Antonio Romagnino, dall’emeroteca la grande storia e la cronaca dell’ordinario quotidiano. La quarantennale collaborazione a L’Unione Sarda, le riflessioni e le polemiche, di Gianfranco Murtas

Quella passione giovanile che aveva nutrito per la stampa periodica e quotidiana dell’Isola fu, in verità, una costante di curiosità intelligente e colta di Antonio Romagnino, dico del Romagnino adulto o d’età anche matura, del Romagnino professore e pubblicista lui stesso, iscritto all’albo dal maggio 1972. Avrebbe collaborato con i giornali, e con L’Unione Sarda in particolare, per lungo tempo – trenta e più anni, quasi quaranta – e per qualche periodo con una partecipazione perfino quotidiana, straripante nella quantità eppure sempre riconoscibile e distinta per qualità, gustosa e senza cadute, come per miracolo.

Aveva frequentato assiduamente, già da giovanissimo, la Biblioteca universitaria, e lì aveva compulsato con godimento le collezioni custodite nell’emeroteca ricca e varia: così, tanto più, negli anni di studio a Lettere, in quello stabilimento solenne e nato già antico – rimontante a un decennio e più prima della rivoluzione francese – che allora accoglieva tutto, il rettorato e le facoltà, i gabinetti scientifici e, appunto, la biblioteca. Ancora per larga parte degli anni ’30, almeno fino alla discussione della tesi giusto nell’anno accademico 1938-39, tu entravi nell’edificio svincolandoti fra i molti passanti che, in un verso o nell’altro, attraversavano la via Università. E’ vero che gli studenti iscritti a Lettere o Giurisprudenza, a Medicina o Scienze fisiche e matematiche o agli altri corsi – mentre in progress cominciavano a staccarsi, fisicamente, gli istituti (si pensi proprio a quelli di Scienze e di Ingegneria, per non dire delle cliniche già convenzionate con il San Giovanni di Dio) – erano allora qualcosa come sei-settecento, di  cui un buon quarto della facoltà di Lettere e Filosofia di recente ristabilimento, ma il movimento di gente era più generale ed ancora interessava, forse per il più, gli uffici e le aule del tribunale, dirimpetto all’ateneo ed alle spalle della chiesa (già scolopia) di San Giuseppe Calasanzio, al tempo officiata dall’indimenticato don Giovanni Battista Mura, il direttore spirituale del seminario diocesano: insomma, quella cittadella giudiziaria dei tocchi ed ermellini che proprio allora, però, si preparava al trasloco nella parte nuova della città, oltre la via Dante, unitamente alla corte d’appello, ancora piantata presso la Mauriziana, in locali destinati presto ad accogliere la facoltà di Lettere dei professori Motzo e Fassò, Dentice d’Accaddia e Levi, Pincherle e Loddo Canepa, Azzolina anche – il dantista (ma anche carducciano) dettorino! –, Pitzalis e perfino Taramelli… Vigilia di guerra – della nuova “grande guerra”, ché negli anni ‘30 l’imperialismo delle armi non era davvero mancato, né in Africa né in Europa – e tempo ancora di assestamenti cittadini, di sistemazioni edilizie importanti.

Un contributo al traffico di pedoni e di qualche mezzo a motore lo dava anche, in quella strada-base del quartiere, ma soprattutto la sera, il Civico sempre splendente con i suoi concerti, e lo dava altresì il Tridentino, che occupava il secondo e gemello palazzo Belgrano, quello più prossimo alle terrazze del bastione di San Remy. Quasi duecento gli studenti iscritti ai cinque anni ginnasiali, adolescenti in talare nera già dalla prima media, al Tridentino presieduto, per delega dell’arcivescovo Piovella, dal benemerito e santo canonico Giuseppe Orrù. Un via vai di preti, dalle parrocchie diocesane o dalla curia, tacito avvertimento del duumvirato clerico-fascista in carica in quegli anni, robusto nell’ordinario quotidiano e nelle scene di popolo più dei simboli resistenti della storia trascorsa…, ad esempio nonostante il recupero del busto di Giordano Bruno, finito dapprima in un sacco e restituito a vita, per essere collocato in un nicchione appunto dell’università, nel gennaio 1928. Così un anno prima dei patti del Laterano: accompagnato allora dai pianti e dagli strilli dell’esordiente La Sardegna Cattolica, il settimanale affidato sì, formalmente, a monsignor Lai Pedroni, ma più ancora, nell’ordinario redazionale, a don Giuseppe Lepori, concordatario convinto e financo eccitato.

