Puigdemont in carcere in Germania: tempi brevi per l’estradizione

L’ex presidente catalano è entrato in territorio tedesco dalla Danimarca. A suo carico il mandato d’arresto europeo emesso dalla giustizia spagnola. Manifestazioni di protesta in corso a Barcellona.

L’ex presidente catalano Carles Puigdemont è stato fermato dalla polizia tedesca dopo aver superato in auto il confine della Germania. Il leader indipendentista veniva dalla Danimarca e alle 15 è è stato trasferito nel penitenziario di Neumünster, nel lander del Schleswig-Holstein, nel nord della Germania.

Puigdemont è stato fermato alle 11.19 su un’autostrada dello Schleswig Holstein mentre procedeva in direzione sud proveniente dalla frontiera danese, ha confermato un portavoce della polizia tedesca.

Intanto, fonti anonime dei servizi spagnoli hanno reso noto che il leader indipendentista catalano era sotto controllo sin dalla sua uscita ieri dalla Finlandia ed in un primo momento si era pensato di far scattare l’arresto in Danimarca. Ma poi, quando è apparso chiaro che avrebbe continuato il viaggio via terra, si è preferito farlo arrestare in Germania, Paese con il quale la Spagna ha migliori relazioni di cooperazione di polizia.

Una decisione sulla durata della custodia in carcere dell’ex presidente regionale durante il procedimento per l’estradizione arriverà “con una certa probabilità solo domani”, ha riferito il vice procuratore generale dello Schleswig-Holstein Ralph Dopper, sottolineando che “siamo all’inizio dell’esame”.
Il governo tedesco ha comunicato ufficialmente a quello spagnolo di aver arrestato l’ex presidente della Generalitat. L’arresto in Germania complica la posizione processuale del leader catalano, dal momento che, a differenza del Belgio dove Puigdemont si è rifugiato cinque mesi fa, la Germania ha nel suo codice penale il reato di alto tradimento, equiparabile a quello di ribellione, con pene che vanno dai dieci anni all’ergastolo.

Le regole del mandato d’arresto europeo, in vigore dal 2004, prevedono che come primo passo la magistratura tedesca decida se mantenere Puigdemont in stato di fermo mentre si decide dell’eventuale estradizione. Estradizione che potrebbe avvenire in tempi molto brevi, entro 10 giorni, se Puigdemont non si oppone. In caso contrario, la decisione deve essere presa entro un massimo di 60 giorni.

Secondo il suo legale, Puigdemont, dopo aver lasciato venerdì sera la Finlandia, aveva intenzione di mettersi a disposizione delle autorità belghe non appena rientrato a Bruxelles.

Il leader indipendentista è stato formalmente incriminato per presunta ‘ribellionè venerdì con altri 24 dirigenti catalani dal tribunale supremo spagnolo, che ha riattivato l’euro-richiesta di arresto ed estradizione nei suoi confronti e di altri cinque riparati in Europa.

Rischia, con gli altri incriminati per ‘ribellione’, una condanna fino a 30 anni di carcere per avere portato avanti pacificamente il progetto politico dell’indipendenza e per la proclamazione della ‘repubblicà il 27 ottobre scorso.

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Il suo avvocato Jaume Alonso-Cuevillas aveva detto di non sapere “esattamente” dove si trovasse il suo assistito, precisando però che era sempre a disposizione della giustizia del Belgio, paese in cui ha fissato la residenza.

“Confermo che il presidente Puigdemont non è più in Finlandia”, ha scritto il legale in un messaggio su Twitter. Una precedente informazione diceva che il leader indipendentista avrebbe dovuto presentarsi alla polizia finlandese.

Un proposito confermato sempre su Twitter anche dal deputato al parlamento finlandese Mikko Karna, secondo cui Puigdemont aveva lasciato la Finlandia per tornare in Belgio. Da giovedì Puigdemont era stato in Finlandia, su invito di alcuni politici e deputati locali.

Alonso-Cuevillas, ha detto che il fermo è legato al mandato d’arresto europeoemesso dalle autorità spagnole.

L’arresto in Germania di Puigdemont ha spinto i capi del movimento indipendentista catalano a lanciare un appello alla mobilitazione della piazza.

L’appuntamento più importante è quello sulle Ramblas di Barcellona, davanti alla delegazione del governo spagnolo. Diverse manifestazioni, intanto, si tengono nella regione basca, luogo di uno storico indipendentismo nella penisola iberica.

Cinquanta giuristi e cattedratici di diritto delle università catalane riuniti nel ‘collettivo Pragà hanno contestato oggi l’incriminazione per presunta ‘ribellionè da parte della giustizia spagnola dell’ex-presidente catalano e degli altri leader indipendentisti.

In un documento comune affermano che “il reato di ribellione non sussiste” perché non c’è stato “un innalzamento della violenza” in Catalogna e denunciano l’incarcerazione preventiva dei leader catalani come “eccessiva, sproporzionata e crudele”.

la repubblica 25 marzo 2018

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