COMENTE SUNT FURRIANDE IN SARDU SA BIBBIA
E’ la prima volta che viene pubblicata – ricordando, però, che esiste un sito, sufueddu.org, che da circa due decenni pubblica le traduzioni in sardo della liturgia cattolica e della Bibbia – una seduta di lavoro via internet dei traduttori in sardo dei testi liturgici e biblici coordinati da don Antonio Pinna (nella foto qui sotto), docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Facoltà Teologica di Cagliari.
CRONISTORIA DI UNA TRADUZIONE PIÙ “INCULTURATA”
SUL SALMO 128 (127)
PUNTO DI PARTENZA, DI MP SU RIFERIMENTO DELLA TRADUZIONE DI SCANU DI PLOAGHE
Cei 2008 | Iscanu Uleri (Ploaghe) | Mario Pudhu – centro-centro
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1 Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. 2 Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene. 3 La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa. 4 Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore. 5 Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! 6 [6 Possa vedere i figli dei tuoi figli. |
Diciosu s’ómine chi timit su Segnore e si movet in sos caminos suos. 2 As a vívere de su tribalu de sas manos tuas, as a èssere diciosu e as a gosare de ogni bene. 3Muzere tua che una ‘ide in possa, in s’intimidade de domo tua, fizos tuos che piantones de olia Paghe subra a Israele. |
Diciosu s’ómine chi timet a su Segnore e andhat in is camminos suos. 2 De su trebballu de is manos tuas as a campare, as a èssere prexau e as a gosare dónnia bene. 3 Pobidha tua che una bide in possa, in s’intimidade in domo tua, fígios tuos che prantones de olia Paghe apitzu de Israele.
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• PROPOSTA CORRETTIVA DI AP CON OSSERVAZIONI RICEVUTE DA MP :
premessa alla mail:
Per fare in fretta avevo copiato tale e quale la traduzione in logudorese di Iscanu Uleri (Ploaghe). Avendo ricevuto la proposta di Mario sia per il Centro sia per il sud, ho dato uno sguardo all’ebraico, e forse abbiamo l’opportunità ancora una volta di non appiattirci sull”italiano.
- Il linguaggio ebraico è più inclusivo delle versioni (non c’è “beato l’uomo”, ma “beato ogni temente il Signore” ecc.); al v. 4 c’è il termine che altrove abbiamo tradotto “su balente” “su balente chi serbit a su Segnore”. Se dovessimo usare il linguaggio inclusivo (non accettato da Roma per gli USA “sa pessona balente”;
- l’intimità della casa sono “is aposentus prus apartaus de domu tua” (letteralmente: le cosce di casa tua); - gli imperativi “possa tu” ecc. si possono rendere con la formula sia imperativa sia augurale sarda con l’uso di “a + infinito”;
ecc. allego bozza di adattamento
Bozza per Salmo 127(128) più vicino all’ebraico (e al sardo)
Biadu chini* servit a su Segnori 3 Sa fémia tua che sarmentu in frutu fillus tuus che prantonis de olia(s)*** 4 Eia! Própiu aici**** est beneditu su balenti chi serbit a su Segnori. Paxi apitzus de/a Israeli.
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Sseconda proposta di Mario Puddu
Biau chie serbit a su Segnore 3 Pobidha tua che una bide in frutu, fígios tuos che prantones de olia 4 Eja, deasi est beneditu su balente chi serbit a su Segnore. 5 A ti beneíghere de Sion su Segnore! Paghe apitzu de Israele.
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OSSERVAZIONI DI MARIO PUDHU E RISPOSTE DI AP:
* ia lassau ómini/ómine ca apustis foedhat de muzere/pobidha e iat a pàrrere unu destinatàriu prus precisu de comente narat unu pron. relativu (fintzes si, a contos fatos, iat a pàrrere destinau a s’ómine etotu)
AP L’ebraico ha Beato tutto il temente il Signore: vedo che la Clementina ha tradotto al plurale, come ero tentato anche io di fare: Beati omnes qui timent Dominum; la Nuova Volgata ha reintrodotto però il singolare: Beatus omnis qui timet Dominum Nessuna delle traduzioni, eccetto Cei 74, inserisce il termine “uomo”: le inglesi ricorrono a “everyone – donzunu” e le francesi al plurale, come la Clementina. Io avevo evitato il plurale perché nel seguito è tutto al singolare “tu”. È vero che in fin dei conti sempre del “maschio” si tratta, tuttavia lasciando un termine inclusivo si evoca meglio la reciprocità, anche se non si riscrive al femminile… (ma il salmo 130 è sicuramente detto-scritto da una donna, che però nelle versioni scompare e ridiventa maschio… ).