L’aula di studio, nella biblioteca universitaria, somigliava ad una cattedrale gotica dell’Inghilterra, o magari al salone delle feste di una qualche reggia, o di un qualche transatlantico da crociera, alta come un palazzo di tre piani e tutta avvolta dagli scaffali che raccontavano, con i loro libri rilegati e allineati, la storia del mondo, delle epoche e dei luoghi. Il padre di Antonio, Ettore, lavorava o aveva lavorato lì, fra le preziosità perfette dei secoli e le collezioni dei giornali che allora rimontavano ad un secolo circa, un po’ più un po’ meno, e costituivano una delle fonti esplorate da studiosi dell’accademia e anche no e da studenti guidati dai loro relatori, ricchezza ecumenica che documentava le molte anime della società di prima. In quel tempo, giusto per la propria tesi, vi avevano passato decine e decine di ore Nella Operti (Ricerche sulla storia del giornalismo sardo dalle origini al 1900) e don Vincenzo Corrias (Il giornalismo politico sardo dalle origini al 1847).

Anche la tesi di laurea di Antonio Romagnino discussa nel 1939 aveva riguardato la stampa politica isolana dell’Ottocento, quella del risorgimento, dal fatidico 1848 – l’anno della promulgazione delle costituzioni in tutta Europa, e anche dello statuto albertino – al 1870, il non meno fatidico anno della liberazione della Chiesa dai pesi del temporalismo, e dell’Italia dall’…ostilità ostinata, anche armata, oltreché politica e diplomatica, dello Stato Pontificio al disegno della storia (che, avrebbe detto Paolo VI, era disegno di Provvidenza).

Cambia la scena. Romagnino, una vita al Dettori (e per il Dettori), ha lasciato l’insegnamento ed ha macinato nuove esperienze, ora con Italia Nostra (presidente regionale e consigliere nazionale), ora anche con i primi libri della Electa commissionati dalla SAIA – quelli dedicati alla Marina ed a Castello –, ora addirittura, nell’impegno civico-politico, con una sventurata candidatura che, fra tante macerie, ne ha lasciato però intatta la statura e la credibilità. Ha anche appena assunto la presidenza degli Amici del libro (Nicola Valle, il cofondatore e presidente di lunga lena ormai è anziano e stanco…). Soprattutto è, Antonio Romagnino, collaboratore fisso de L’Unione Sarda ormai da una dozzina d’anni, recensore di libri, poi commentatore everything, sapiente, misurato ed incisivo…

I giornali in anastatica

Eccoci qui: dall’8 novembre 1983 al 2 marzo 1984 egli torna ai giornali sfogliati, letti, studiati quarant’anni prima e ne cura la presentazione in una serie di inserti interessantissimi ricavati nel reprint proprio dalla preziosa emeroteca ordinata e custodita nella Biblioteca universitaria di Cagliari ormai uscita dal dominio dell’ateneo per passare, con le leggi Spadolini, all’ordinamento dei Beni culturali. Sono trentadue uscite, con la formula dell’inserto-dono del giornale ancora diretto da Gianni Filippini: una sessantina le testate passate in rassegna (talvolta con un bis), in questo supplemento di quattro pagine, all’insegna di “Gli antichi giornali della Sardegna”.

Così la prima presentazione: «Nel numero odierno, come tutti i martedì e venerdì nei prossimi mesi, L’Unione Sarda presenta il primo inserto di due pagine con la riproduzione degli antichi giornali della Sardegna: La Gazzetta di Sardegna, che si pubblicò a Cagliari (aveva allora 27mila abitanti) nel 1832, e La Meteora, stampata ad Oristano dal 1943, avendo come patron il canonico De Castro. Pubblichiamo la prima e la seconda pagina de La Gazzetta di Sardegna e la prima pagina de La Meteora.

«Nella terza delle quattro mezze pagine del nostro inserto, Antonio Romagnino riassume le vicende delle due testate, ne commenta i contenuti, mentre alcune illustrazioni d’epoca completano questo viaggio all’indietro nell’editoria isolana. Non è un viaggio interessante solo per i collezionisti. Attraverso la raccolta delle decine di giornali di tutta l’Isola che saranno offerti gratuitamente ai lettori, sarà possibile ricostruire uno spaccato di “storia patria” davvero sorprendente, talvolta minore ma significativa, sempre curiosa e stimolante».

Le vorrei richiamare rapidamente, queste testate, varie per le impostazioni e le “missioni”, varie per la periodicità, la durata e l’anno di prima uscita, varie per i luoghi di stampa e diffusione. Eccole: La Bandiera Sarda e L’Ogliastra, Il Giornale d’Oristano e L’Avvenire di Nuoro, L’Osservatore e L’Era Nuova, La Bussola e Il Popolo, Il Setaccio e Il Monte Acuto, La Gioventù Sarda e La Gazzetta di Sardegna [del 1832-35], La Meteora e Il Nazionale, La Sardegna e Il Logudoro, La Gazzetta di Sardegna [del 1852] e Il Capricorno, La Favilla – Gazzetta del Popolo e L’Ichnusa, La Cornamusa e ancora Il Capricorno, Lo Statuto e il Giornale medico-Chirurgico-Farmaceutico, L’Epoca e Il Tirreno, il Piccolo Giornale della Sardegna e (due volte) L’Avvisatore Sardo, Sa Frunza e La Cronaca, Il Diavolo e la Gazzetta d’Iglesias, La Stregghia e La Lealtà, L’Unione Cattolica e la Gazzetta di Sassari, La Provincia di Sassari e ancora La Gioventù Sarda, La Voce della Sardegna e La Mejerdah, Le Bocche di Bonifacio e La Gallura, L’Eco del mare e Cagliari-Sassari, Il Temo e Caprera, L’Araldo e L’Ogliastra alla riscossa e La Verità.

