QUESTIONE SARDA O QUESTIONE NAZIONALE SARDA? di Francesco Casula
L’espressione “Questione sarda” si deve a Gian Battista Tuveri, il grande teorico del Federalismo. Con essa si intendeva sostanzialmente che in Sardegna vi era, irrisolta, una Questione economica, di povertà e arretratezza, da ricondurre essenzialmente alla politica coloniale dei dominatori, Aragonesi e Spagnoli ma soprattutto dei tiranni sabaudi.
Dobbiamo arrivare agli anni ’60 per mettere in discussione tale tesi con il grande teorico dell’indipendentismo moderno, Antonio Simon Mossa che chiarirà definitivamente che in Sardegna vi è oltre a una Questione economica (la Sardegna “colonia”) una Questione nazionale sarda (ovvero una “Nazione oppressa”).
Sostanzialmente su questa linea, pur con ulteriori arricchimenti si muoverà il Neosardismo degli anni ’70. di Eliseo Spiga, Antonello Satta, Gianfranco Contu (che scriverà un libro intitolato proprio: “Questione nazionale sarda”).
-La Sardegna “nazione oppressa”.
Oltre che colonia interna, per Simon Mossa la Sardegna è una “nazione oppressa”, “proibita”, “non riconosciuta” dallo Stato Italiano, emarginata dalla storia, insieme a tutte le altre minoranze etniche del mondo. In Europa al pari dei Baschi, Catalani, Bretoni, Occitani, Irlandesi etc. Contro cui è in atto un pericolosissimo processo di “genocidio” soprattutto culturale ma anche politico e sociale. Si tratta di “minoranze” che “l’mperiale geometria delle capitali europee vorrebbe ammutolire” (6).
Per Simon Mossa, che la Sardegna abbia una sua precisa identità etno-nazionale è indubitabile, tanto da portarlo a polemizzare duramente con chi la nega:” Non crediamo certo – scrive – allo slogan “Sardegna nazione mancata” coniato dai rinunciatari di ogni tempo e di ogni colore” (7).
Più precisamente cosi definisce la Sardegna “Noi Sardi costituiamo una comunità etnica abbastanza omogenea e compatta” (8). Lo stesso concetto ripete sia al Convegno di San Basilio a Ollolai il 22 Giugno 1969 sostenendo che la Sardegna è “Una Comunità etnica con i suoi aspetti storici, geografici, sociali, economici e culturali (Lingua, tradizioni popolari etc.) (9); sia parlando con l’Europeista Guy Heurod a Strasburgo, nell’Ottobre dello stesso anno quando afferma “ Noi concepiamo la regione come entità umana, economica, in una parola etnica”(10).
Del resto – sostiene Simon Mossa – “Persino lo Stato ha riconosciuto, almeno formalmente una sostanziale differenza fra la Sardegna e le Regioni interne del Paese. Cioè ha implicitamente riconosciuto la Comunità etnica o il popolo sardo che dir si voglia, tale da essere degno di un vero e proprio autogoverno…di un riconosciuto diritto storico” (11). E ancora, sempre sulla stessa lunghezza d’onda, ma polemizzando sommessamente con i Sardi un po’ autocolonialisti e un po’ ascari scrive :” Gli stessi italiani più realistici e politicamente ben più avanzati dei Sardi, avevano nella loro Costituzione Repubblicana solennemente confermato il diritto della Sardegna a uno Statuto speciale, cioè gli Italiani riconoscevano in sede costituzionale il carattere di <comunità distinta> al popolo sardo per le ragioni storiche, geografiche etniche, sociali che il Partito sardo aveva con chiarezza sin dalle origini posto sul tappeto” (12).
“Il Genocidio”.
Per annichilire e distruggere l’identità etno-nazionale dei Sardi è in atto – secondo Simon Mossa – “un processo forzato di integrazione che minaccia l’identità culturale, linguistica ed etnica” (13).
Una vera e propria aggressione, un “genocidio” sia pure “sotto ad innocente maschera della difesa di determinati interessi di classe o di casta, di privilegi, di antiche sopraffazioni”(14).
E’ lo stesso processo di “snazionalizzazione” delle minoranze etniche che vivono in Europa. “Secondo gli studi di investigatori dell’Unesco si sta arrivando – scrive Simon – a una vera e propria azione di <genocidio>. Cioè alla snazionalizzazione ad oltranza, da parte di tutte le nazioni europee verso le minoranze e le comunità etniche comprese nel proprio territorio….l’Italia che pure aderisce all’Unesco non ha mai e poi mai ottemperato alle stesse norme e gli accordi internazionali. I gravi problemi economici hanno sempre posto nella Repubblica in secondo piano i problemi delle minoranze e delle comunità etniche. L’operazione <genocidio> viene applicata egualmente in Italia con i guanti di velluto anziché col bastone” (15).
