Huawei a Pula e nel Mondo, di Enrico Cocco
EDITORIALE DELLA DOMENICA, della FONDAZIONE
Stando alle dichiarazioni di Raffaele Paci, Vicepresidente in scadenza della Regione Sardegna, c’è da essere orgogliosi: “è un riconoscimento alle competenze ad alta tecnologia dell’Isola, dove nei giorni scorsi è stato presentato dal Joint Innovation Center lo IOC (Intelligence Operation Center), il supercervellone che proprio dalla Sardegna darà il via alla rivoluzione smart per trasformare le città italiane ed europee in luoghi più intelligenti e sicuri.”[1]
In cosa questa rivoluzione smart consista è presto detto: secondo gli organi di informazione locale, la Sardegna è stata scelta dal Ministero dello Sviluppo Economico come sede di sperimentazione della rete 5g (semplificando estremamente parliamo di una connessione dati di ultima generazione), che sempre secondo il giovanil canuto et blancho Assessore cambierà “in meglio la vita dei cittadini e delle imprese”.
La notizia, come tutte le novità che riguardano elementi di modernità gentilmente calati dall’alto (lingue di fuoco evidentemente velocissime e smart, vista la tecnologia), viene subito diffusa in termini trionfalistici: così va il mondo verrebbe da pensare, pertanto per quale granitica testardaggine dovremmo noi Sardi opporre barriere, manifestare ataviche diffidenze?
Eppure analizzando il tutto, qualche elemento da mettere in luce c’è eccome, in modo da avere tutti gli elementi utili per scelte consapevoli e non beneficiando di questue tecnologiche per poterci appuntare sul bavero lucenti spille di modernità.
Passando oltre il (più che significante) dettaglio che quella che verrà messa in cantiere si tratterà di una sperimentazione, di cui quindi non si conoscono pregi ma anche gli eventuali difetti (non è luogo questo in cui approfondire teorie, dubbi e dibattiti esistenti ed inerenti ai pericoli per la salute pubblica che rientrano nel concetto di elettrosmog[2]), va innanzitutto chiarito che di controllo pubblico, in questa sperimentazione non ci sarà nulla. Infatti stando a verifiche presso il MISE, sarebbe “improprio definire Cagliari come la sesta città italiana [che sperimenta], dopo Milano, Prato, L’Aquila, Bari e Matera. Cagliari, infatti, sarà teatro di una serie di sperimentazioni private correlate all’iniziativa di alcuni operatori, e quindi non istituzionali.”[3]
Infatti, se nel caso delle città della penisola diversi operatori hanno vinto dei bandi ministeriali ad hoc, a Cagliari e dintorni, bontà loro, si fa tutto con una certa praticità slegata dai paludati meccanismi della burocrazia statale.
L’azienda Fastweb procederà con la sperimentazione, facendo parte “di un progetto denominato Joint Innovation Center che prevede la cordata della Regione in collaborazione con CRS4 e Huawei”[4]. Eccoli, quindi, gli ineffabili cinesi, che ormai da qualche anno visitano con frequenza l’Isola e interagiscono con muscolare disinvoltura con gli apparati tecnici della RAS.
Per chi non avesse contezza di telefonia e dintorni, Huawei è al momento il secondo produttore di smartphone al mondo con un fatturato, nel 2017, di 92.549 milioni di dollari.[5] Possiamo immaginare che tutti i 180.000 dipendenti della società utilizzino quotidianamente i prodotti dell’azienda ad eccezione di una persona, attualmente impossibilitata: si tratta infatti della Vicepresidente e Responsabile Finanziaria Meng Wanzhou, figlia del fondatore Ren Zhengfei, che si trova da Dicembre agli arresti in Canada su mandato emesso dagli USA, in merito a presunte violazioni dell’azienda cinese rispetto alle sanzioni statunitensi contro l’Iran. La vicenda rientra pienamente nello scontro plateale che Usa e Cina si trovano ad affrontare per l’egemonia globale, di cui l’alta tecnologia è il campo di lotta principale: “Huawei oggi è leader globale nello sviluppo del 5G, la nuova rete di telefonia mobile. Per questo, è anche il simbolo di ciò che gli Stati Uniti temono: che Pechino possa fare un grande balzo in avanti e sfidare il loro primato hi-tech”.[6]
All’indomani dell’arresto, il consueto domino di alleanze post Yalta si è messo in moto con altrettanta consueta efficacia: la compagnia cinese veniva subito bandita da British Telecom per rischio spionaggio, seguita a ruota da Australia e Nuova Zelanda per un rischio significativo alla sicurezza delle reti. Non poteva mancare all’appello il Giappone, storico nemico, andando a chiudere così un ideale assedio, che ha messo al bando la compagnia per generiche questioni legate sempre alla sicurezza interna. È di qualche settimana fa, inoltre, l’arresto in Polonia di un cittadino cinese, dipendente di Huawei, con l’accusa di condurre attività di spionaggio contro il governo: la risposta della compagnia è stata quella del licenziamento immediato. L’Italia, con la nota attitudine all’equilibrismo, si è limitata a dare incarico al COPASIR di fare le adeguate e necessarie verifiche.