Competenza e gusto personale si combinano nelle schede approntate dal professore, negli articoli illustrativi firmati, volta a volta, da Antonio Romagnino che traduce, in un linguaggio semplice ed abbordabile dalla generalità dei lettori – linguaggio semplice ancorché sempre elegante – la storia dell’Isola documentata nelle sue complessità, stratificazioni e contraddizioni, dalla stampa quotidiana o periodica. Quella storia, si potrebbe aggiungere, quale emerge direttamente dall’esperienza di gruppi di pressione o corporazioni scientifiche, associazioni religiose o partiti civici che puntano, o scommettono, sul potenziale di una testata giornalistica ora in chiave educativa, di sensibilizzazione sociale cioè, ora in chiave apertamente politica o rivendicativa. Si tratta di esplorare ragioni ed interessi, tavole valoriali ed opportunità contingenti che ispirano, muovono e sostengono, in momenti e luoghi diversi, soggetti (per lo più collettivi) impegnati nella difesa d’un territorio, di un’area ideale, di un obiettivo mirato.

Nel 1970 e nel 1974

Meriterà tornare in argomento, ma intanto – fatto il riferimento a L’Unione Sarda – qui vorrei anticipare l’esito di una qualche ricerca sulla collaborazione prestata da Antonio Romagnino a quella importante testata giornalistica. Sia chiaro, le collaborazioni che, tanto più dagli anni ’70 in poi, il professore – riversato il tempo, prima dedicato alla scuola ed all’associazionismo europeista, agli impegni civici o alla multiforme pedagogia civile che è nella sua più intima vocazione – ha assicurato a giornali quotidiani e riviste periodiche di Cagliari e in generale della Sardegna sono state innumerevoli. Tali e tante che verrebbe da uscirsene con un… purtroppo!, per le difficoltà che incontreranno quelli che vorranno un giorno impegnarsi nella compilazione di un repertorio completo. (Per quanto mi riguarda ho già contato una trentina di testate giornalistiche coinvolte, un centinaio di contributi a libri collettanei e prefazioni, in un ordine dei quattromila gli articoli su L’Unione Sarda e altri quotidiani o periodici).

La collaborazione con il giornale allora di Terrapieno, auspice l’allora curatore della terza pagina (e presto vicedirettore) Gianni Filippini, data dall’autunno 1970, limitata all’inizio ad una recensione libraria da impaginare con periodicità quindicinale, sciolta da vincolo già alla fine dell’anno successivo e con qualche libertà tematica, sempre per la terza pagina, dal 1973 in crescendo.

E’ però nell’estate 1974 che muta il contratto di collaborazione: l’uscita modernista di Tuttoquotidiano, nel luglio di quell’anno, impone a L’Unione un rapido e completo restyling, non soltanto nella grafica, ma direi – in termini organizzativi del lavoro redazionale e circa il paniere delle collaborazioni fisse – nell’organico delle firme. Sono allora assunti diversi giovani praticanti di talento, si allarga la cerchia dei corrispondenti e, appunto, dei collaboratori, attingendo dall’università e dall’associazionismo, conosce un certo assestamento “evolutivo” anche la linea editoriale del giornale in termini nettamente progressisti (e perciò salutato da un attentato dinamitardo in una tarda serata domenicale di ottobre).

Con il direttore Fabio Maria Crivelli e Gianni Filippini (adesso suo vice, dopo la morte improvvisa di Franco Porru, all’inizio del 1973), partecipano intensamente all’operazione gli “anziani” come Vittorino Fiori (che ha assunto anche la direzione de L’Informatore del lunedì) e Alberto Aime, Tarquinio Sini della cronaca, ecc. mentre Giorgio Melis, già redattore capo, ha scelto il distacco di un anno presso l’ufficio stampa del Consiglio regionale da riorganizzare daccapo (e tornerà da vice direttore e condirettore), mentre Angelo De Murtas – punta di diamante del giornale per lunghissimi anni – ha accettato l’offerta de La Nuova Sardegna salassata dall’uscita di una decina di redattori trasferitisi a Cagliari presso il cantiere Sedis di Tuttoquotidiano, di fianco (e in dialettica) al direttore Piercarlo Carta.

