Partoriti i due provvedimenti principali del contratto di governo: Novità epocali o bufale elettorali? di Benedetto Sechi
E’ fatta!! Reddito di Cittadinanza, per abolire la povertà e cancellazione della legge Fornero sono quasi legge. Come? Dite che non è vero? Che la povertà non si abolisce per decreto e che la legge Fornero è intatta? Mah? Si forse avete ragione voi scettici!
In realtà a ben vedere questi provvedimenti, non pare realizzino quanto promesso, in questo eterno show elettorale, nel quale annaspiamo quotidianamente.
Del reddito di cittadinanza, si ha una paura matta, che si trasformi in un boomerang. Ne ha una paura matta il signor “Primaditutto”, che infatti accompagna il provvedimento con la minaccia di sei anni di carcere per i furbi, che poi sono gli stessi cui ha chiesto ed ottenuto i voti. Ma si dice creerà lavoro, dopo un percorso formativo adeguato.
In Sardegna, ma suppongo anche in altre regioni, abbiamo già sperimentato questi “tragitti”, che purtroppo hanno dato pochi risultati nella lotta alla disoccupazione.
Da anni per chi era in cassa integrazione o in mobilità (si chiama apposta così) c’era l’obbligo di accettare un lavoro, se offerto, oppure di chiedere all’INPS la liquidazione, in una unica soluzione, della somma di indennità residua, se reinvestita per l’autoimpiego o per partecipare al capitale sociale di una impresa, purché finalizzato al reinserimento lavorativo, (il worker by out ad esempio).
Sempre in Sardegna una interessante provvedimento, dell’allora presidente Soru varò il “Master and Back”. Semplicemente, per i laureati più meritevoli, la regione pagava una percorso di alta formazione al termine del quale, alle aziende sarde che li assumevano a tempo indeterminato, veniva erogato un contributo sul costo lordo del lavoro pari all’80% per due/tre anni. Non ha funzionato molto. In Sardegna i giovani, laureati e non, continuano ad ad emigrare a migliaia ogni anno. Il motivo? Ma perché senza una politica di sostegno allo sviluppo dei settori produttivi, senza una visione complessiva dell’economia, nessuna azienda amplia il suo organico e le sue attività. Nel migliore dei casi resta ferma a quelle caratteristiche.
In Sardegna, ma questo vale per tutto il sud, o si rimuovono le cause che sono di ostacolo allo sviluppo, oppure si resta al palo.
Ma veniamo all’altra grande illusione: la quota 100, ovvero la finta abolizione della legge Fornero. Diciamo subito che si tratta solo di una finestra a tempo, se ne sono ben guardati dall’intaccare le fondamenta della legge. Intanto mi chiedo perché il PD, che con la finanziaria del 2016 del governo Gentiloni, ha introdotto una sostanziale modifica alla legge Fornero non ne rivendichi gli effetti positivi? Si tratta della possibilità di andare in pensione a quota 41 anni, per chi ha svolto lavoro precoce (un anno prima del compimento dei diciottesimo) e che interessa, prevalentemente, chi ha svolto o svolge lavori usuranti. L’altra modifica di grande rilevanza ha consentito di sommare i contributi pagati al fondo lavoratori dipendenti, con quelli versati nel fondo della gestione separata (autonomi). Riguarda, in particolare, tutti quelli che hanno svolto l”attività con contratti atipici (Co.Co.Co. e Co.Co. Pro) che senza questa modifica sarebbero andati in pensione a 67 anni, pur avendo superato il limite contributivo dei 62 anni e dieci mesi, previsti dalla Fornero. Sospetto che il PD, preso dalle brighe interne, si sia scordato anche delle cose buone fatte!
Quei provvedimenti, a ben guardare, sono più significativi della quota 100. Se fossero stati accompagnati dall’anticipo della pensione per i lavori usuranti la legge sarebbe stata modificata nelle sue parti più odiose. Ma torniamo alla quota 100 (62+38). Non c’è, e non ci può essere, nessun automatismo tra il pensionamento e la crescita dei posti di lavoro. Chi ne usufruirà, ed è comunque un buon risultato, saranno coloro i quali non lo posseggono più un lavoro. Si tratta di disoccupati senza possibilità, data l’età, di rientrare nel circuito del lavoro.
Gli altri soggetti interessati sono, prevalentemente, dipendenti pubblici, che se disponibili ad accontentarsi di una sensibile riduzione della pensione, potrebbero fare domanda di collocamento a riposo.
Ma il governo, per fare quadrare i conti, ha preventivamente bloccato le assunzioni nella P.A. fino a novembre 2019, poi si vedrà. Insieme all’aumento dell’IVA, un’altra norma di salvaguardia nascosta.
Insomma si tratta di provvedimenti elettorali, non strutturali, che scateneranno l’ennesima “guerra tra poveri”, alla stessa maniera degli 80 euro di Renzi. Tra questi quelli che non vi rientreranno per un centesimo e perciò non potranno neppure partecipare all’eventuale proposta di avviamento al lavoro, ammesso che questa si concretizzi. Insomma seppure gli intenti fossero nobili, e di questo dubito, gli effetti prodotti, nel migliore dei casi, non sposteranno di una virgola la condizione generale delle famiglie. L’operazione redistribuzione del reddito, al di là della giusta, ma simbolica guerra alle pensioni d’oro ed ai vitalizi, non si realizzerà in questo modo.
Il lavoro o lo si crea oppure si divide quello che c’è, attraverso una massiccia riduzione degli orari, legata ad una crescita della produttività e dell’innovazione.
Anche i “navigator”, che il governo si appresta ad assumere, rischiano di naufragare, se non si intacca il sistema di collocamento parallelo, ma privato, saldamente nelle mani delle Agenzie Interinali, che oggi hanno un prodotto in più da offrire, la dilagante corsa alle partite IVA incentivata da questo governo, per riequilibrare la riduzione dei contratti a tempo determinato del famoso “decreto dignità”.
18 gennaio 2019
Benedetto Sechi