Libertà degli antiche e libertà dei moderni, di Andrea Ermano
Questo articolo è stato scritto poco più che sei anni fa. Non è aggiornato sui fatti, ma resta interessante a proposito dei problemi.
Mezzo seminario sul populismo
Editoriale di Andrea Ermano – mercoledi 12 settembre 2012
Domenica scorsa l’autorevole opinionista del Financial Times Martin Wolf ha commentato la proposta, avanzata da Mario Monti, di tenere un vertice continentale contro il populismo. Questo vertice andrebbe bene, ha detto Wolf, a patto che diventi “una specie di seminario”.
Sbaglierebbero i capi di stato e di governo europei qualora intendessero intervenire realmente, cioè con misure concrete, contro il populismo – afferma l’editorialista del Financial Times. Sarebbe un errore “poiché i populisti accuserebbero l’UE di discriminarli”. Ci chiediamo se non sarebbe un più serio errore, da parte dei leader europei, assistere imbelli alla caduta verticale di consensi dentro l’UE nel bel mezzo della guerra speculativa contro la moneta unica. E ci chiediamo altresì se un errore ancor più grande non consisterebbe nell’abbandonare minoranze e immigrati alle ricorrenti campagne d’odio dei populisti europei.
L’autorevole commentatore non chiarisce questi interrogativi; solleva altre questioni. Che succede – si chiede Wolf – “se un leader populista sale al potere con regolari elezioni, sulla base di un programma totalmente xenofobo”? Potrebbe l’UE sconfessare il metodo democratico che ha portato a quell’esito?
Due domande importanti. Approfondiamo la prima per rispondere alla seconda: che cosa succederebbe se un leader populista europeo vincesse le elezioni non già su un programma totalmente xenofobo, ma su un programma espressamente nazifascista?
Purtroppo, al fondo di tutti questi discorsi seminariali, resta il fatto storico che anche Hitler e Mussolini avevano vinto le loro elezioni democratiche (o giù di lì). Dal che non è più possibile definire “democratico” un metodo in forza del quale una maggioranza conferisce ai suoi rappresentanti il mandato di promuovere la persecuzione di una minoranza. Quando una maggioranza conferisse ai suoi rappresentanti il mandato di organizzare la discriminazione nei confronti di una minoranza, dovremmo sapere che, prima o poi, su questa via emerge il rischio di un “salto di qualità”.
Dalla discriminazione nasce la persecuzione. Di più: a forza d’insultare i discriminati e di umiliare i perseguitati – pidocchi! scarafaggi! – ecco che nella mente malata dei capi assoluti o dei loro luogotenenti può scattare il raptus di un cieca furia “insetticida”. Ovvietà dell’orrore. Banalità del male.
Questo è stato.
Dunque, a fil di logica l’UE dovrebbe sconfessare, eccome, ogni sedicente “metodo democratico” che sancisse la vittoria di un programma “totalmente xenofobo”.
Qui inizia però un discorso doppio, che in un senso riguarda l’etica e nell’altro senso il combattimento.
Sul piano del combattimento una delle forme più antiche di democrazia si manifesta storicamente come elezione del comandante da parte dei suoi soldati. Le armate militari furono in origine un plebiscito che doveva rinnovarsi a ogni battaglia. L’indipendenza della polis stava o cadeva insieme alla disponibilità dei cittadini a battersi, armi alla mano, in difesa della patria dal barbaro invasore.
Militanza e cittadinanza: due quasi-sinonimi. Quanto è armato il popolo? Quanto ben inquadrato? Quanto ben motivato? Quanto ben guidato? Così si quantificava la forza della polis. E in queste “quantità” ineriva il vero principio della democrazia antica: “una spada, un voto”.
La “libertà degli antichi” discendeva in ultima analisi dalla capacità collettiva di un popolo in armi di opporsi alla sottomissione per mano straniera.
Oggi noi non ricordiamo più questo passato della nostra civiltà combattente. Un passato che si è protratto però fin dentro al Novecento, il secolo dei più grandi macelli.
Non ci rendiamo ben conto del fatto che sotto le ovvietà del nostro continente oggi pacioso, c’è una “laicità” più profonda della distinzione tra la libera Chiesa e il libero Stato.
È la spaccatura verticale tra la Politica e la Guerra.
Se andate al fondo di questa “laicità” potrete udire l’eco millenaria delle lamentazioni per i ragazzi crepati senza numero nel “sacro” adempimento del dovere.
Sacralità dell’amor patrio. Sacri confini della nazione. Sacre mura della città. Sacrario degli eroi caduti sul campo d’onore. No. Tutto questo non è sacro. È maledetto come fu maledetta Gorizia da “ogni cuore che sente coscienza” nel vecchio canto dai fanti italiani risalente all’agosto 1916 (proprio in questi giorni ho avuto modo di ascoltare la rivisitazione di “Gorizia” magistralmente compiuta da Dodo Hug ed Efisio Contini > ascolta il brano su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=7PQwnt2iWEY).
La spaccatura verticale tra la Politica e la Guerra inizia a manifestarsi nell’Età dei Lumi, che pone fine alle guerre di religione. “Politico” era allora divenuto l’insulto che si riservava in Europa alla gente “vile”, che rifiutava di schierarsi nella Guerra, sanguinosissima, tra cattolici e protestanti.
Dopo la spaccatura verticale, dopo la “crisi d’ordine in Europa”, la Guerra non apparve più universalmente e necessariamente come l’altra faccia della Politica, la sua “prosecuzione con altri mezzi”.
La Politica prese a intendere in se stessa il contrario esatto della Guerra. La Politica moderna vuol essere conciliazione antieroica tra interessi che si dichiarano tutti sacrosanti e inconciliabili, ma che pur devono poter essere conciliati. Chi vuol evitare la Guerra, e in particolare la guerra di tutti contro tutti, deve riuscire ad far sempre più progredire la Politica come luogo di una mediazione volta a salvaguardare la vita e i beni dei cittadini – tramite la pace e non tramite la guerra.
Era emersa dall’Umanesimo rinascimentale l’idea della “dignità”. Il trionfo del più forte come esito di un “Giudizio divino” cedeva lentamente il passo al nuovo fondamento della legittimità: egual diritto come attributo di ogni persona. Ecco la “libertà dei moderni”, che riguarda non un popolo, ma ciascun singolo individuo.
Orbene, focalizzata la faglia tra “libertà dei moderni” e “libertà degli antichi”, il nostro piccolo seminario potrebbe ritornare alle problematiche del populismo europeo da cui siamo partiti. Ma – care compagne e cari compagni – forse che non abbiamo sudato abbastanza per oggi!? Quanto più la situazione appare (ed è) convulsa, tanto più si consiglia pensare pensieri senza fretta. [12.9.2012]