Fra gli acquisti importanti che il giornale fa quell’anno spicca indubbiamente quello di Alberto Rodriguez, intellettuale fine e aperto, forte di esperienze internazionali fra giornalismo e musica. A lui viene affidata la terza pagina, che da allora – dall’estate 1974 appunto –, rinnovando la grafica rinnova più ancora l’appeal dei temi: quella pagina del giornale diventa davvero un luogo di riflessione sulle questioni che esulano dallo stretto contingente, si trasforma in uno spazio di dialogo ed approfondimento: storia e teatro, diritti civili e letteratura, arti figurative e scienze umane, ecc. costituiscono alimento quotidiano di quella pagina che sovente si offre in formato monografico (un vero ideale per il collezionismo di cose belle e interessanti!).

Peraltro si affiancano a quella terza pagina altri spazi speciali, quello delle inchieste ed in rilancio quello tradizionale “della donna”, introdotto quello “dei ragazzi” così come quello della “Scienza e tecnica” e della “Musica e teatro”, quello “dell’agricoltura”, delle “attualità economiche” e della “Sardegna sul mare”, la domenica dominano le belle pagine delle rubriche (a partire da quella della cucina sarda, curata da Fernando Pilia, o della filatelia e numismatica, del giardinaggio e dell’orto), ecc. Resta, il sabato, “il mondo dei libri” in cui permane, ma da cui può anche liberamente e finalmente emigrare, Antonio Romagnino.

Fra i profeti della disubbidienza: Milani, Turoldo, Balducci e Pasolini

Concludo. Per onorare questo secolo trascorso dalla nascita del professore ho cercato di censire, dalla digitalizzazione operativa alla Mem, gli articoli a firma di Antonio Romagnino da quel certo 17 ottobre 1970 a tutto il 1975, idealmente fissando il capolinea finale di questo primo step nella vicenda di morte di Pier Paolo Pasolini. Perché per Pasolini – di cui scrisse in prima pagina, all’indomani dello strazio, anche su L’Informatore del lunedì – Romagnino nutriva una speciale ammirazione morale e intellettuale. Lo associava agli altri “disubbidienti” – essi, più ancora, o con più pertinenza di Pasolini, di scuola cattolica – della società italiana degli anni ’60 e ’70: don Lorenzo Milani, padre David Maria Turoldo il servita poetante “Fratello ateo”, padre Ernesto Balducci il teorico dell’“uomo planetario”.

Ancora professore del Dettori, e ancora – tanto più nella sua… aura e nella sua fama, uomo di moderazione liberale – Romagnino aveva portato in classe Pasolini e don don Milani, la Lettera ad una professoressa del priore di Barbiana… Ripartendo con la memoria all’ecumenismo spirituale conosciuto nella sua prigionia americana, e da lì balzando in alto, certamente sopra il conformismo clericale (e borghese) dell’Italia provinciale, celebrando la verità della obbedienza scaduta dagli usurati crismi della virtù convenzionale, Romagnino, lui così regolare, aveva sposato la disubbidienza come moto dello spirito e dell’operare e testimoniare intelligenza e responsabilità.

A sfogliare gli ultimi capitoli del suo bellissimo Diario americano, dopo le pagine, anch’esse intensissime, dedicate all’amato Francesco Cocco Ortu, incontri il racconto dei perché di un sodalizio così forte fra il professore cagliaritano che non riuscì ad aver fede, che amava averla ma non seppe conquistarla o farsene conquistare, e i disubbidienti della sua stessa età storica: Pasolini, appunto, profeta laico mosso da religiosità profondissima, e i tre uomini di Chiesa passati per l’incomprensione di gerarchie miopi e stupide.

Si leggano, si rileggano, queste pagine forti e delicate di Romagnino che celebrano la testimonianza libera di don Milani, padre Turoldo e padre Balducci, e con la loro quella di Pier Paolo Pasolini, nei capitoli da XXVII a XXIX. Partendo appunto dal priore di Barbiana per arrivare all’autore delle Lettere luterane e di Le ceneri di Gramsci, dal quale pure non nasconde le distanze. Non conta infatti la conclusione, contano le provocazioni di un pensiero profondo, ancorché, appunto, l’analisi sia ritenuta forse contraddittoria e incongruente. Dirà infatti, a chiudere, il professore: «Proprio l’intellettuale onnivoro teneva lontano i diseredati, a cui arrivava di più la parola di don Milani. Gli strumenti erano diversi, e forse anche i risultati sono riusciti differenti. Sembra essere disceso ai livelli degli umili, con la sua didattica tagliente, [più] il borghese don Milani, che non quell’intellettuale pugnace ma anche contraddittorio, che è stato Pier Paolo Pasolini. Si era fatto liberal americano e le sue sottigliezze lo tenevano lontano sia da quanto rimaneva del mondo contadino sia dalle città, dove si era accalcato il qualunquismo degli italiani».