Per quanto poi riguarda “muzere / pobidha”, io ho lasciato come in ebraico “sa fémina tua”, visto che in sardo, e mi è capitato di sentirlo anche in questi giorni, il marito parla della moglie come semplicemente “sa fémina”, anche senza il pronome possessivo. Non si potrebbe lasciare?
** si no est essentziale, ia a lassare su singulare AP non credo sia essenziale; il singolare suona del resto con un ritmo migliore.
*** … de seguru, a dónnia olia su pillonatzu suo, po pònnere su plurale; ma dh’ia a cumprèndhere in su sensu de su genia de mata e intzandus ia a lassare su singulare. AP Andat beni. Avevo messo tra parentesi la “s” per segnalare che in ebr. c’è un plurale.
**** Est deasi forte de dhue pònnere própriu puru? AP Sì, l’ho aggiunto, perché il giro di frase in ebr. è molto forte, quasi ripetuto tre volte: lett. : hinneh, kî-khen, la cui versione termine a termine (Ecco, perché così) non rende nemmeno in tutta la sua forza. Chouraqui traduce: Voici, oui, il est ainsi béni le brave qui qui fremit de yhwh. Ma non sono gran che convinto, anche perché in fondo própiu non aggiunge gran che, e dal punto di vista sonoro non mi piace. Dhu lassaus stai e bastat?
***** No tèngio nudha cun sa limba italiana, ma in tundu mi paret tropu “attorno”, mentres chi inghiriaos mi paret méngius, unu “disposti attorno” e a dónnia modu prus “fatu in domo”… AP E infatti “attorno”, avverbio, è in ebraico, dalla radice geminata del verbo SaBaB. “girare attorno, in cerchio”. La LXX ha kyklô; le latine: in circuitu mensae tuae. A dir il vero, avevo prima scritto a tundu, pensando a “su ballu tundu” e solo dopo che avevo visto la voce relativa nel tuo Ditzionàriu ho messo in tundu, ma se invece di richiamare al ballo tondo, viene invece più in mente l’italiano, non ho niente contro l’avverbio “a inghíriu” e nemmeno contro l’aggettivo “inghiriaos”. In fondo, la mia era una traduzione quasi “letterale” sull’ebraico, come la Settanta e le latine.
S’osservatzione apitzu de s’imperativu/congiuntivu: bene meda! (e depet èssere su chi abbarrat de unu períodu cun duas prop. “Narali a perdonare!” > A perdonare!, A bídere a fizos tuos mannos e bonos! (e ndh’iat a bogare fintzes su segamentu – de conca – de su congiuntivu imperfetu in predicaos de tempus passau: Gli augurò che conoscesse/potesse conoscere i figli cresciuti e bravi > Li at auguradu a bídere sos fizos mannos/créschidos e bonos). AP Pur nella ristrettezza dei tempi, ieri mi sono letto le cose relative nella tua grammatica… Il poco sardo che parlo, è senza alcuna cognizione riflessa di grammatica e di sintassi… Per quanto e possibile, pensando ai sofisticati giri di frase che talvolta vedo nel logudorese di Luciano, «a ndi pigai» totu is segamentus de conca de congiuntivus perfetus e non perfetus…
Aggiungo. Questo salmo ripropone il problema di come tradurre “beati”. Riporto, a riposare, un “salmo”, pubblicato suo tempo tra gli editoriali quotidiani della “famosa” Università di Aristan:
Salmo 69 Ajò, is pòberus… «Beati i poveri…». Sarà di nuovo detto nelle chiese in queste domeniche. Beati chi e in che senso? Beati come “felici”? Certo: nel senso del termine assolutamente “mondano” dell’ebraico, perché “fortunati”, perché Gesù fa quello che fa, e perché alla fine (v.12) si dirà «rallegratevi ed esultate», non perché i profeti sono perseguitati, ma, al contrario, perché solo i perseguitati rivivono alla faccia dei persecutori. Beati come “benedetti”? Certo, ma il testo non usa questo termine “sacro”: perché i poveri non più poveri, le lacrime cambiate in sorriso, le terre senza oppressori, le giustizie di coscienze rette, le misericordie ricevute e date, le parole vere scambiate con Dio, le paci tra fratelli e sorelle prima ancora che tra nazioni, ci accorgiamo che sono, quando ci sono, dono divino di conquiste umane. Beati come “onorati”? Anche, perché cambia il metro per misurare chi conta di più e chi conta di meno nel regno di questo nazareno senza trono. Infine, beati come “gente in cammino, in trasferimento”: perché nel termine «’ashrê» un ascoltatore ebreo familiare della lingua sente il suono della radice “’ashar-andare”, che nella forma fattitiva, rimanda a un far “andare da un posto a un altro, da una situazione a un’altra”, e da qui, appunto, il senso di trovare o far trovare “fortuna”. Percìo, l’ebreo Chouraqui, facendo riemergere il senso della supposta etimologia, traduce: «En marche, les humiliés…».
