Come può esistere una Nazione senza Stato

Fernando Cervantes recensisce Scozzesi e catalani, unione e disunione di J.H. Elliott, Yale University Press, agosto 2018. Da TLS The Times Literary Supplement November 30 2018 n° 6035.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le scene di violenza rivoltante contro pacifici votanti trasmesse al mondo il 1 ottobre 2017 , il giorno del referendum catalano illegale sull’indipendenza, hanno aiutato senza dubbio a segnare il destino del governo sclerotizzato di Mariano Rajoy. Si sarebbe potuta immaginare una conferma migliore di tutte le rivendicazioni dei separatisti catalani?

La saga era seguita particolarmente da vicino in Scozia. C’era una presenza scozzese notevole in molte manifestazioni per la Catalogna: l’impegno dei secessionisti rinforzava i tentativi dei nazionalisti scozzesi di dipingere la storia della loro nazione con tinte altrettanto cupe. Eppure la situazione scozzese non potrebbe essere  più diversa. Sino  a tempi recenti, la Scozia è sembrata più che a suo agio nel far parte di un’unione siglata amichevolmente nel 1707. I termini dell’unione permettevano agli Scozzesi di mantenere il loro sistema giudiziario e le loro università e di guardare indietro al loro passato con la soddisfazione di sapere che la loro nazione era stata un regno unito e indipendente sin dalla fine del tredicesimo secolo.

In evidente contrasto, il principato di Catalogna aveva fatto parte del regno di Aragona dal dodicesimo secolo in poi e non aveva mai costituito un’entità indipendente in ogni senso della parola.  Per di più, e precisamente al tempo dell’unione anglo-scozzese, la Spagna viveva gli spasimi di una traumatica guerra di successione (1701-1714) in cui i Catalani avevano sostenuto il partito austriaco perdente. Per rappresaglia i Borboni francesi vincitori imposero un sistema autoritario centralizzato. Leggi e tradizioni catalane venivano inesorabilmente soppresse. Anche con lo sviluppo dei movimenti nazionalisti e romantici del XIX° secolo- presto accompagnati dall’indiscutibile successo economico della Catalogna-  i catalani continuarono ad essere scarsamente rappresentati dai governi spagnoli che si succedevano.  Questo trend culminò con l’imposizione da parte del generale Franco di un sistema politico rigidamente centralizzato che includeva un bando ridicolo dell’uso della lingua catalana.

Di fronte a differenze così apparentemente insormontabili, una storia comparativa della Scozia e della Catalogna potrebbe sembrare inutile. Scozzesi e Catalani: Unione e disunione ci prova comunque con successo.

Con la sua caratteristica imparzialità, J. H.  Elliott sbroglia le storie nelle due “nazioni senza Stato” dal tardo Medioevo sino al presente.  Nel processo egli sottolinea le molte differenze, certamente, ma ci ricorda anche alcune somiglianze spesso sottovalutate. La più importante tra queste è il modo quasi identico con cui l’incorporazione di Scozia e Aragona ebbero luogo rispettivamente nella Gran Bretagna e nella Spagna. Entrambi i processi erano in primo luogo e soprattutto unioni dinastiche, in cui più nazioni si trovarono a convivere sotto la sovranità di un dato signore –ciò che H.G. Koenigsberger ha chiamato, con una utile definizione che Elliott adotta e sviluppa, “stati compositi”.  Potrebbe sembrare naturale il supporre che simili sistemi politici fossero provvisorie forme di transizione verso ciò che si può largamente immaginare come il cammino inevitabile dello Stato unitario, ma questa è precisamente la trappola in cui Elliott evita di cascare. Anche se è vero che l’Inghilterra e la Castiglia del tardo Medioevo avevano sviluppato un forte senso di identità, difeso e consolidato da strutture amministrative robuste che puntavano in una direzione unitaria, dai loro sovrani ci si aspettava sempre che favorissero la distinzione e l’autonomia dei loro vari domini.  In altre parole, sia le istituzioni politiche inglesi sia quelle castigliane erano ancorate a un reciproco accordo tra i monarchi e le varie regioni che egli dominava, un accordo che riconosceva la diversità come una condizione necessaria per un governo efficace.

