Il Qatar in Gallura, di Enrico Lobina

L’EDITORIALE della DOMENICA  della Fondazione

Il Qatar in Gallura controlla il settore turistico, mediante il Consorzio Costa Smeralda. Controlla l’aeroporto di Olbia e la compagnia aerea che fu Alisarda e che oggi sia chiama AirItaly, la quale aveva la base ad Olbia ed ora ce l’ha a Milano Malpensa. Il Qatar, sempre tramite suoi fondi, è l’attore principale del Mater Olbia, un ospedale privato pagato con fondi pubblici il quale dovrebbe risolvere i problemi della sanità gallurese.

Recentemente il sindaco di Olbia ha proposto di “intitolare la nuova scuola di Olbia, quella ricostruita dopo i danni del 2013, a Sheikha Mozah bint Nasser Al Missned, seconda moglie dello storico emiro di Doha, l’anziano Hamad bin Khalifa”[1].

Se volessimo assumere una postura moralistica su queste vicende, basta leggere l’Unione Sarda del 15 settembre: “Il Qatar, in pochi decenni, è diventato il Paese più ricco del pianeta con un reddito pro capite che supera i 100 mila dollari. Una ricchezza che vale solo per i suoi 280 mila cittadini che rappresentano la minima parte della popolazione (vicina ai 2 milioni). Tutti gli altri vivono in condizioni di schiavitù. Indiani, nepalesi, bengalesi, pakistani e filippini sono la manovalanza a basso costo utilizzata per costruire intere città super moderne e, soprattutto, gli stadi per i Mondiali di calcio del 2022. Paghe da fame e orari che superano le 12 ore di lavoro con temperature elevatissime, stipati in capannoni, questi operai non hanno alcuna tutela. […] di questo passo, al fischio d’inizio dei campionati di calcio i morti saranno 4.000, una strage ignorata in nome del pallone”.

In Qatar la popolazione vive in uno stato di schiavitù, peggio dell’apartheid del Sudafrica. La stampa internazionale e molti osservatori indipendenti sono convinti che il Qatar sia tra i principali  finanziatori dell’ISIS.

Ce ne sarebbe abbastanza per elevare sanzioni enormi verso i suoi fondi sovrani. Noi facciamo il contrario.

L’Italia, complice il governo Pigliaru e l’establishment politico-imprenditorial-sindacale, ha deciso di vendere la Gallura al Qatar. Manca l’acquisto della squadra di calcio, che in un lustro arrivi in serie A, e la realizzazione gioiosa di una operazione da colonialismo XXI secolo è realizzata. Già li vedo i tifosi in visibilio per qualche campione che surclassa l’odiato Cagliari al S. Elia.

Si chiuderebbe un cerchio che, in realtà, è già chiuso. Ma si può rafforzare, per esempio realizzando una legge urbanistica (in discussione in consiglio regionale) che permetta al Consorzio Costa Smeralda qatariota di migliorare moltissimo i propri profitti.

La prova del nove, se ne volessimo ricercare un’altra, si avrà su Air Italy. Ricordiamo tutti che il Qatar e l’attuale vice-presidente di Air Italy, Rigotti, avevano assicurato il mantenimento in Sardegna del centro dell’attività di Meridiana. Dopo meno di un anno, un clamoroso voltafaccia: si crea AirItaly e si sposta il centro delle attività a Malpensa, sino al trasferimento a Milano di 51 lavoratrici e lavoratori. Dalla reazione del governo sardo e dei galluresi capiremo se ci si è genuflessi per sempre o se si ha capacità di reazione.

 

Ogni fase storica ha le sue caratteristiche. Dopo forme più o meno articolate di colonialismo interno, conosciuto dalla Sardegna nel XXIX e XX secolo, probabilmente il XXI secolo vedrà una forma di “neocolonialismo multiplo”, in cui diverse potenze economiche faranno acquisti in Sardegna, mediando con l’Italia i contorni di questa presenza.

L’approccio di fondo ancora maggioritario, proprio di tante classi dirigenti, è che lo “sviluppo” possa solamente venire da fuori, con agenti esterni in tutto e per tutto.

La presenza economia esterna, per di più, viene declinata in modo miope ed incosciente.

L’esempio storicamente più importante in materia di passaggio dal “sottosviluppo” alla condizione di paese “sviluppato” è quello delle tigri asiatiche e della Repubblica Popolare Cinese (questa ultima con specifiche caratteristiche, data la sua storia e grandezza). Al di là delle fandonie sui “valori asiatici”, è in realtà una impostazione “istituzionalista” il centro della parabola economica positiva di questi paesi.

Cosa significa? Significa che sono state le istituzioni a decidere e guidare lo “sviluppo” e gli IDE (Investimenti Diretti Esteri). Un esempio su tutti: nelle famose ZES (Zone Economiche Speciali), in cui i cinesi accoglievano gli IDE delle multinazionali estere, le joint-venture che si venivano a creare avrebbero dovuto essere al 51% controllate dai cinesi, ed al 49% dalla multinazionale in questione. In 10/20 anni i cinesi si sono costruiti il know-how per sviluppare loro le proprie aziende.

In Sardegna di tutto questo non si è mai neanche cominciato a parlare.

Quale sarà il risultato del necolonialismo multiplo del XXI secolo? Il genocidio di un popolo?


[1] https://www.huffingtonpost.it/2018/02/19/un-fiume-di-milioni-dal-qatar-alla-sardegna-e-il-sindaco-vuole-intitolare-scuola-alla-moglie-dellemiro-ma-scoppia-la-polemica_a_23365185/

 

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    1 Comment to “Il Qatar in Gallura, di Enrico Lobina”

    1. By Mariangela Nieddu, 24 settembre 2018 @ 09:44

      sono stata in Qatar nel 2005, di ritorno da un viaggio in Tibet e in Cina.
      Ho fatto scalo a Doha per un giorno, non per scelta, e la situazione era già fortemente imbarazzante per le condizioni in cui viveva la maggior parte della popolazione locale ed emigrata. Era fine agosto, temperatura altissima, tasso di umidità 100%: impossibile stare all’aperto, ma ci ho provato per vedere con i miei occhi quanto mi è rimasto impresso in maniera indelebile. Ovviamente, negli anni, questa incresciosa situazione può essere solamente peggiorata e concordo col fatto che sia necessario fare chiarezza.
      Purtroppo l’immagine del Cammello brasato e soufflé di datteri firmata Alain Ducasse non è in linea con la situazione del paese, dove la maggior parte della popolazione vive in stato di schiavitù, come del resto nei paesi limitrofi.