La politica merita professionisti veri, di Enrico De Mita

Esiste una politica come professione? E quali sono le sue tecniche? Nel senso spregiudicato si dice «far politica per professione»: da questo punto di vista il professionismo è guardato come la peste.

Piero Calamandrei scrisse che la politica non è una professione. Il che è ovvio se si vuol dire che la politica sia soggetta alla stessa logica degli affari. Ma la nobile arte della politica vuol dire vocazione e alta professione. Essa, come dice Max Weber, deve mettere insieme l’etica della convinzione e l’etica della responsabilità, ovvero saper commisurare le finalità con i mezzi disponibili, con lo sguardo addestrato a guardare nella realtà della vita. Se questa è la vocazione dell’uomo politico non può essere affidata al dilettantismo politico.

Anche se c’è un “professionismo politico” che non ha niente a che fare con la nobile arte della politica, la vocazione dell’uomo politico è cosa diversa dal dilettantismo e dall’impreparazione, che è la degenerazione della politica e il disprezzo delle regole.

Noi viviamo in un’epoca fortemente caratterizzata da una concezione deteriore della politica, da una visione delle realtà diversa da quelle che l’ordinamento pone. È soprattutto in Parlamento che le regole vengono tradite. Compito della politica in senso costruttivo è ritornare alle interpretazioni corrette delle regole. Non siamo nati ieri e bisogna tener conto di quanto l’umanità ha realizzato finora in senso positivo. Non si può negare ciò che c’è stato prima di oggi. «Un paese che ignora il proprio ieri, non può aver un domani» diceva Indro Montanelli.

«Se non si è portatori di una visione storica e di strumenti di analisi culturale e di un serio e coerente patrimonio di valori e di idealità su cui fondare programmi di governo, la politica si fa asfittica e di corto respiro ed esposta alle degenerazioni, anche in senso morale, del potere quotidiano. La politica mette così a rischio – dice Thomas Mann – la sua componente ideale e spirituale, la parte etica e umana della sua natura, di cui peraltro essa non potrà mai spogliarsi del tutto».

Come si vede sono molti i profili della buona politica. Vediamo le degenerazioni della politica di oggi. Una malintesa lotta a una parte della società privilegiata; singoli episodi incontestabili di immoralità vengono generalizzati. Nasce così la lotta politica come moralismo, la forma peggiore di moralità. L’abuso della violazione delle regole dell’ordinamento. L’isolamento sempre più evidente del Parlamento contrapposto al popolo, la democrazia intesa come potere del popolo, al di fuori di ogni regola. È avvenuto che un soggetto candidatosi arbitrariamente alla guida del governo abbia delegato a un così detto comitato dei saggi estranei alle istituzioni, la scelta di redigere i contratti “alla tedesca”. Si inventano strumenti di potere sulla testa degli organi di governo avviando una lenta marcia verso forme di populismo che possono degenerare. Non esistono patti commerciali al di fuori di corrette regole dell’ordinamento. Le coalizioni non sono cose private ma fanno parte di un disegno sulle grandi linee della politica internazionale economica e sociale.

Le regole giuridiche fatte con la logica dei contratti sono destinate al fallimento. «Quando la scienza e la sapienza si applicano su quella materia scivolosa e mutevole chiamata politica possono venire alla luce scoperte stupefacenti» (Sebastiano Messina). Nell’invenzione della politica non si può prescindere dai partiti e questi non possono rinunciare alla loro funzione primaria di promotori di una visione condivisa sulle questioni primarie della gestione dello Stato.

  • Il corriere 05 maggio 2018

 

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