Questa caratteristica non riguardava solo l’Inghilterra e la Castiglia. In tutta l’Europa questo fatto offriva un enorme sostegno a unioni che altrimenti sarebbero state fragili ed artificiali.  E’ stupefacente, per esempio, che tra il 1523 – che segnò la dissoluzione dell’Unione di Kalmaris – e il 1707, inizio dell’unione tra Inghilterra e Scozia, ci siano state soltanto tre separazioni riuscite da una monarchia composita: quella olandese dalla Spagna di Filippo II nel 1570, quella svedese dalla Polonia di Sigismondo III nel 1599, e quella portoghese dalla Spagna di Filippo IV nel 1640.

Questo è un fenomeno notevole. Sarebbe stato totalmente inspiegabile, in mancanza del rispetto per le strutture corporative e i diritti tradizionali che le monarchie composite cercavano di favorire scrupolosamente nei loro regni prima dell’emergere degli Stati nazionali unitari. Era precisamente questa informalità a costituire l’elemento maggiore di forza nei rapporti. Non solo questo sistema consentiva un alto grado di autogoverno locale, ma garantiva alle varie regioni la conservazione dei loro privilegi, combinata con i potenziali benefici derivanti dalla partecipazione a un sistema politico più vasto.

La democrazia parlamentare che si sviluppò in Spagna dopo la morte di Franco prestò grande attenzione a rinvigorire queste importanti eredità. Nel 1979 tutti i poteri garantiti dalla Costituzione spagnola del 1978 furono trasferiti al Governo catalano; quindi il Parlamento spagnolo approvò lo “Statuto di Autonomia” catalano dopo l’approvazione in un referendum catalano. Forse non a caso, il processo avvenne in coincidenza con il movimento che patrocinava la richiesta della devoluzione in Scozia, espressa nei due referendum del 1979 e del 1997, che finalmente consentirono al governo Blair di creare il Parlamento e il Governo scozzese all’interno del Regno Unito nel 1998. Sarebbe quindi giusto dire che, per quanto riguarda l’autonomia, non si sono mai trovate in condizioni migliori. Il rispetto per i diritti locali e le strutture di governo locale sembra stiano scalzando la prevalenza un tempo indiscutibile degli Stati nazione unitari.

Nella situazione attuale, quindi appare paradossale il modo in cui i movimenti separatisti scozzese e catalano hanno scelto di derivare la loro forza precisamente dalla tradizione che aveva causato il risentimento più profondo:  cioè il nazionalismo e l’accettazione acritica dello stato nazionale come unica espressione di governo legittimo. Questo spiega inoltre perché entrambe le nazioni abbiano scelto di usare il meccanismo divisivo del referendum con il loro astratto richiamo a nozioni vaghe come “la volontà del popolo”, invece di rinforzare l’unico meccanismo – la sovranità parlamentare – che può prestare un reale ascolto alle loro lagnanze. Sarebbe difficile immaginare una situazione più profondamente immersa nell’ignoranza  e nella confusione, ma sarebbe altrettanto difficile trovare una correzione e un aiuto altrettanto utile di quello offerto da quest’opera elegante e tempestiva di John Elliott.

Traduzione di Mario Cubeddu

 

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    1 Comment to “Come può esistere una Nazione senza Stato”

    1. By Mario Pudhu, 26 dicembre 2018 @ 07:25

      Dónnia paragone de sa realtade istórica sarda cun Catalogna e Iscótzia est “fuori luogo”, siat nau po cantos andhant sèmpere cricandho assimbígios po tènnere prus… arresone: solu chie non bolet bíere e cumprèndhere s’istória nosta passada e pruschetotu presente no pentzat a sa chistione sarda po su chi est o, si biet e cumprendhet cosa, iat a bòllere fàere che in…
      In Sardigna depeus fàere comente andhat bene in Sardigna e teneus totu sa responsabbilidade de fàere su chi est su diritu/dovere a sa libbertade de sa natzione sarda.