Il discorso di insediamento del nuovo presidente del Consiglio Regionale, l’on. MICHELE PAIS
Signor presidente della Giunta,
assessori,
colleghe consigliere e colleghi consiglieri
mi rivolgo non senza emozione all’intera assemblea sarda per far arrivare a ciascuno di voi un saluto non formale, insieme con gli auguri di buon lavoro, in questa seduta di insediamento che segna l’avvio della Sedicesima Legislatura che si apre nel settantesimo anniversario della nostra Autonomia speciale.
Saluto il presidente, la Giunta e il Consiglio uscenti e indico alla politica e alle istituzioni l’unico obiettivo che deve animare il nostro impegno, con spirito unitario, senso di responsabilità e passione, e cioè, il bene della Sardegna e di tutti i sardi.
«Noi siamo sardi – ha scritto Grazia Deledda – siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri» che per secoli è stata però terra di conquista e di dominazioni ma anche e soprattutto di resistenza, di ribellione, di riscatto.
Mi piace utilizzare le parole della più famosa tra le scrittrici sarde e dell’unica italiana a vincere il premio Nobel per la letteratura, per ricordare a tutti noi che siamo anche il prodotto di tante culture e di mescolanze che hanno arricchito e dato un colore multiforme alla nostra esistenza.
Lo conferma la storia della città nella quale vivo e sono nato e lo certifica quella dei tanti paesi della nostra Sardegna: siamo stati e continuiamo a rappresentare un approdo ospitale per i tanti che qui hanno cercato e realizzato, nel rispetto delle leggi e della civile convivenza, un futuro migliore e una vita più giusta.
Ed è per questo che affermo – in apertura del mio intervento – che non c’è nessuno che può sentirsi autorizzato a banalizzare i temi alti e delicati della democrazia e del sociale, strumentalizzando posizioni legittime e largamente condivise in materia di integrazione, di diritti, di rispetto delle persone e della solidarietà.
Per noi parla, infatti, la nostra storia secolare, parlano i nostri valori, la nostra tradizione e la nostra cultura.
Valori che riaffermiamo in tutta la loro grandezza quando indichiamo come priorità quella di rimettere al centro della nostra azione politica e di governo chi questa terra la abita, la vive, e chi combatte ogni giorno per restare qui dove è nato e non essere più costretto a trovare altrove le ragioni, e la sostanza, di una esistenza degna e di una vita fatta di soddisfazioni semplici.
Significa in sintesi, dare una mano a chi questa terra ha contribuito a farla crescere e a chi la difende e la protegge, valorizzando nella quotidianità delle proprie azioni e del proprio lavoro, i suoi punti di forza e il suo immenso patrimonio materiale e immateriale.
In poche parole, questo vuol dire “prima i sardi”. Non altro. Tutti insieme dobbiamo lavorare concretamente per risollevare i destini di questa terra e offrire così alla nostra Sardegna una nuova opportunità per riemergere, per rialzarsi con più determinazione e affrontare, per vincerle, le sfide dello sviluppo e del lavoro.
Le troppe vertenze insolute ci indicano ancora una volta “l’emergenza lavoro” come necessità urgente nella nostra terra.
Ce lo dice la vertenza del Porto Canale dove 700 lavoratori rischiano in queste ore il licenziamento ma soprattutto lo confermano le storiche vertenze industriali del Sulcis, di Porto Torres, di Ottana, Olmedo, Macchiareddu, dove le ciminiere hanno lasciato in eredità le cicatrici di un vero e proprio disastro sociale e ambientale. Ma alle vertenze prettamente industriali si sono aggiunte quelle che affondano non solo nella struttura economica della nostra Isola, ma interessano la sopravvivenza di intere comunità.
Mi riferisco, in particolare, alla recente lotta dei pastori che ha riproposto il dramma delle campagne in maniera cruda ma efficace, con il cosiddetto sversamento del latte che ci ha dato la misura della disperazione e della gravità delle condizioni del lavoro e di vita nei campi.
Ed è facile constatare, ancora una volta, quanto l’economia dei nostri paesi e dei nostri territori sia strettamente connessa al comparto della pastorizia.
Si dice “pastores semus totus” per affermare che li sono le nostre radici ma anche per voler significare che se non si paga il latte al pastore, non è solo il pastore a star male ma è destinato a star male anche il fornaio o il farmacista, il commerciante e il professionista, e più in generale l’intero tessuto economico dei nostri piccoli centri.