E allora, Signore, ti immagino su una delle nostre colline, a iniziare la tua predicazione dicendo: «Ajò, is poberus…». Troppo simile ad «Allons, enfants…»? Certo, Signore, ma almeno tu, che per iniziare a dire il tuo regno diverso hai usato un termine del tutto “mondano”, e non “religioso”, permetti a noi, con la nostra lingua, “povera” anch’essa, perché giudicata sovente non degna dai rappresentanti del sacro, permetti a noi di meglio dire che tu non predicavi consolazione, ma rivoluzione.
Mi sbaglio, Signore, o ti ho appena sentito dire «Fortza paris»?
Antonio Pinna Salmista di Aristan
Mi scuso dell’autocitazione, ma non trovo una sintesi più sintetica per spiegare perché in campidanese, preferiamo in genere “Pretziaus”: una “conversione di misura”, il credente che adotta lamisura del suo Dio…
Solo che in questo salmo, usare “Pretziau” non va tanto bene nella seconda occorrenza, e in fin dei conti, a differenza della pagina delle Beatitudini, qui non è in gioco il “cambio di misura” richieso all’uomo, ma solo la misura sovrabbondante promessa da parte di Dio. per questo vedo bene l’augurio come lo esprime Mario: A bíere a Gerusalemme in s’abbundhàntzia… Povera Gerusalemme, senza il tempio città senza risorse, se non di pietre bianche a cambiare colore con il sorgere, il salire e tramontare del sole …
Per questo, lascerei da parte tutti gli aggettivi che dicono qualcosa di solo psicologico (felitzes, diciosus, ecc.). Meglio il quasi avverbiale “biada”.
Domanda: una volta, mi sembra che Mario mi ha spiegato del perché io in campidanese ho sempre sentito pronunciare in modo avverbiale “biada”, e da come ricordo ( ma… chissà…) quel “biada” dovrebbe scriversi “biad’a chi…” ecc. ma anche così mi sembra più un avverbio che un aggettivo, più la modifica di un’azione che di uno stato (e ritroviamo Chouraqui con il suo En marche… Aió, is chi serbint a su Segnori… ).
E, appunto, l’altro problema, già affrontato ma qui dimenticato: non tradurre letteralmente l’ebraico “temere, timore del Signore”, perché dice altro rispetto al senso dell’ebraico… Qui il modo più semplice mi è parso di tradurre “servire il Signore”, anche se dal punto di vista di ritmo e di sonorità non mi entusiasma… Segnalo la NET Bible, che, nata tutta sul web, forse ha pensato di concedere qualcosa ai social media: How blessed is every one of the LORD’s loyal followers… Suggerisce qualcosa a qualcuno?
• AP. SUCCESSIVA MAIL SPEDITA CON UNA SPERIMENTAZIONE ALLA GELINEAU:
Stasera non riuscivo più a lavorare e allora ho tentato un esperimento … “alla Gelineau” … Tanto per sottolineare la necessità di un ritmo nei salmi. In qualsiasi modo, ma un salmo non può non avere un ritmo … “Biadu donnia timorau de Deus Sa pubidda tua at essi in domu tua is fillus tuus a ingiriu de sa mesa tua Eccu, aici at essi benedittu un’omini timorau de Deus …
(dove la correttezza, a partire dal nome del Signore – yhwh – che scompare volentieri in Vargiu – non si sa che cosa sia… Si ispira a qualcosa come LDC-Abu, ma non proprio … )
L’altra soluzione, più “naturale”, è fare come Mario in certi salmi: riscrivere a sa moda de sa poesia sadra in endecasillabi o ottonari o altro … Solo che bisogna fare attenzione a non aggiungere e togliere (correttezza rispetto all’originale), facendo attenzione anche alla “struttura”. In questo salmo, per esempio, il primo verso è come l’apertura de sa gara poética. Poi la prima strofa “espone”, e la seconda strofa “risponde” a conferma. “Pace a Israele” e una conclusione così breve, ma permette certo un’espansione, visto che il salmo gioca tutto sulle figure della vite e dell’ulivo, simboli letterari molto noti per il “popolo” d’Israele come tale, e una conclusione più espansa può riprendere le figure…
Ecco su sperimentu:
Prova tanti po provai a riprodurre il ritmo di versi a 3 + 2 accenti del salmo ebraico (può servire anche solo a suggerire un ritmo,
Il Signóre è il mío pastóre (3)
Salmu 128(127)
Biádus is chi sérvint a su Segnóri, (apertura) 2 De su trabbállu tuu, éia, as a campái: (esposizione) 4 Eia! aici est benedítu su balénti (risposta a conferma) Paxi síat a Israéli. (conclusione in espansione nazionale)
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• POI, MI ARRIVA LA MAIL CON LA VERSIONE CONCLUSIVA DI MARIO
(CHE METTE A PREMESSA:
Saludi, Don Pinna! Provit a biri cust’improdhu innantis de mi calai in sonnu! Si dh’impromitu: cras a mengianu a chitzi a marrai (matixedhas de olia). A passai bonanoti! mp
AP E aici “arribaus seus”. Anche se proporrò ancora una correzione al v. 1 la versione “in versi misurati” sarà adottata anche con le variazioni relative.