Segue i percorsi intellettuali e di vita dei profeti, Antonio Romagnino, nelle sue letture e nelle sue riflessioni, nella riposata tranquillità del primo mattino o nelle filosofiche sintesi serali, in faccia al bosco di Monte Urpinu, accanto alle terrazze della sua casa, o di giorno, passeggiando in saliscendi per le vie di Cagliari…  «Quando Stefano [l’alter ego dell’autore] nel giornale del 4 dicembre [recte 3 novembre] 1975 scrisse un saluto all’ucciso, che tutti avevano contribuito ad arrotare con la macchina della morte di quel mattino che si alzava sulla spiaggia di Ostia, anche lui conobbe le spire viscide dei serpenti. Per le vie ignote dei fili del telefono salirono le voci orrende degli accusatori anonimi che lo trafiggevano da tutte le parti. Si affrettarono allora le ombre del tramonto, si fece più seducente il richiamo a ritirarsi, a trovarsi per sempre l’abitacolo del silenzio. Tanto quel corpo di donna bella riusciva repellente ed il suo capo appariva devastato dalla tigna. Ma proprio Pasolini non si era arreso mai, poiché i santi si incontrano con i santi, anche Pasolini si era incontrato con don Milani. Leggendo la Lettera ad una professoressa gli era sembrato che avesse messo radice in Italia, inaspettatamente, la nuova sinistra americana e specificatamente la sinistra newyorkese, e commentava: “La stessa forza ideale, assoluta, totale, senza compromessi; ed è questo che nel paese del qualunquismo mi ha riempito di gioia”. Senza che questo gli impedisse di riconoscere i limiti di una cultura prima contadina e poi fattasi piccolo-borghese nella professoressa, a cui si rivolgeva, e sia negli stessi ragazzi di Barbiana…».

Ancora: «In san Paolo esaltava il santo, ma condannava il fondatore della Chiesa “con tutti gli elementi negativi della Chiesa già pronti: la sessuofobia, l’antifemminismo, l’organizzazione, le collette, il trionfalismo, il moralismo”. Ma alla vigilia della morte credeva che la Chiesa, nel dramma politico che si apriva e proprio allora che la borghesia aveva cominciato ad abbandonarla, avesse un compito nuovo. “Ora che il potere borghese” diceva “non sa più che farsene e l’ha buttata a mare, la Chiesa dovrebbe cambiar radicalmente politica e passare decisamente all’opposizione. Diventata religione vera, dovrebbe opporsi con violenza al potere. Allora, se mi ha fatto rabbia che per tanti secoli fosse asservita al potere, fosse potere essa stessa, mi fa più rabbia ora che tace in un momento in cui dovrebbe parlare, dovrebbe mettersi alla testa dell’opposizione, perché l’opposizione al nuovo potere non può essere che religiosa”.

«Questo nuovo potere, che avrebbe vissuto una sua rinnovata fortuna negli anni Novanta, Pasolini non poté conoscerlo. Ma se avesse vissuto, avrebbe chiesto alla Chiesa la stessa radicale opposizione che le chiedeva a metà degli anni Settanta. Per combattere l’economicismo, lontano da ogni solidarietà. La borghesia era il suo bersaglio insistente e quasi profetizzava che essa avrebbe sempre più radicalizzato le sue posizioni di destra, avrebbe assolto il fascismo, ne avrebbe legittimato le ultime discendenze…

«“I borghesi”, disse ad appena due mesi dalla morte, “sono sempre razzisti. Ecco perché i borghesi sottolineano l’importanza dei pariolini neofascisti. In ciò si rendono complici di tale delitto. Il loro interesse per la mostruosità dei loro figli è colpevole in quanto, anche nel male, implica il privilegio. Un analogo delitto di sottoproletari è stato passato quasi sotto silenzio. Due giovani di Torpignattara hanno ammazzato selvaggiamente un automobilista spaccandogli la testa sull’asfalto. Ma questo delitto – benché ugualmente tipico che quello dei pariolini – non interessa tanto. Si sa che i giovani di borgata sono delinquenti… E poi è meglio tacere: perché se si condanna, si rischia di passare per nemici del popolo, e i comunisti potrebbero offendersi. In realtà la criminalità dei neofascisti pariolini e dei teppisti sottoproletari ha una identica origine: la distruzione dei valori tradizionali dovuta non a una rivoluzione intellettuale, ma alla rivoluzione di destra del consumismo”.

«Anche nelle voci anonime che l’avevano assalito, quando aveva scritto il necrologio di Pier Paolo Pasolini, non fu difficile per Stefano riconoscere una loro stretta parentela con i mormorii, i giudizi liquidatori di una borghesia intollerante, che quel suo “maestro” aveva sempre combattuto. Avrebbe assistito negli anni che seguirono ad un alzarsi più alto di quelle voci, fino a farsi coro minaccioso. Se prima aveva osservato un prudente silenzio, la borghesia non taceva più, rompeva gli indugi, liquidava tutto quello che le si opponeva come “comunista”.

