Gabinetto ovale, di Massimo Gramellini
I coniugi Trump hanno avuto l’ardire di chiedere in prestito al Guggenheim un quadro di Van Gogh per appenderlo alla Casa Bianca. Se l’idea fosse venuta agli Obama, tra i gourmet dell’intelligenza progressista si sprecherebbero le lodi per la sensibilità artistica della coppia presidenziale.
Invece la curatrice del museo newyorchese ha perfidamente rilanciato, proponendo al posto del Van Gogh un’altra opera presente nelle sue sale: America, water d’oro massiccio «simbolo degli eccessi e della ricchezza americana», come ama definirlo il suo creatore, l’eccessivo e ricchissimo Maurizio Cattelan.
Sull’antipatia della nomenclatura di sinistra sono stati scritti dei libri, ma è evidente che non è servito. La classe dirigente che si autoproclama democratica accusa Trump di alzare steccati.
Quando la prima a costruirli è lei, erigendo i suoi pregiudizi a confine insindacabile tra buoni e cattivi. Lo farà anche in modo ironico e raffinato, ma terribilmente saccente. Le persone semplici non la seguono più perché si sentono escluse, compatite, irrise.
Per loro la sinistra è una festa a cui non verranno mai invitate per mancanza dell’abito giusto.
Ed è questa sensazione a connetterle sentimentalmente ai tribuni della destra. I quali saranno sguaiati e non gravati dal peso di troppe nozioni, ma danno l’impressione – sia pure ingannevole – che alle loro feste possano imbucarsi tutti.
Anche quelli che la fanno fuori dal vaso.
IL CAFFÈ il corriere della sera 27 gennaio 2018