SA DIE 2019: Breve illustrazione del significato dell’inno “Procurade ’e moderare” ….. di Luciano Carta
……. e delle strofe che si propongono per essere cantate nelle cerimonie ufficiali della Regione Autonoma della Sardegna. (Consiglio Regionale della Sardegna, domenica 28 aprile 2019, ore 11,00).
1. Il Comitato per “Sa Die de Sa Sardigna – Festa del Popolo Sardo”, nei 26 anni trascorsi dall’approvazione della L. R. 14 settembre 1993, n. 44, istitutiva di questa solennità, ha sempre contribuito a tenere viva la ricorrenza annuale con manifestazioni di varia natura, supportata dai due illustri Presidenti, che oggi non sono più tra noi, i professori Giovanni Lilliu e Nereide Rudas.
Lo scorso anno, in coincidenza con il 70° Anniversario dell’Autonomia Speciale della nostra Regione, proprio nel pomeriggio del 28 aprile, il Consiglio Regionale ha deliberato di scegliere come inno ufficiale la composizione poetica settecentesca di Francesco Ignazio Mannu Su patriota sardu a sos feudatarios, conosciuto anche come Procurade ’e moderare, a integrazione della L. R. 15 aprile 1999, n. 10, istitutiva della “Bandiera della Regione”. Tale deliberazione è stata trasferita nella L. R. 4 maggio 2018, n. 14.
Manca a tutt’oggi il Regolamento di attuazione della L. R. N. 14/2018, previsto dall’art. 2, comma 2, ai sensi del quale il Presidente della Regione Sardegna, con suo decreto, dovrà fissare le modalità di esecuzione delle strofe prescelte, accompagnate dallo spartito musicale.
2. Relativamente a quest’ultimo aspetto, la proposta del Comitato è stata che le strofe prescelte siano cantate con la melodia del canto dei gosos, in quanto tale melodia accomuna, secondo una tradizione secolare profondamente radicata, tutte le popolazioni delle regioni storico-geografiche della Sardegna. Ciò esige anche il metro usato dal Poeta, le strofe di versi ottonari, adatti per il canto solenne della tradizione religiosa e civile in lingua sarda.
Non dovrà escludersi, in circostanze particolari, più improntate ad un’atmosfera festosa, che l’inno possa essere anche eseguito “cun boghe ’e ballu”, ossia con il ritmo del “ballu tundhu”, o “ballo sardo cantato”, anch’esso molto vivo nella tradizione sarda.
3. Com’è noto l’inno antifeudale Procurade ’e moderare è una composizione assai complessa, che esige necessariamente una scelta tra le 47 ottave di cui consta, per un totale di 376 versi.
Al riguardo il Comitato ha ritenuto di proporre alla Regione Autonoma della Sardegna 6 strofe, scelte tra quelle che meglio rispondono a tre fondamentali requisiti:
a) che esprimano in primo luogo il monito ai Governanti, la cui azione deve essere sempre improntata al bene comune;
b) che indichino con chiarezza il contesto storico in cui è nato l’inno, che s’incarna nella cultura e nei valori del secolo dei Lumi, nella sua aspirazione al progresso dell’umanità, al rifiuto di ogni forma di oscurantismo e al rispetto dell’autonomia dell’allora Regnum Sardiniae e della sua identità. Questi concetti, presenti nell’articolato discorso dell’inno, costituiscono la lampante dimostrazione che la Sardegna non è stata – così come non è e non deve essere – chiusa alla mentalità più vitale del Settecento, ma ha vissuto e ha condiviso i valori del secolo dei Lumi, che sono a fondamento della “visione del mondo” dell’Europa e di tutta la civiltà occidentale, a partire dalla Rivoluzione francese;
c) che riflettano la volontà del Popolo Sardo di essere sempre vigile nella difesa dei suoi diritti e nella lotta per una società più giusta, contro qualsiasi forma di privilegio che mortifichi le aspettative dei ceti più umili.
Il Comitato ritiene che rispondano ai suddetti criteri le strofe NN. 1, 2, 4, 24, 46, 47, precisando che non si intende che esse debbano essere eseguite tutte, ma, secondo le circostanze, possano essere scelte nel numero da due a quattro, con la ripetizione del ritornello alla fine di ogni strofa.
Le strofe 1-2, che costituiscono il proemio di tutto l’inno, sono universalmente note e non hanno bisogno di particolari commenti. Esse fungono da monito ai Governanti, che vengono richiamati alla saggezza e alla moderazione, condizioni indispensabili perché il “contratto sociale” su cui è fondata ogni società, possa reggere. E il tema del “patto sociale” tra Governati e Governanti pervade tutto l’inno.
Qualche riflessione merita invece la scelta della strofa 4: “Su Populu, ch’in profundu / letargu fit sepultadu” ecc. È la strofa che introduce l’argomento centrale dell’inno: la necessità di superare l’anacronistico sistema feudale, ancora presente in Sardegna nel secolo dei Lumi. Ebbene, è in virtù del risveglio culturale di quel secolo che un protagonista nuovo, il Popolo della Sardegna, diventa protagonista del proprio presente e del proprio futuro. Come? Con quali strumenti? Ciò è detto con chiarezza nei versi della strofa 4. Il Popolo sardo si rende protagonista del proprio destino perché si è risvegliato da secoli di indolenza e di oscurantismo: “Finalmente despertadu / S’abbizat ch’est in cadena”. Il verbo “despertar”, uno dei tanti ispanismi presenti nell’inno, indica il “risveglio della ragione”. È la ragione che fa sì che il Popolo prenda coscienza di essere schiavo (“est in cadena”) di istituzioni, di usanze e di tirannelli che il nuovo orizzonte culturale del secolo dei Lumi intende seppellire per sempre, affinché l’umanità sia artefice del proprio destino. È in questa strofa, insieme alla N. 45 (“S’omine, chi s’impostura / Aiat già degradadu”) che collega la remota Sardegna all’Europa all’alba del mondo contemporaneo. Ed è ancora alla luce di questa nuova “visione del mondo” che va letta la sarcastica strofa 24 (“O poveros de sas biddas / Trabagliade, trabagliade”): il popolo sardo non può lavorare per un pugno di parassiti e di sfruttatori!
