hollywood.
Sly and the Family Stone
Il funk-rock di Sly & the Family Stone è un’invasione black in territorio hippy. Musica senza confini, suonata con furore in piena notte da una band rivoluzionaria composta da musicisti bianchi e neri e guidata dal genio folle di Sly Stone. L’album Stand! è appena uscito, Woodstock è un’occasione, e la band non sbaglia. Una band così è destinata a implodere: suona fino al 1975, Sly Stone si ritira per problemi di droga nel 1987 ma torna sul palco nel 2006.
Gli Who cercavano un modo spettacolare per presentare il loro concept Tommy, e non potevano trovarne uno migliore che iniziare a suonarlo alle cinque del mattino e arrivare al culmine con il brano See Me Feel Me all’alba. La performance si chiude con la hit del 1965
My Generation e la strumentale Naked Eye.
Dopo aver sfasciato la sua chitarra Gibson SG, Pete Townshend la guarda per un momento e poi la lancia tra il pubblico. Nel 2019 gli Who hanno annunciato il Movin On! Tour e un nuovo album.
Domenica 17 e lunedì 18 Jefferson Airplane
Sono la band più importante di San Francisco, simbolo di una generazione ribelle. Headliner del sabato, sono chiamati a chiudere la giornata, ma suonano alle 8 di domenica. Grace Slick apre lo show così: «È il momento della folle musica del mattino. Questa è la nuova alba». Dopo la reunion del 1989, Grace Slick si ritira: «Ogni rocker dovrebbe farlo a 50 anni per non sembrare stupido».
Joe Cocker and the Grease Band
Joe Cocker è nella musica dal 1961 ma non è famoso quando arriva a Woodstock. Al termine della performance è già una leggenda. La sua versione di With a Little Help From My Friends impressiona Paul McCartney e George Harrison. Nominato baronetto dalla regina Elisabetta nel 2008, è morto a 70 anni nel 2014.
Country Joe & The Fish
Dopo l’esibizione solista di sabato, Country Joe McDonald torna sul palco con la sua band, i Country Joe & The Fish, si dice per coprire il buco lasciato dai Jethro Tull che hanno rifiutato l’invito. Nel 2017 incide l’album 50.
Ten Years After
Gli inglesi Ten Years After sono virtuosi del blues, ma a Woodstock hanno vari problemi per il palco bagnato. Le telecamere riprendono solo l’ultimo pezzo, I’m Going Home, nove minuti che consacrano il cantante e chitarrista Alvin Lee e lanciano la band. Lee è morto nel 2013, la band ha continuato a pubblicare album fino al 2017.
The Band
I canadesi The Band hanno pubblicato un solo album, il classico Music From the Big Pink, ma sono già un’istituzione perché sono la band di Bob Dylan e la loro The Weight è in una scena del film Easy Rider. Dopo dieci album annunciano il ritiro nel 1976 con un concerto a San Francisco ripreso da Martin Scorsese nel film The Last Waltz. Robbie Robertson collabora da allora con Scorsese e ha lavorato alle colonne sonore di Toro Scatenato, Il colore dei soldi, Casino, The Departed, Gangs of New York, Shutter Island e The Wolf of Wall Street.
Johnny Winter
Johnny Winter è un giovane fenomeno texano della chitarra in tour quando arriva a Woodstock per entrare nella storia. Continua a suonare fino al 14 luglio 2014, quando si esibisce a un festival blues in Francia: due giorni dopo viene trovato morto in un albergo a Zurigo.
Blood, Sweat & Tears
Suonano una miscela di R&B, pop e rock. Arrivano a Woodstock da headliner, le telecamere sono pronte per riprendere il primo pezzo ma il manager non concede il permesso e il loro show sparisce dal film e dalla colonna sonora. Questo non impedisce alla band di avere successo. Sotto la guida del fondatore Bobby Colomby i Blood, Sweat & Tears continuano a fare concerti ancora oggi.
Crosby, Stills, Nash & Young
La superband folk rock, nata nella casa di Joni Mitchell, diventa gigantesca con l’arrivo di Neil Young nel 1969. Il primo concerto è il 16 agosto all’Auditorium Theater di Chicago. Il giorno dopo partono per un festival di cui non sanno niente, Woodstock. Quando salgono sul palco alle tre di notte (senza Neil Young che salta le prime quattro canzoni), Stephen Stills dice: «È la seconda volta che suoniamo in pubblico, ce la stiamo facendo addosso». L’esibizione è incantevole e il loro album Déjà Vu del 1970 diventa uno dei dischi più importanti del rock. I membri sono tutti in piena attività.
Paul Butterfield Blues Band
La band ha trionfato a Monterey nel 1967. Due anni dopo è rimasto solo il fondatore Paul Butterfield. Woodstock è l’occasione per rilanciarsi, Butterfield suona l’armonica come sa fare e un pezzo, Love March, finisce nella colonna sonora del film. La band si scioglie nel 1971, Butterfield si trasferisce a Woodstock, forma i Better Days e suona con il suo idolo Muddy Waters. Muore nel 1987 a 44 anni nel suo appartamento di North Hollywood per un’overdose di farmaci e droga.
Sha Na Na
Gli spettatori rimasti a Woodstock fino alle sette della mattina di lunedì rimangono a bocca aperta davanti agli Sha Na Na, cover band di rock&roll anni Cinquanta con i ballerini in costume. I 90 secondi in cui compaiono nel film di Woodstock bastano a lanciarli al successo: tra il 1969 e il ’71 suonano ovunque, vengono invitati da John Lennon al concerto benefico One-to-One al Madison Square Garden, nel ’78 partecipano al film Grease e fino all’81 conducono uno show tv. Sono ancora in attività.
Jimi Hendrix chiude il cerchio usando la Fender Stratocaster per distorcere l’inno americano. Dopo aver imitato il rumore delle bombe sul Vietnam, Hendrix riparte verso lo spazio con Purple Haze e la Woodstock Improvisation in cui fa vedere quello che avrebbe potuto ancora fare con la chitarra se avesse vissuto più a lungo (è morto a 27 anni il 18 settembre 1970 per un’overdose di tranquillanti). L’ultimo atto del festival è la sua apoteosi: «La musica è più forte della politica. Per questo a Woodstock erano tantissimi».
LA LETTURA, Il corrire della sera, 11 agosto 2019