Il maestrale dei Sardi, di Stella Barbarossa

Lo sapete che ci sono sardi a cui non piace il maestrale? Tra i venti che popolano la Sardegna, da nord a sud, Tramontana, Levante, Scirocco, Austro, Libeccio e Ponente, il Maestrale soffia da nordovest e pulendo i nostri mari, dà ampio respiro anche ai nostri pensieri.

Con il suo soffio, l’acqua brulla ritorna cristallina, gli alberi rilasciano tutti i loro pollini e allo stesso modo la nostra mente si quieta, tra pensieri finalmente rarefatti.

Chi non è sardo si chiederà come sia possibile vedere donne coi capelli e le gonne al vento e uomini e bambini che camminano zavorrandosi e pensare che allo stesso tempo, mentre quasi veniamo portati via dal vento, nei pensieri di noi sardi viva la più stabile quiete e tutto il nostro languore venga placato dal soffio del maestrale.

Sotto il maestrale di Carducci ‘urla e biancheggia il mar’, mentre noi ci arrendiamo pacifici al suo soffiare, considerandolo ormai un amico ma anche un maestro dal quale dovremmo forse imparare a vivere. I suoi insegnamenti non ci rendono difatti più consapevoli della nostra forza? Al suo primo comparire ci riscopriamo capaci di affrontare qualunque cosa, ritemprati nello spirito e abbracciati a lui, liberi di viaggiare per la nostra terra.

Se pensiamo poi alla grandiosa funzione del vento, di spargere semi e pollini lontani dal punto in cui sono nati, non percepiamo anche noi un grande senso di libertà e spensieratezza?

È pur vero tuttavia, che il cagliaritano e il sardo in generale, in cuor suo sia un tantino lamentoso; sarà facile perciò sorprenderlo per le vie della città nei giorni di maestrale a sbuffare infastidito urlando: “pitticcu su bentu!”.

Ma con quale sorriso spavaldo e soddisfatto stendiamo i panni ad asciugare quando tira? Non dobbiamo quasi nemmeno preoccuparci di stirarli!

La verità è che il maestrale ci sopporta, ci aiuta e ogni tanto ci fa perdere la testa, come per i licantropi la luna piena. E spesso, gravemente, c’è chi si approfitta della sua potenza per devastare boschi  e pianure. Personalmente, ogni volta che sale il maestrale mi ritrovo ad ascoltare con maggiore attenzione tutti quei rumori ai quali solitamente non diamo peso: i rami degli alberi che ondeggiano, il sibilo dell’aria che s’insinua dove trova spazio e la natura che aleggia intorno a noi con un’aura benefica e ciarliera.

D’altronde, noi sardi non potevamo che esser scelti da questo vento qua, saggi e prepotenti come siamo, di una brezza non avremmo saputo che farcene.

Appena andrà via lo aspetteremo di nuovo, dopo averlo un po’ maltrattato se rimasto a lungo, ma molto felici di rincontrarlo.

 

 

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