Le ultime due strofe, 46-47, costituiscono il coronamento dell’inno, l’incitazione finale a combattere contro tutti gli abusi e le ingiustizie sociali, con un invito rivolto al Popolo sardo attraverso immagini pregnanti e vibranti della più autentica tradizione contadina: “Como chi est su filu ordidu / A bois toccat su tesser, / Cando si tenet su bentu / Est prezisu bentulare!”.
I principi e i programmi di cui l’inno è portatore furono continuati, tra marzo e giugno 1796, da Giovanni Maria Angioy, eroe eponimo della “sarda rivoluzione”, e dai numerosi martiri tra i suoi seguaci, che già dall’estate del 1796 pagarono con la vita il loro impegno per il progresso della Sardegna. Tra essi è giusto ricordare il prete giacobino e parroco di Torralba Francesco Sanna Corda, il notaio cagliaritano Francesco Cilloco, il parroco di Semestene prete Francesco Maria Muroni, bonorvese, e i due martiri cagliaritani di Palabanda Raimondo Sorgia e Salvatore Cadeddu.
Viva l’Autonomia della Sardegna, Viva Giovanni Maria Angioy, Viva i Martiri della Sardegna!
Allegato
INNU DE SU PATRIOTA SARDU A SOS FEUDATARIOS (strofe1-2, 4, 24, 46-47) – Strofe per il canto come “Inno della Regione Sarda”.
1.
Procurade ’e moderare
Barones sa tiranìa,
Chi si no pro vida mia
Torrades a pè in terra.
Declarada est già sa gherra
Contra de sa prepotenzia
E cominzat sa passienzia
In su populu a faltare.
Procurade etc.
2.
Mirade ch’est azzendende
Contra de bois su fogu,
Mirade chi no est giogu,
Chi sa cosa andat de veras,
Mirade chi sas aeras
Minettana temporale;
Zente consizada male,
Iscultade sa oghe mia.
Procurade etc.
4.
Su Populu, ch’in profundu
Letargu fit sepultadu,
Finalmente despertadu
S’abbizat ch’est in cadena,
Ch’istat sufrende sa pena
De s’indolenzia antiga,
Feudu, legge inimiga
A bona Filosofia!
Procurade etc.
24.
O Poveros de sas Biddas,
Trabagliade trabagliade,
Pro mantenner in Zittade
Tantos caddos de istalla;
A bois lassan sa palla,
Issos ragoglin su ranu,
E pensan sero e manzanu
Solamente a ingrassare.
Procurade etc.
46.
Custa Populos est s’ora
De estirpare sos abusos,
A terra sos malos usos,
A terra su despotismu!
Gherra gherra a su egoismu,
E gherra a sos oppressores!
Custos tiranos minores
Est precisu umiliare!
Procurade etc.
47.
Sino calqui die a mossu
Bonde segades su didu,
Como chi est su filu ordidu
A bois toccat su tesser,
Mizzi chi poi det esser
Tardu s’arrepentimentu:
Cando si tenet su bentu
Est precisu bentulare.
Procurade etc.
1. Cercate di moderare, baroni, la tirannia, altrimenti, lo giuro sulla mia vita, tornate a piedi a terra! È già dichiarata la guerra contro la prepotenza, e nel popolo la pazienza comincia a venir meno.
2. Badate che si sta accendendo l’incendio contro di voi; badate che non è uno scherzo, che la cosa sta diventando realtà; badate che il cielo minaccia il temporale; gente mal consigliata, ascoltate la mia voce.
4. Il popolo, che era sprofondato in un profondo letargo, finalmente si è risvegliato e si rende conto che è in catene, che sta scontando la pena della sua ormai secolare incapacità di reagire contro il sistema feudale, ordinamento [politico e sociale] contrario alla saggezza di una sana filosofia.
24. Lavorate, lavorate, o poveri dei paesi, per mantenere in città tanti cavalli stalloni! A voi lasciano la paglia, mentre essi s’impossessano del grano e mattina e sera pensano solo a ingrassare.
46. Popoli, è giunta l’ora di estirpare gli abusi! A terra le cattive consuetudini, a terra il dispotismo! Guerra, guerra all’egoismo e guerra agli oppressori! Dovete umiliare [i feudatari,] questi piccoli tiranni!
47. Se non lo fate, un giorno [per la rabbia] vi staccherete le dita a morsi! Ora che la trama è già ordita, spetta a voi tessere! Badate che poi sarà tardivo il pentimento. Quando [sull’aia] tira il vento favorevole, allora si deve separare il grano dalla pula.
By Mario Pudhu, 29 aprile 2019 @ 20:33
Sa “passéntzia” de custu pópulu est in eternu comintzendhe «a faltare» e sos tirannos mannos podent sighire in eternu trancuillos a ndhe fàghere a cadhu e a pè: «est precisu umiliare / custos tirannos minores».
Coment’e «inno della Regione» RAS andhat bene.