Desiderio e pulsione securitaria, di Massimo Recalcati

 

In termini psicoanalitici, Salvini ha saputo sfruttare quella pulsione securitaria che per Freud è a fondamento di ogni psicologia di massa. La difesa della propria identità, il rifiuto dell’estraneo, l’arroccamento di fronte alla minaccia dello straniero prima di essere xenofobia, razzismo o altro, che piaccia o meno, è una inclinazione fondamentale dell’essere umano. Ogni filosofia politica che trascura questo dato di fondo rischia l’idealismo impotente

 

 

 

Non si deve ignorare la pulsione securitaria sfruttata dal leader leghista, altrimenti prenderà la via dell`odio a spregiudicata e lucida politica di Salvini ha saputo trasformare la Lega da movimento popolare, legato a un’etnia e a un territorio particolare, in un vero e proprio partito della nazione. Il consenso verso la sua azione non cessa di diffondersi e rafforzarsi in tutte le parti del nostro Paese. Cosa ha reso possibile il successo della sua politica?

In termini psicoanalitici, Salvini ha saputo sfruttare quella pulsione securitaria che per Freud è a fondamento di ogni psicologia di massa. La difesa della propria identità, il rifiuto dell’estraneo, l’arroccamento di fronte alla minaccia dello straniero prima di essere xenofobia, razzismo o altro, che piaccia o meno, è una inclinazione fondamentale dell’essere umano. Ogni filosofia politica che trascura questo dato di fondo rischia l’idealismo impotente. Una delle leggi isolate da Freud come determinanti nel regolare la nostra vita psichica è, infatti, quella della difesa strenua del proprio equilibrio interno e dei propri confini. Salvini vince facile perché ha elevato questa tendenza basica della vita pulsionale alla dignità dell’azione politica.

La totale subalternità del M5S deriva da questa mossa inaugurale. Cosa conta di più? Impugnare populisticamente l’ideale della giustizia e dell’onestà, oppure invocare il pericolo imminente di una rottura degli argini, di una inondazione pestilenziale dell’immigrato che depaupererebbe le sorti di un popolo – quello italiano – già affamato dagli effetti di una globalizzazione sospinta che la politica non ha saputo gestire?

Salvini sfrutta, in altre parole, l’angoscia dell’impoverimento e della perdita dei diritti degli italiani individuando in un fantomatico nemico esterno (l’immigrato) la sua causa prima. Egli alza la voce pretendendo di parlare – come accade anche per il suo collega Di Maio – nel nome di tutto il popolo italiano. In questo sfrutta astutamente il carattere parziale della pulsione. La pulsione, infatti, non si nutre di ideali, ma solamente di portare a soddisfazione la propria spinta. È questo che Salvini e, al suo seguito ancillare, il M55 in realtà promettono. Non pensieri lunghi, visioni del nostro futuro, piani di riforme ad ampio respiro, ma provvedimenti, come ha ricordato recentemente su questo giornale Veltroni, tutti schiacciati sul presente immediato, ovvero sulla promessa di garantire alla pulsione il suo soddisfacimento.

Sbaglierebbe però, ancora una volta, la sinistra a non tener conto di questa realtà “umana troppo umana” invocando come suo antidoto l’Europa come ideale universale.

In politica l’universalismo tende sempre a perdere contro il particolarismo. La forza mediatica di Salvini è quella di dichiarare di inchiodare l’Europa alle sue responsabilità concrete. ll gioco è facile: egli sfida un’Europa solo di carta nel nome della concretezza realissima della pulsione securitaria. E la sinistra non potrà vincere questa ondata reazionaria invocando un astratto desiderio di Europa perché il desiderio senza pulsione resta, come insegna la psicoanalisi, totalmente vuoto.

La sinistra non deve scindere il desiderio dalla pulsione, sebbene questa rischi ancora di essere la sua inclinazione di fondo.

Considerare la pulsione securitaria solo come un elemento regressivo, barbaro, analfabeta, senza invece cogliere che essa riguarda un fondamento imprescindibile della nostra vita psichica.

Per questo l’azione meritoria di un ministro coraggioso e lucido come Minniti, per fare un esempio, è stata descritta da una certa sinistra come poliziesca o, peggio, neo-nazista.

La politica ha invece il dovere di misurarsi con queste cristallizzazioni pulsionali senza ignorarne il peso specifico per dare a esse uno sbocco diverso da quello del populismo o della pura strumentalizzazione reazionaria. Altrimenti la parola Europa rischia di fare la stessa fine di quella di Uomo. Di diventare, cioè, un puro artificio retorico, un’astrazione vuota di contenuti, un desiderio sganciato dalla base materiale della pulsione. Non esiste l’Uomo con la U maiuscola. Esistono gli uomini in carne e ossa, uno per uno. Non esiste

l’Europa sganciata dai suoi popoli, dalle sue differenze, dai suoi territori.

Il leghismo che fonda il nuovo partito della nazione cavalca la pulsione securitaria, dimenticando però che senza desiderio essa genera odio e distruzione.

La sinistra non deve opporre il desiderio ~ il sogno – alla pulsione. Dovrebbe provare a leggere la pulsione senza snobismo,

come fissazione legittima ai suoi interessi parziali e territoriali. Altrimenti il rischio è quello di lasciare che la canalizzazione della pulsione securitaria prenda solamente la via dell’odio e della lacerazione. Non servirà invocare l’Europa, se essa resterà solo un desiderio nobile sganciato dal soddisfacimento pulsionale. Dovremmo invece saper mostrare che il nostro desiderio di “Europa” coincida innanzitutto con il destino stesso – per usare un termine appropriato di Freud – della pulsione e dei suoi interessi.

La Repubblica, 5 settembre 2018

 

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