Don Ettore Cannavera e i segreti della “Collina”, di Daniele Madau
Dal sito di TRAMAS DE AMISTADE 1 febbraio 2018.
Certi incontri lasciano il segno e il perché si capisce e non si capisce; “l’essenziale è invisibile agli occhi” – abusata frase del Piccolo Principe – ma, a volte, incomprensibile anche alla mente. E ora capisco che questo incontro mi ha dato qualcosa, più di qualcosa ma lo comprendo soprattutto per una serenità di cuore che ho avuto, e ho, di cui non riesco a realizzare ancora bene la causa.
Innanzitutto, La Collina…La Collina è un complesso di abitazioni, sale per convegni, presentazioni e incontri, campi, biblioteche, luoghi di spiritualità. Dalla sua sommità si gode di un magnifico panorama. E’ però, soprattutto, un luogo di detenzione alternativo, che ha tanti segreti, nel suo garantire, a chi lo ha vissuto, una quasi totale percentuale di reinserimento nella società: la bellezza architettonica e del luogo in cui sorge, il fatto che i ragazzi – dai 18 ai 25 anni – lavorino, creino prodotti, come il vino e l’olio, che vengono venduti e dai quali ricevono una parte dello stipendio e, certamente, forse il segreto più importante, la presenza di chi l’ha pensato (donando per la sua creazione i terreni di famiglia) e lo guida.
Pensato o sognato? Forse è meglio sognato, ma il risultato è un sogno molto reale, un luogo quasi utopico che, però, esiste.
“Quasi utopico” e non del tutto utopico: perché in verità queste realtà sono le uniche logiche, efficaci, rispettose dei detenuti e delle tasse dei cittadini che le finanziano.
Tutto nasce dalla fiducia nei ragazzi e nel ritenere gli ospiti della comunità solo vittime della società e di circostanze avverse: e possiamo chiederci se non sia una considerazione di assoluto, e semplice, buon senso, di un’immediatezza naturale, logica. Eppure, non sembra proprio che la società la percepisca così.
“La società è forcaiola, eppure sono ormai lontani i tempi di Lombroso, che affermava come si nascesse criminali. In realtà la società prima tradisce i ragazzi creando un contesto in cui loro cadono nella delinquenza, poi, addirittura, li isola nelle carceri. Io sono stato vent’anni nel carcere minorile di Quartucciu: muri alti, sistemi di sicurezza, personale di sorveglianza; una spesa enorme per pochi ragazzi. Dopo tanti tentativi di cambiare il sistema di detenzione dei minori, mi son dimesso e da questa esperienza è nata La Collina”.
La coerenza, ecco un altro segreto.
Don Ettore, però, come dice lui stesso, è “anche” sacerdote e allora decido di partire da lì, dal valore del significato di una frase sul valore del dubbio, che campeggia sul sito della comunità, sotto la voce “Visione”.
“Il dubbio è segno di intelligenza – parla ora anche l’ ex docente di filosofia oltre che sacerdote – è usare la nostra ragione; a questo una persona deve aggiungere, poi, la spiritualità che è diversa dal nostro essere credenti.
Una persona può essere credente ma non spirituale e viceversa; noi dobbiamo curare soprattutto la nostra parte spirituale: a questo noi dedichiamo tante parte del lavoro in comunità. La mattina facciamo sempre un momento di silenzio in cappella – cappella interreligiosa, per rispettare tutti – ; anche le regole – regole di ordine, rispetto dell’ambiente, rispetto di sé stessi, rispetto della comunità – sono funzionali alla spiritualità, all’esigenza di ordine e bellezza che c’è in ognuno di noi.
Una volta imparato questo, i ragazzi riescono a reinserirsi, a patto che il contesto li aiuti.”
Da Don Ettore ascolto volentieri anche qualche consiglio sull’insegnamento – anch’io ogni mattina entro in classe – e ci soffermiamo sull’importanza di condividere le scelte con i ragazzi e sul valore assoluto dell’accoglienza dei più fragili e, magari, con più criticità. In ultimo non possiamo non parlare del suo essere, ormai, Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiano: “la accetto solo se condivisa con gli operatori e con i ragazzi”.
Un altro segreto, che forse racchiude tutti gli altri, quello dell’umiltà.
Vado via con bei doni: libri con la storia della comunità, la bottiglia di vino frutto del lavoro dei ragazzi e, soprattutto, quella serenità che non so spiegarmi, ma che non voglio perdere.
By Mario Pudhu, 10 febbraio 2018 @ 06:34
Cussa de Don Ettore Cannavera est un’ISCOLA VERA (no ca faghet rima, ma faghet fintzas rima). A nàrrere “Deus bi lu paghet!” est tropu pagu, ma no ca Deus pagat prus pagu (antzis tot’àteru, ca su bene chi faghimus est Deus cun nois): est, però, chi bi lu depimus pagare totugantos, sa sotziedade, e no in dinari ma imparendhe de iscolas gai. Pro cambiare un’iscola burocràtica, pagada, ma cantu assurda!