«Ma per Stefano il Pasolini più “religioso” era quello che aveva attraversato l’Italia, facendosi da friulano, romano, da romano, napoletano. Non aveva fatto differenza fra Nord e Sud, Gennariello è l’ultimo approdo di un’Italia che si ritrova una al di là di tante diversità storiche, finalmente sanata. Stefano lo vedeva più vero mastro della tolleranza che lo stesso Voltaire. Il filosofo francese scopriva l’uomo primitivo, ma non l’accarezzava, non lo accordava a sé, lo conservava diverso e lontano.  La religiosità di Pasolini era capace di questo avvicinamento, fino alla confusione, dei diversi. Era lo stesso appassionamento che confondeva don Milani, di origini alto borghesi, con i contadini di Barbiana. Ma Pasolini sembra fermarsi a indicare agli ultimi della società italiana solo l’approdo del suo razionalismo marxista. La scuola di don Milani fu di più. Strattonando i suoi scolari, don Milani li fa capaci di contendere con i loro padroni, li ammaestra con l’educazione linguistica a conquistare una concreta parità con i potenti. Don Milani guarda per loro a una realtà immediata, non si rammarica che quei contadini diventino operai. La loro redenzione è nel mondo che cambia. Pasolini invece si chiudeva all’industrializzazione, proclamava di non esser reazionario, ma non nascondeva di rimpiangere un mondo perduto, di dolersi che le campagne si fossero spopolate».

Pagine magnifiche.

Appunto Pasolini, testimone del suo tempo

Così scrive Romagnino su L’Informatore del lunedì del 3 novembre 1975:

«Pier Paolo Pasolini è morto in prossimità di una delle sue borgate. Ucciso a randellate, il suo corpo è stato per lungo e per traverso percorso da un’automobile: l’ultimo ludibrio glielo ha inferto proprio uno dei simboli o uno dei prodotti più tronfi e più violenti di quel macchinismo, che egli aveva indicato come uno del fattori della degradazione presente dell’umanità.

«Non sappiamo chi abbia impugnato ii bastone omicida, di chi sia l’ultima randellata, ma conosciamo coloro che hanno sospinto lo scrittore nel ghetto dell’emarginazione morale e all’ultimo agguato dalla morte. Coloro che feriscono e uccidono più delle mazze e delle lupare. Coloro che Pasolini fustigò come esponenti della più rozza e retriva Italia, che si sciacquano anche qualche volta la bocca con i termini di prossimo e di alterità, e che appena si trovano davanti davvero all’altro, piegano ai meccanismi dell’intolleranza o dalla persecuzione.

«Senza questi tragici precedenti di incapacità a capire e a compatire il diverso, l’anomalo, l’eccezione senza la violenza chiamata a sorreggere la norma desueta o farisaica, a puntellare valori largamente screditati, non si capisce l’oscuro atto di cronaca, l’omicidio di uno scrittore piuttosto che di un altro.

«Non è stato ucciso Montale, che protegge oltre il suo proposito la convenzione borghese disposta alla occasionale peripezia pessimistica senza danni, e neppure Moravia, che alla stessa borghesia, ancora oltre le sue intenzioni, propone le evasioni di un femminismo senza più remore. Si è ucciso, invece, Pasolini, l’accusatore senza tregua e senza indulgenza, e non solo della borghesia ma anche del proletariato contaminato dalla lebbra della sua classe antagonista, vittima del più feroce processo di acculturazione che abbiano conosciuto il mondo contadino e il tessuto urbano più popolare.

«Si è ucciso invece e martoriato colui che aveva il torto di parlare ad una società che aveva cento e anche centocinquanta anni di ritardo rispetto alla società europea più progredita, che aveva il torto di essere un Lord Byron o un Oscar Wilde. Con la sola ma importante differenza: che Pasolini non si misurava, come quel remoti precursori, con l’albeggiante rivoluzione industriale o con una età vittoriana arroccata nei suoi pregiudizi, ma con una società ed una civiltà tecnologicamente avanzate. E’ la misura del progresso materiale dei nostro paese che rende più assurdi il qualunquismo e la selvatichezza irriducibili che gli hanno reso estraneo e repulsivo Pasolini.

«“In tutta la mia vita non ho mai esercitato un atto di violenza né fisica né morale. Non ho mai esercitato nella mia vita alcuna violenza né fisica né morale semplicemente perché mi sono affidato alla mia natura cioè alla mia cultura», ha scritto Pasolini in uno dei suoi recenti Scritti corsari. E ne ha avuto in cambio il linciaggio, la persecuzione strisciante, la mormorazione distruttiva. Quando non si sono potuti smontare i suoi folgoranti atti d’accusa, le sue diagnosi tra le più lucide della società contemporanea che abbia offerto la più recente pubblicistica, si è ricorso agli ipocriti distinguo e ai complici silenzi. Anche l’ultima avvampante requisitoria, che siamo tutti delinquenti da San Babila a Tor Pignatara ha trovato la larga disponibilità degli avvocatini di ogni colore sempre disposti a mendicare le attenuanti generiche.