Complici di tale <genocidio> sono anche i Sardi:” Oggi troppi sardi si lasciano comprare e si applicano con spietata brutale complicità all’opera di genocidio che si sta attuando” (16).
E si commette genocidio “ Non solo distruggendo fisicamente un popolo. Vi sono altri modi: assoggettandolo a schiavitù e a regime coloniale, assimilandolo per mezzo dell’integrazione: questo è il più moderno, il più subdolo perché incomincia con l’intorpidimento delle coscienze, ma il punto di arrivo è lo stesso: l’uccisione della coscienza comunitaria di un popolo e la distruzione della sua personalità”(17).
Antonio Simon Mossa, dotto in lingue diverse, viaggiatore colto e aperto alle problematiche delle minoranze etniche mondiali, ma soprattutto europee, che conosce direttamente, “de visu”, si rende conto della drammatica minaccia di estinzione che pesa su di loro: oramai sul bilico della scomparsa. Si tratta di una vera e propria catastrofe antropologica che qualche anno dopo, rispetto all’analisi e alle previsioni di Simon Mossa, sarà impietosamente documentata dal noto Centro Studi di Milano “Luigi Negro”, secondo il quale ormai ogni anno scompaiono nel mondo dieci minoranze etniche e con esse altrettante lingue, modi di vivere originali, specifici e irrepetibili, culture e civiltà. Il pretesto e l’alibi di tale genocidio è stato ed è che occorreva e che occorre superare, trascendere e travolgere le arretratezze del mondo “barbarico”, le sue superstizioni, le sue aberranti credenze, i suoi vecchi e obsoleti modelli socio-economico-culturali: espressioni di una civiltà preindustriale ormai tramontata.
I motivi veri sono invece da individuare nella tendenza del capitalismo e degli Stati – e quindi delle etnie dominanti – a omologare e assimilare, in nome di una falsa unità, della razionalità tecnocratica e modernizzante, dell’universalità cosmopolita e scientifica, le etnie minori e marginali e con esse le differenze e specificità, in quanto “altre”, scomode e renitenti.
Riferimenti Bibliografici
- Relazione in ciclostilato nella Riunione di Ollolai (10 Giugno 1967) nei monti del Santuario di Santu Basili, ora in “Antonio Simon Mossa: Le ragioni dell’indipendentismo” Ed. S’Iscola Sarda. Sassari 1984 a cura di Cambule-Giagheddu-Marras e in “Sardisti” vol.II di Salvatore Cubeddu, Ed. EDES, Sassari 1995, pagg.476-477.
- La Nuova Sardegna 4 Agosto 1967:”No ai Sardi straccioni” di Fidel.( Lo pseudonimo con cui Antonio Simon Mossa firmava, per la gran parte, i suoi articoli: Altri pseudonimi cui ricorse furono: “Giamburrasca”, “Il Moro”, “Cecil”.
- Ibidem.
- Tesi di F. Riggio, Etnia e Federalismo in Antonio Mossa, relatore il Prof. Giancarlo Sorgia, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari, A.A. 1975-76.
10. Ibidem.
11. Ibidem.
12. La Nuova Sardegna 1° Agosto 1967.
13. Ibidem.
14. La Nuova Sardegna, Agosto 1967, Intervento di Michelangelo Pira.
15. La Nuova Sardegna, 28 Ottobre 1972, Intervento di Eliseo Spiga.
16. La Nuova Sardegna, 4 Agosto 1967, art. cit.
17. La Nuova Sardegna, 2 Settembre 1965, Fidel.
By Mario Pudhu, 7 maggio 2019 @ 08:21
Ma sa chistione est: Ite semus faghindhe o pessamus de fàghere (die cun die puru cun fàgheres e cumportamentos, mih, no sa die de vattelappesca bae e busca cun cale ‘rivolutzione’, o cun cale política normale organizada séria e fitiana netzessària), pro cambiare una cunditzione seculare chi (tzertu no solu pro sa dipendhéntzia ddae un’istadu colonizzatore) nos est isperdindhe?
Semus chimbant’annos chistionendhe, cantu e comente, de custa cosa e fintzas su ‘mundhu’ indipendhentista paret chi prus de iscallamentu, divisiones e pistamentu de abba no iscat fàghere.
Semus chimbant’annos faedhendhe fintzas de limba sarda ma semus ancora furminados frimmos cun s’italianu faedhendhe de o pro la lingua sarda, pro no nàrrerre de àtera cosas prus… importantes o fines o tziviles…
Fossis ispetamus a “candho si tenet su bentu” chentza mancu pessare chi a tènnere su bentu est a chèrrere tènnere a soga (a irfogu) unu punzu de musca. Si su ‘bentu’ fimus nois no tiaimus ispetare nudha. E semus ispetendhe, cun d-una passiéntzia dughentos annos comintzendhe a mancare, fossis ca sa passiéntzia puru prus est antiga e menzus est…