Salmu 127(128)
Ma la versione è tanto “corretta” che si può considerare la traduzione e basta, anche senza dirla “po su cantu”. |
- Ancora restava da riconsiderare il v. 1, in quanto in ebraico c’è un senso di “ totalità” (lett. «beato tutto-temente …», che appunto la Clementina, seguendo la Settanta, rendeva al plurale Beati omnes qui timent, ma tra le moderne anche la TOB, la NVB delle Paoline e la dinamica francese BFC, e alla fine lo abbiamo reso anche noi al plurale. Il passaggio, poi, al singolare non fa che evidenziare che il primo versetto è l’apertura (s’istérrida) universale del salmo, che passa subito ad interpellare il singolo, nella prima strofa, e la seconda strofa è la risposta di un’appropriazione compiuta. Quindi il salmo nelle tre espressioni di Centro-Nord, Centro-Sud e Centro-Centro diventa alla fine (per ora) come segue: |
Centro-Nord | Centro-Sud | Centro-Centro |
1 Biados cudhos serbindhe a su Segnore e caminandhe in sos caminos suos.
2 De su triballu de sas manos tuas, emmo, as a campare, prenu ’e benes! 3 Muzere tua che sermentu in frutu in su coro ’e sa domo, impare a tie, cun fizos che prantones de olia, inghiriados a sa mesa tua.
4 Ei, gai, beneitu est su balente chi est serbindhe a su Segnore Deus. 5 De Sion ti beneigat su Segnore! E a Gerusalemme in sa bundhàntzia bidas totu sas dies de sa vida! 6 De fizos tuos a bídere sos fizos! E paghe, sa paghe a Israele! |
1 Biaus cudhus serbendi a su Segnori e caminendi in is caminus suus.
2 De su trabballu de is manus tuas, eja, as a campai, prenu ’e bènis! 3 Pobidha tua che sarmentu in frutu in su coru ’e sa domu, impari a tui, cun fillus tuus che matas de olia ingiriaus a sa mesa tua.
4 Aici, ei, beneditu est su balenti chi est serbendi a su Segnori Deus. 5 De Sion ti benedixat su Segnori! E a Gerusalemmi in sa bundàntzia bias totu is dis de vida tua! 6 E bias de fillus tuus is fillus! E paxi, sa paxi a Israeli!
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1 Biaus cudhus serbendho a su Segnore e caminandho in is caminos suos.
2 De su trebballu de is manos tuas, eja, as a campare, prenu ’e benes! 3 Pobidha tua che sarmentu in frutu in su coro ’e sa domo, umpare a tie, cun fígios che prantones de olia, inghiriaos a sa mesa tua.
4 Deasi, ei, beneditu est su balente chi est serbendho a su Segnore Deus. 5 De Sion ti beneigat su Segnore! E a Gerusalemme in sa bundhàntzia bias totu is dies de vida tua! 6 De fígios tuos a bíere is fígios! E paghe, sa paghe a Israele!
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Il ri-confronto con il punto di partenza evidenza il cammino percorso:
Se si confronta con il punto di partenza, si vede il cammino che è possibile fare se si traduce veramente dai testi originali, e non dall’italiano:
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Cei 2008 | Iscanu Uleri (Ploaghe) | Mario Pudhu – centro-centro
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1 Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. 2 Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene. 3 La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa. 4 Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore. 5 Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! 6 [6 Possa vedere i figli dei tuoi figli. |
Diciosu s’ómine chi timit su Segnore e si movet in sos caminos suos. 2 As a vívere de su tribalu de sas manos tuas, as a èssere diciosu e as a gosare de ogni bene. 3Muzere tua che una ‘ide in possa, in s’intimidade de domo tua, fizos tuos che piantones de olia Paghe subra a Israele. |
Diciosu s’ómine chi timet a su Segnore e andhat in is camminos suos. 2 De su trebballu de is manos tuas as a campare, as a èssere prexau e as a gosare dónnia bene. 3 Pobidha tua che una bide in possa, in s’intimidade in domo tua, fígios tuos che prantones de olia Paghe apitzu de Israele.
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