Ed è proprio per ricordare la battaglia dei pastori che oggi in Aula nello scranno del presidente la campanellina d’argento è sostituita dal campanaccio tipico che si appende al collo degli ovini.
Il tintinnare di questa campana vuole significare l’urgenza di dare la sveglia a chi deve rimettere in moto il comparto primario dell’economia isolana e a rilanciare l’agricoltura come settore fondante le politiche di crescita nella nostra Regione.
E il concetto si rafforza quando i numeri del fenomeno dello spopolamento ci ricordano un’altra emergenza che deve essere affrontata con immediatezza, determinazione e competenza, non fosse altro perché si stima, che nel volgere di qualche lustro, saranno non meno di trenta i Comuni sardi che cesseranno di esistere, e nel frattempo, in 304 comuni su 377 i decessi sono destinati a superare le nascite.
La sconfitta dei pastori, e la scomparsa dei piccoli centri significherebbe, infatti, tranciare i tiranti a cui è agganciata la nostra identità di sardi.
Ed è anche per tale ragione che auspico misure e interventi adeguati perché siano recuperati e rafforzati tutti i presidi culturali e i simboli dell’identità, ad incominciare da una politica linguistica che restituisca al sardo, all’algherese, al tabarchino, al sassarese e al gallurese la libertà e la dignità di lingua, colmando così il divario causato da secoli di esclusione dal processo culturale europeo che, nel corso degli anni, si è positivamente sviluppato proprio in materia di tutela e salvaguardia della lingua stessa.
Sostengo questa battaglia di civiltà e progresso proprio in qualità di rappresentante della comunità di Alghero, che si è contraddistinta, da sempre, per iniziative e azioni a tutela della lingua catalana e delle sue tradizioni.
Ritengo doveroso, a questo proposito, far giungere alle istituzioni e al popolo catalano la vicinanza e il sostegno del Consiglio regionale e del popolo sardo, nella pacifica e democratica battaglia condotta per il riconoscimento del diritto all’autogoverno.
Sentimenti di amicizia e auspici per una sempre crescente collaborazione politica e istituzionale, mi sento inoltre di rivolgere all’Assemblea di Corsica, con la quale condividiamo comuni battaglie nel segno di quell’Europa dei popoli e delle Regioni che resta ancora oggi un’occasione mancata.
Così come possono essere definite occasioni mancate, i tentativi che nel corso degli ultimi vent’anni sono stati condotti per favorire una cosiddetta legislatura costituente. La realtà è quella che noi tutti conosciamo e che ha visto le riforme costituzionali al palo, al pari delle proposte di revisione, più o meno profonde, dello Statuto di Autonomia.
Mi sento impegnato, come sardo e come primo presidente dell’Assemblea sarda, espressione del più grande partito federalista italiano, la Lega di Matteo Salvini, nelle iniziative e nelle azioni per il rilancio della specialità, così come offro piena collaborazione perché si favorisca l’apertura di confronto con lo Stato, con l’obiettivo di vedere riconosciuti alla Sardegna quei poteri e quelle funzioni che sono oggi necessari per vincere le sfide politiche, sociali ed economiche dei nostri tempi.
Le aspettative per una stagione politica nuova e per un tempo di riforme profonde credo siano evidenti a tutte le forze politiche rappresentate in Consiglio, ed è quindi conseguente l’invito ad uno sforzo di straordinaria compattezza, pur nel rispetto dei rispettivi ruoli di maggioranza e opposizione, perché un nuovo statuto, una nuova legge statutaria e una nuova legge elettorale, non restino anche questa volta nel paragrafo degli auspici e dei buoni propositi.
Allo stesso modo, serve dare risposte urgenti ai nostri Enti Locali che negli ultimi anni, insieme con la riduzione delle risorse statali, hanno dovuto fare i conti con una riforma regionale che ha mostrato limiti evidenti e acuito il divario e le disparità di trattamento tra i diversi territori.
Lo dico senza infingimenti e con chiarezza: auspico un ridisegno degli Enti Locali, una ripresa di ruolo e funzione per gli enti intermedi e un riequilibrio degli assetti tra il Sud e il Nord dell’Isola con l’istituzione della Città metropolitana di Sassari.
Auspico soprattutto che cessi nella forma e nella sostanza, la sensazione e la percezione che la Regione possa pensare ad una Sardegna a due velocità, ma soprattutto con diverse opportunità a seconda delle latitudini.
Ritrovare una visione di insieme che valorizzi, tuttavia, le diversità e le peculiarità dei territori è una necessità non più derogabile per la classe politica sarda, e aggiungo per la maggioranza di governo scelta dai sardi.