«Per tutto questo non ci serve l’identikit del possibile ultimo manganelIatore, né il volto che assumerà l’omicida nelle indagini finalmente fruttuose, dopo tante disperse e senza esito per individuare le responsabilità delle stragi e degli attentati alla libertà, e ci serve invece il volto chiuso, incartapecorito, feroce e sanguinario di quella provincia dell’Europa e dei Mondo che è diventata l’Italia.

«Pier Paolo Pasolini, che ha passato in rassegna nella sua vita tanti volti e che ha guardato tanti occhi chini su di lui e sulla sua disperata esistenza, li ha cancellati tutti nell’istante ultimo della verità e della luce, ed ha visto. Ha visto l’Italia più primitiva e più crudele, che non torturava solo il suo corpo, ma spegneva una delle voci più libere del nostro paese».

Per avviare un repertorio, fra letteratura e società

Fino alla morte di Pasolini, o ancora a qualche settimana dopo, per chiudere l’anno 1975. Ecco, di un lustro pieno, gli articoli a firma del Nostro consegnati a L’Unione Sarda. Pubblicati nella rubrica “Nel mondo dei libri”, per lunghi anni curata da Gianni Filippini e passata poi, con la responsabilità complessiva del settore culturale del giornale, ad Alberto Rodriguez.

1970

17 ottobre                   Il poeta Poerio esce dall’ombra

31 ottobre                  L’arma dei versi contro il sistema: “Elegie” di Properzio

14 novembre              Sul tormentato confine tra vita e letteratura: Rilettura di Alfredo Oriani

29 novembre              Capuana oltre il verismo: Ripubblicato “Il marchese di Roccaverdina”

12 dicembre               Non si insegna l’abbicì ad uno che è affamato: La “rivoluzione” sognata da Nievo

1971

9 gennaio                    Tante lezioni di vita illuminate di saggezza: Il “Trecentonovelle” di Sacchetti

16 gennaio                  Ha cantato lo sfogliarsi autunnale della vecchia civiltà umanistica: Le “Opere scelte” di Alfredo Panzini a cura di Goffredo Bellonci

30 gennaio                  Un umanista a Goa: Opere di Sassetti

13 febbraio                 Scrittori fra nazione e regione sottratti al silenzio del tempo: un’antologia di narratori meridionali dell’800

27 febbraio                 I sentimenti umani sotto ghiaccio e sale: “Le lettere” di Alessandro Manzoni

13 marzo                    Un esame di coscienza con pulizia intellettuale: letteratura italiana di Muscetta

27 marzo                    La voce dei classici chiede di poter giungere ai giovani: nuove edizioni per l’Ariosto e il Tasso

10 aprile                     Quasi una riscoperta del teatro goldoniano: i capolavori in quattro volumi

24 aprile                     I saporiti ingredienti del feuilleton: racconti brevi e romanzi di Nicola Misasi

15 maggio                  Nordisti letterari del secolo scorso: un’antologia di Portinari

29 maggio                  Una bella donna ferisce a morte: “Una questione privata”

12 giugno                    I lettori rifiutano i critici ermetici: sei libri esemplari

26 giugno                    Pascoli trasformato in coltivatore diretto: un saggio di Sanguineti sui “Poemetti”

2 ottobre                     Testimone della confitta dello “spirito europeo”: il saggio di Maxia su Svevo

16 ottobre                   Giovenale accompagnato sulla strada dei poeti: “Le satire” nella versione di Ceronetti

6 novembre                Il Machiavelli prima maniera

20 novembre              Tutti i feticci messi da parte: secondo volume della “Letteratura italiana” di Muscetta

4 dicembre                 Anarchia di un individualista senza angustie da provinciale; due raccolte di scritti di G.P. Lucini

18 dicembre               Manzoni e l’uomo Moravia sotto l’occhio della critica: saggi tra i più significativi dell’anno

1972

8 gennaio                    Una sanguigna umanità rivelata con il dialetto: Edizione accresciuta delle “Poesie” del Porta

22 gennaio                  Poesia lontana due millenni che ritrova la sua validità: Le “Satire” di Persio in una nuova versione

5 febbraio                   Il centenario di un testamento con un’eredità per ognuno di noi: La “Storia” del De Sanctis al traguardo del secolo

19 febbraio                 Livio e i sardi: I romani nell’Isola

4 marzo                      Sgomento per i vali caduti dal corpo di troppe romane: Tradotte le “Poesie” di Catullo

18 marzo                    Commedie curate dalla Abba come “sue” creature viventi: Pirandello riproposto dall’attrice

15 aprile                     Milano e la Sardegna: I saggi di Carlo Cattaneo

22 aprile                     Grandezza e miseria di Benvenuto Cellini: Le “Opere” pubblicate dalla Utet

6 maggio                    Tragici piaceri notturni con sardi di altri tempi: In due volumi le “novelle” di Giovanni Sercambi

20 maggio                  Tre ottime occasioni per riaprire un discorso: Boito, De Marchi e Oriani

