Po Fizu meu ispiradu, a manos de su rigore……, di Giulia Cubeddu Alziator
e davanti al male dell’uomo … e l’apparente silenzio di Dio.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
È quello che ci viene riportato nel vangelo della domenica delle palme, la passione di Gesù tratto dal vangelo di Luca.
È una vicenda che, da cristiani praticanti o meno, conosciamo tutti sin da piccoli. Ma, conoscere e capire sono la stessa cosa?
In origine i vangeli narravano solo la morte e la resurrezione di Cristo mentre le parti precedenti furono aggiunte in seguito. Questo ci dice come la piena comprensione della morte e della resurrezione di nostro Signore fossero il fulcro della fede per i primi cristiani. Quindi direi proprio di no: conoscere la vicenda non implica averne colto le sfumature o compreso appieno il significato.
Scandalo significa pietra di inciampo, e Gesù nei vangeli tende continuamente a farci inciampare da questa idea di un Dio punitore, ossessionato dal peccato e dalle nostre colpe, che ci ama in base ai meriti e ai sacrifici. Gesù ci mostra un Dio che ama tutti al di là dei meriti, che perdona i peccati, un Dio che non é un bacchettone o un moralista.
Per portare fino in fondo questo suo progetto, mostrare il volto del Padre, Gesù non fa giochetti o magie con noi. Non fa sconti alla sua umanità. Piange per il suo amico Lazzaro, si commuove per la vedova di Naim, si infuria davanti ai mercanti del tempio, ha terrore fino a sudare sangue davanti alla prospettiva di una morte cruenta.
Soprattutto, il punto cruciale, non scende dalla croce! Glielo urlano i farisei, glielo ripete il ladrone (meno buono) :”Se sei il figlio di Dio, dimostralo! Scendi dalla croce, smetti di soffrire e di far soffrire noi, sei veramente il figlio di Dio”.
E tutti noi in fondo lo vorremmo, un Dio che ci fa scendere dalla croce, se vuol essere veramente degno della nostra devozione. Essendo Dio avrebbe potuto farlo: tanto é vero che alla moltitudine di soldati che vengono ad arrestarlo e allo stesso Pilato ribadisce che legioni e legioni di angeli sarebbero accorse in sua difesa, se solo l avesse voluto!!! È allora? Che aspettava? Se ci pensate, questa é la stessa domanda che gli pone Satana durante i 40 giorni di tentazioni nel deserto:”Buttati dal pinnacolo del tempio, Dio ti salverà e tutti ti crederanno!”.
La cosa apparentemente logica da fare é in realtà per Gesù la peggiore delle tentazioni: non fare appieno la volontà del Padre.
Non è un prestigiatore che finge di essere uomo e quando la situazione si complica fa un numero di magia e si toglie dai pasticci, obbligandoci ad una fede di riverenza anziché di amore.
Gesù vuole mostrarci il Padre, e questo non scendere dalla croce, dal momento che noi non possiamo scendere dalla nostra, resta in croce con noi, ci é solidale. Un altra tentazione del Nemico, alimentata da certi delirii pseudo religiosi, é pensare che sia Dio stesso la fonte del dolore, che dà a ciascuno la propria croce e ad ognuno la propria dose di sofferenza.
È una grave forma di blasfemia accusare Dio di essere uno spietato sadico. La sofferenza e la malattia non sono mai volute da un Padre che vuole solo la gioia piena dei suoi figli.
Il vero grande dilemma di ogni cristiano con un minimo di raziocinio davanti al male dell’uomo é l’apparente e assordante silenzio di Dio.
Ci vorrebbero 20 articoli per sviscerare la questione, nonché una laurea in teologia che al momento mi sfugge. Da umile cristiana che ha letto qualcosa di qualcuno più erudito: Dio se é onnipotente é crudele, se é buono é impotente. Dunque é impotente.
Dio rinuncia a questo suo poter far tutto per lasciar fare a noi, perché vuole che siamo noi i tralci attaccati alla vite che portino molto frutto.
Gesù ha fatto miracoli, ma non ha guarito tutti i malati del mondo, e sicuramente ne aveva il potere. Ha guarito alcuni per aiutare la nostra fede, ma dice che se crederemo al suo nome potremo fare segni ben più grandi. Dio vuole che col nostro impegno salviamo il mondo, lui ci ha mostrato la via.
Un buon Padre sa quando è il momento di istruire il figlio, ma anche quando il figlio deve essere libero di scegliere la sua strada.
Dio si rende impotente dunque, per mostrate la sua potenza solo in coloro che liberamente aderiscono al suo progetto di salvezza.
Come si spiega nel libro della Genesi, la sofferenza e la malattia non erano nel piano originale del Creatore. Sono entrati col male.
Se dunque la sofferenza e la malattia non sono volontà di Dio, c è un modo cristiano di stare nel dolore. Gesù è morto amando, pregando per i suoi persecutori, affidando la madre al discepolo amato. Non c è amore più grande di chi dà tutto per te, mentre tu lo rinneghi come Pietro, lo tradisci come Giuda, fuggi come gli apostoli, temi di perdere il tuo potere come i sommi sacerdoti, fai la cosa più diplomatica anziché la più giusta, come Pilato.
E dinanzi a questo, si ostina ad amarli, dicendo: “Perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
E davvero, quando noi pecchiamo, è un po’ come se non sapessimo cosa stiamo facendo, perché il Divisore ci convince che il potere, la paura o il denaro ci porteranno la felicità.
La felicità ce la porta solo questo essere amati sempre, nonostante tutto, fino alla fine.
Anche il dolore che ci capita può diventare, dalla passione di Gesù in poi, luogo di incontro col Padre e con chi, come noi, soffre.
Dopo tre giorni il sepolcro viene trovato vuoto. Per gli atei i discepoli hanno trafugato il cadavere e alimentato un imbroglio lungo 2000 anni. Per noi cristiani Gesù é risorto e appare ad alcune donne.
A quel tempo le donne non potevano nemmeno testimoniare in tribunale e Lui le sceglie quali testimoni del nodo cruciale della storia della salvezza.
Ma salvezza da cosa? Non dalla morte fisica, evidentemente. Salvezza dal peccato, che è un non sapere dov’é la felicità, cercandola nei posti sbagliati. La felicità é solo in quell’amore radicale, che ti spinge a dare la vita per i propri amici.
E solo un amore così può riempire il cuore e svuotare i sepolcri: non solo quello del Cristo, ma anche i tanti che ci portiamo dentro di noi.
Buona Pasqua a tutti!
Cagliari, 19 aprile 2019