È la premessa necessaria per affrontare con successo le troppe questioni insolute che per troppo tempo ci hanno relegato nel sottosviluppo.
Energia, credito e trasporti sono i temi che stanno lì a certificare che i gap storici della Sardegna sono ancora tutti da essere colmati.
Restiamo la Regione con la più alta bolletta energetica, con le note penalizzazioni per i conti delle famiglie e per i bilanci delle imprese superstiti, nelle sempre più desolate aree industriali della nostra Isola.
Siamo una Regione che aveva una banca, e che ha perso il governo delle politiche del credito, prima ancora degli sportelli e il controllo di quella che solo nominalmente può dirsi banca di Sardegna.
La continuità territoriale per una serie di concause e di responsabilità, che è superfluo ricordare in questa sede, non è più la garanzia per vedere riconosciuto il diritto alla mobilità che per i sardi significa il diritto alla libertà.
Un esempio su tutti è quello dell’aeroporto di Alghero. Negli ultimi tempi è diventato una sorta di “ambulatorio” periferico, un ritrovo occasionale e quasi clandestino per pochi “intimi”, una specie di “zattera” su cui atterranno voli stanchi e rassegnati lasciati un po’ al buon cuore di chi li “concede”. Entro breve termine dovrà essere in grado di offrire adeguati collegamenti nazionali e internazionali e accogliere milioni di passeggeri.
Non penso solo a chi deve ‘arrivare’ in Sardegna, ma anche ai nostri giovani che hanno il diritto di muoversi e di sentirsi parte di un mondo che non sta solo dentro i confini del mare. Liberi di andare e contenti di tornare, se sapremo creare un mondo adatto alle loro esigenze, speranze e aspettative.
A proposito di giovani, voglio esprimere un pensiero per Alberto Melone, morto ingiustamente a diciotto anni.
“Siamo tutti colpevoli” ha detto il vescovo Morfino. “Non c’è da alzare dita, da indicare rei e correi, ognuno di noi è responsabile”.
Il nostro compito è quello di tenere i ragazzi lontani da un mondo che non ci e gli appartiene.
Il nostro dovere è quello di fornire loro, tutti gli strumenti necessari per poter crescere adulti responsabili e ricchi di valori famigliari e sociali.
Io, per primo, farò quanto è nelle mie possibilità per stare vicino e ascoltare i ragazzi di tutta la Sardegna.
È necessario che la scuola, in questo senso, svolga un ruolo sociale sempre più consapevole. Per i nostri ragazzi è utile un modello di apprendimento dinamico e sempre più al passo con i tempi. Abbiamo bisogno di una scuola che formi gli uomini e le donne di domani con valori etici e morali imprescindibili e con una preparazione adeguata che li renda cittadini del mondo e di alto profilo culturale.
A noi serve una grande legge regionale per fare una grande scuola sarda.
E a questo mondo vorrei poter guardare con gli occhi di mio figlio, vorrei essere un protagonista attivo di quel futuro che lui sogna con tante speranze e solide ambizioni.
Servono, dunque, su questi e altri temi chiave, decisioni chiare e assunzioni di responsabilità precise e nette. Non è, infatti, più il tempo delle lungaggini e dei sotterfugi.
È il tempo del buonsenso e delle scelte fatte nell’esclusivo interesse dei sardi.
Così come risposte puntuali meritano le imprese e gli operatori del comparto dell’edilizia, della ricettività, dell’artigianato e del turismo che ormai da tempo invocano la definizione di nuove regole in materia di urbanistica e paesaggio, così da poter orientare efficacemente investimenti, azioni e risorse in un quadro di certezze normative e regolamentari.
Il giusto equilibrio tra la tutela dell’ambiente e lo sviluppo urbanistico è l’obiettivo condiviso, ma tradurlo in un provvedimento coerente, snello, comprensibile e sburocratizzato è l’impresa che ci attende nella legislatura che va ad incominciare.
E non è l’unico banco di prova che si annuncia per la Giunta e il Consiglio.
“Sono Paolo Palumbo, ho 21 anni, sono malato di Sla da quattro anni e sono tristemente famoso per essere il più giovane malato di Sla d’Europa, ma voglio vivere e avere un futuro, voglio amare ed essere amato e avere l’emozione di essere chiamato papà”.
Voglio portare in quest’assemblea, così come sottolineato più volte anche dal presidente Christian Solinas in altre sedi, le parole e l’appello dello chef di Oristano, che rivolgendosi alle istituzioni dà voce ai tanti malati nelle sue condizioni e scuote la coscienza di tutti perché li si sostenga nella battaglia di vita.
