Chiesa e pedofilia, la trincea vaticana per difendere la tolleranza zero e rompere l’assedio, di Massimo Franco
Lo spartiacque della Chiesa in nome della trasparenza e la strategia incompiuta verso il prossimo Conclave.
«Il primo obiettivo di questa riunione è spezzare l’assedio permanente che subiamo sulla pedofilia. Siamo una Chiesa in uscita, non rinchiusa nel fortino nel quale vorrebbero costringerci i nemici». Il messaggio è insieme bellicoso e orgoglioso. Conferma quanto, nella cerchia stretta di papa Francesco, la riunione dei presidenti delle conferenze episcopali mondiali cominciata ieri, giovedì 21 febbraio, a Roma sia uno spartiacque: almeno nelle intenzioni del Pontefice argentino. Anche se è stato lui stesso, a sorpresa, a ridurre le aspettative sui risultati. In realtà, il Vaticano sa bene che sulle molestie sessuali dei suoi sacerdoti (qui le storie raccontate durante il summit in Vaticano) si sta giocando la credibilità, in Occidente ma non solo; e che questo vertice plenario si apre in un contesto problematico, per non dire ostile.
Non è tanto l’ultimo libro sull’omosessualità nella Chiesa, che tende a raffigurare il Vaticano come una Sodoma irredimibile. In quelle pagine, sostiene chi l’ha letto, accanto a qualche verità ci sarebbero pettegolezzi, illazioni e accuse gratuite. Ma, più che il contenuto, colpisce la disponibilità con la quale la «corporazione clericale», qualcuno la definisce così, si è prestata al gioco al massacro reciproco. È quello, prima di ogni altra cosa, a sconcertare. Si inserisce in una cornice poco pia di lotte interne nelle quali i comportamenti sessuali sono diventati un’arma impropria: da Roma agli Stati Uniti, al Sudamerica, giù fino all’Australia del cardinale George Pell, sotto processo per una vecchia storia di molestie.
Il tentativo papale è di rovesciare una trama che ultimamente ha finito per chiamare in causa perfino lui; a mettere in dubbio la sua strategia della «tolleranza zero», ereditata da Benedetto XVI, nei confronti di questi crimini. Avere voluto i vertici di tutte le conferenze dei vescovi a Roma per discuterne, rende l’appuntamento comunque straordinario. «È un momento capitale nella nostra storia. La Chiesa fa un bilancio che parte da Benedetto XVI, arriva a Francesco e cerca di andare oltre in nome della trasparenza e della denuncia di questi crimini abominevoli», elenca una persona molto vicina a Jorge Mario Bergoglio. Nuovi criteri di prevenzione; pene più dure e certe; tempi più rapidi nei processi canonici. Ma, al fondo, rimane la consapevolezza che «possiamo mettere tutte le barriere giuridiche che vogliamo. Ma senza conversione non si faranno veri passi avanti».
Avere radunato tutti i vescovi è un estremo sforzo di unità e di compattezza, nella consapevolezza che questo tema si proietterà anche sul prossimo conclave, se rimarrà irrisolto. «Si tratta forse non “del”, ma certo di “un” fronte strategico per Francesco. E l’America rappresenta la prima linea più rischiosa e contraddittoria». Su questo non ci sono dubbi. L’episcopato statunitense è tra i più colpiti dalle accuse di molestie; e in parallelo il più critico verso quelle che considera le contraddizioni del papato.
A metà febbraio, sul Wall Street Journal è uscito un articolo che descriveva il gelo tra Francesco e il cardinale e arcivescovo di Boston, Sean O’Malley. Motivo: una presunta ritirata del Papa rispetto alla strategia della «tolleranza zero», propugnata da anni da O’Malley. Ha sorpreso che l’arcivescovo non sia stato scelto come rappresentante dei vescovi Usa per la riunione in corso. E c’è chi ricorda che fu lui, nel gennaio del 2018, a criticare Francesco che aveva liquidato come «calunnie» le accuse di numerose vittime ad alcuni vescovi cileni. Dopo quell’attacco, il Papa si scusò e aprì un’inchiesta in Cile che confermò le informazioni in possesso di O’Malley: alcune, peraltro, già trasmesse per iscritto negli anni precedenti al Pontefice dalla Congregazione per la Dottrina della fede.
Pochi mesi dopo, a fine estate del 2018, è esploso il caso del cardinale Theodore McCarrick, oggi ridotto allo stato laicale da Francesco. E sull’onda di quell’uno-due di scandali Nord e Sudamericani, decollò l’idea del summit. Ma lo sfondo rimane tuttora confuso. Non l’ha chiarito la promozione recente di uno degli uomini più vicini a McCarrick, Kevin Farrell, come Camerlengo di Santa Romana Chiesa. Sono indizi di una strategia tuttora incompiuta. Ma l’attesa è grande, e non solo delle vittime, nonostante il minimalismo papale. E, inutile nasconderlo, è enorme anche il timore che, senza un cambio di passo reale, visibile, si debba registrare un’altra occasione perduta.