Nel frattempo, ovviamente, le ritorsioni si fanno sentire anche da Pechino e dintorni, con arresti e condanne di cittadini canadesi, ritenuti utili strumenti di pressione per impedire l’estradizione della manager di Huawei negli USA, in cui rischierebbe 30 anni di prigione. Uno di questi casi giudiziari è abbastanza esplicativo: Robert Lloyd Schellenberg, arrestato nel 2014 con l’accusa di trasportare 222 chili di metanfetamina e condannato a 15 anni nel novembre scorso, a seguito di un inaspettato riesame di un’alta corte (che ha ritenuto troppo indulgente la prima sentenza), è stato condannato a morte qualche giorno fa. Tempismo e modalità ritenuti sospetti, benché Pechino neghi qualsiasi tipo di collegamento tra le vicende.
È quindi inutile far finta che qualsiasi attività cinese in Sardegna, rientrante peraltro all’interno di un piano di espansione geopolitica della potenza orientale, non ponga seri problemi all’Isola e all’Italia rispetto al proprio posizionamento verso storiche alleanze, siano essere volute o subite.
L’enorme disponibilità finanziaria che la nuova Via della Seta porta in dono al malandato vecchio continente è stata immediatamente grande fonte di attrazione. Il governo giallo-verde attualmente in carica ha già avviato stretti contatti con il governo di Xi Jinping ed inviato il Ministro delle Finanze Giovanni Tria, ex maoista in gioventù e parlante mandarino, a trovare risorse adatte per alleviare dalle spalle dello Stato il pesante fardello del debito pubblico. Cina che peraltro detiene il 35% di Cdp Reti, società che gestisce Snam, Italgas e Terna: partecipazione in un settore così altamente strategico che il dragone non ha con nessun altro paese del G7.
Ipotizzare che gli Stati Uniti d’America consentano alla Cina di penetrare economicamente in Europa, in Italia ed in Sardegna in maniera così semplice e palese è un sogno irrealizzabile: pertanto, tra strette di mano, proclami e sperimentazione per il benessere della società è bene sempre avere chiaro il cammino che si sta intraprendendo, soppesandone attentamente rischi ed opportunità. Non per altro il governo Conte ha rinviato l’adesione formale alla Belt and Road Initiative, onde evitare in un momento così delicato nei rapporti con la Commissione Europea un gesto all’apparenza di rottura, dado tratto solo dalla martoriata Grecia e dall’abietta Ungheria di Orban.
Cagliari, 3 febbraio 2019
[1]https://www.unionesarda.it/articolo/economia/2018/12/30/il-mise-sceglie-la-sardegna-per-sperimentare-la-rete-5g-2-816579.html
[2]https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/09/11/5g-e-aumento-tumori-le-ultime-ricerche-parlano-chiaro-il-pericolo-esiste-ed-e-fondato/4615572/
[3]https://www.mondomobileweb.it/134625-verso-il-5g-il-mise-autorizza-cagliari-per-la-sperimentazione-della-nuova-rete/?fbclid=IwAR1-vnNEWaQL45d2n_sG_VefgeesVEhOtcJsdsRO0hb4p_YCNfOcUuVpQ7w
[4]http://www.optimaitalia.com/blog/2019/01/07/a-che-punto-e-la-rete-5g-in-italia-tutte-le-citta-coinvolte-nella-sperimentazione-da-ultima-anche-cagliari/1330862
[5]https://it.wikipedia.org/wiki/Huawei
[6]https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/06/news/huawe_weng_wanzhou_la_donna_piu_potente_della_tecnologia_cinese_candidata_a_succedere_al_padre-213522801/