Rendere giustizia ai tanti malati sardi costretti a trovare fuori dalla Sardegna le cure adeguate è un impegno che dobbiamo responsabilmente assumere, insieme con la completa ridefinizione dell’organizzazione della sanità sarda. Una sanità che in base all’ultimo rapporto dell’osservatorio nazionale sulla salute registra rinunce alle cure nella misura del 14.5% contro il 5,2% della Toscana. Significa, in estrema sintesi, che circa cinquantamila famiglie sarde hanno deciso di rinunciare alle cure offerte dalla sanità pubblica e il 69% delle rinunce è causato da cause economiche, legate alla distanza delle strutture o dalle liste d’attesa.
Non è, dunque, il tempo né il luogo delle polemiche ma credo che su questo argomento sia necessario intervenire con tempestività e decisione per far cessare disagi e malcontento sempre crescenti che si registrano tanto tra i pazienti quanto tra gli operatori della sanità.
Una sanità nuova ed efficace, che non penalizzi nessun territorio, è l’impegno che mi sento di sottoscrivere e di condividere con tutto il Consiglio.
Mi sia consentito, dunque, di ribadire la volontà e l’impegno di svolgere il mio compito con umiltà e passione, nel rispetto della carta costituzionale, dello Statuto e del Regolamento consiliare, per garantire le prerogative proprie dell’assemblea e dei singoli consiglieri, assicurando il pieno e libero esercizio del mandato a tutti i colleghi e le colleghe.
Ma al di là della forma e dei regolamenti vorrei dirvi con sincerità e franchezza che sarò al fianco di tutti coloro che hanno idee, progetti, proposte per far crescere la Sardegna.
Sarò al fianco di chi soffre e di chi è rimasto più indietro.
Sarò al fianco delle donne nella battaglia per la parità. Perché non sono solo una quota, né possono essere il risultato a margine di un conteggio.
Le donne sono risorsa ed esempio di sensibilità da valorizzare ad ogni costo, spesso rappresentano un approccio differente alla visione di una politica che esige adeguata concretezza e grande spirito di intraprendenza.
In questa giornata così speciale vorrei rivolgermi al mondo del volontariato con gratitudine per il loro assiduo operare, con la consapevolezza di dover rendere loro il giusto riconoscimento giuridico, professionale ed economico che oggi non hanno.
Il mio pensiero va alle Forze dell’ordine. Uomini e donne impegnati costantemente nell’adempimento del proprio dovere per la sicurezza del nostro Paese.
Alle Compagnie Barracellari, la nostra istituzione pubblica di polizia locale, urbana e rurale che rappresenta la più antica forza di polizia d’Europa e che è necessario valorizzare sempre più.
Immagino un mandato condotto in maniera innovativa, meno di forma e più di sostanza, nella speranza che si caratterizzi per la produzione di norme che avvicinino le istituzioni ai cittadini e i cittadini alla buona politica.
Mi propongo essere il Presidente del parlamento sardo tra la gente e in mezzo ai sardi piuttosto che nel palazzo del Consiglio regionale.
Quella buona politica a cui tutti noi, pur nella diversità dei rispettivi ruoli, sono sicuro tendiamo con onestà e lealtà verso noi stessi e verso tutti i sardi.
Ecco: lealtà, onestà, impegno, passione e amore per la Sardegna. È ciò che incondizionatamente vi offro ed è ciò che vorrei ricevere dall’assemblea che sono onorato di rappresentare, anche nei momenti più duri e difficili quando il confronto si farà più aspro e le scelte saranno difficili e più complesse.
E consentitemi, in una giornata che non dimenticherò mai e della quale vi ringrazio infinitamente, un pensiero dettato dal cuore e che arriva dal profondo dell’anima, rivolto a due persone speciali che mi hanno trasmesso valori importanti:
a mio papà, punto di riferimento costante. A mia mamma che ha sempre protetto le mie ambizioni, caldeggiato i miei entusiasmi e accarezzato le mie emozioni.
Vi chiedo di sostenermi in questo cammino e vi prometto di non deludere la vostra fiducia e insieme di non deludere la fiducia dei sardi dei quali ciascuno di noi è portatore.
In conclusione del mio intervento, voglio fare mio un passaggio del Salmo 36: Sta’ lontano dal male e fa’ il bene e avrai sempre una casa.
Viva la Sardegna.
Bon treball a tots!
Cagliari, 16 aprile 2019