3 giugno                      Due professori alla riscossa: Opere di Guerrini e Giardini sulla scuola

17 giugno                    Tre nomi come esempi del ribollente ottocento: Tarchetti Arrighi e Calandra

21 ottobre                   Invenzioni di un poeta con il teatro nel sangue: Goldoni e le sue commedie

28 ottobre                   Senza alibi chi non legge le opere dei veri poeti: Poesia e grande pubblico

11 novembre              Avventure dell’anima: “Idilli” di Francesco Zedda

18 novembre              La morte di un testimone gigante della letteratura: Cinquant’anni fa si spegneva Proust

9 dicembre                 Monaldo innamorato della vita provinciale: Opere del padre di Leopardi

23 dicembre               I mondi segreti degli scrittori: Gli scritti di Cecchi sulla letteratura italiana

(nella pagina generalista)

23 settembre              Dialogo a distanza: Lettura parallela di Lukacs e Gramsci

1973

6 gennaio                    Prime occhiate sull’Europa: “Opere scelte di Baretti” curate da Maier

27 gennaio                  Nel rilancio della critica un’alternativa alla stasi: Bilancio di un anno letterario

10 febbraio                 L’epopea di un sardo prima corsaro e poi re: Un’opera di Luigi Pinelli

24 febbraio                 Solo un pizzico di follia può battere la banalità: Nuova edizione del “Don Chisciotte”

10 marzo                    Sotto una nuova luce le vicende letterarie: La “Storia” del Salinari

24 marzo                    Uno scrittore profeta nella giungla sociale: I racconti di Jack London

7 aprile                       Stimoli alle scoperte con proposte di lettura: L’antologia di Nicola Tanda

21 aprile                     Plauto creditore della letteratura

5 maggio                    Battaglia democratica per una scuola nuova: Ipotesi di riforma di Biasini

19 maggio                  Minoranze come colonie nel cuore di una nazione: Un interessante studio di Sergio Salvi

2 giugno                      Uomini diversi: L’opera di Maraini

16 giugno                    Gli animali più feroci sono forse gli uomini: Un libro di Alfredo Todisco

30 giugno                    Un grande patrimonio che non vede il sole: “Guida alla speleologia”

21 luglio                      Un reportage sottratto all’idillio degli esteti: Guida alla natura della Sardegna

28 luglio                      Polemica fra presente e futuro sulle incognite dell’umanità: “Verso un equilibrio totale”

11 agosto                    Gli italiani non hanno una coscienza sanitaria: “Medicina e politica” di Berlinguer

26 agosto                    Gli ultimi “paradisi” dei cacciatori europei: “Itinerari venatori” di Santini

6 ottobre                     Solitudine del Manzoni

13 ottobre                   Forse anche Gadda ha sognato un golpe: “Il gran lombardo”

27 ottobre                   Giacosa e il suo teatro rivisti con malumore: In un saggio della Barsotti

10 novembre              Alfieri forse è vittima di un consumato cliché: Ripubblicate le tragedie

24 novembre              Non è mutato nei secoli il destino degli Ulissi: Ripubblicata l’opera di Joyce

1974

12 gennaio                  Un Bassani da leggere con attenzione diversa: significativo “ritorno”

26 gennaio                  Uno studioso ha saputo dipingere con la parola: “Da Cimabue a Morandi” di Longhi

16 febbraio                 Lettere raffinate del primo arcade: le opere di Plinio

23 febbraio                 Nell’Italia di duecento anni fa per capire molte cose di oggi: il “Viaggio” di Charles de Brosses

16 marzo                    Un’idea rivoluzionaria entrata nella leggenda: “Vita e morte di Trotskij”

23 marzo                    Le Avventure della ragione

6 aprile                       Anche il nostro passato può avere un avvenire: “Cagliari per immagini” di Lai

20 aprile                     Molti ingiusti silenzi sulle voci dell’Isola: Dizionario critico della letteratura

4 maggio                    Sotto i colpi dei nuovi vandali: Libro-denuncia di Bianchi Bandinelli

25 maggio                  Le molte geometrie di Giorgio Bassani: Il volume “Epitaffio”

15 giugno                    Quasi una riscoperta per Lussu e per Dessì: Saggi di Salvestroni e Toscani

29 giugno                    “Storie” di intellettuali come esami di coscienza: Saggi di Garin e Carpi

13 luglio                      Otto peccati capitali della nostra civiltà: Un saggio di Konrad Lorenz

14 settembre              Profondo entroterra di grandi creazioni: “Meditazione milanese” di Gadda

21 settembre              Verifica di un mito nato nell’Ottocento: “Antologia” di Prampolini

12 ottobre                   Uno scrittore esaltato dall’istinto di vivere: Altre pagine di Renato Serra

7 novembre                La Sardegna liberale vista dall’altra parte: Saggio di Girolamo Sotgiu sulle lotte sociali

7 dicembre                 Disegno della sardità tratto dalla coscienza: Un libro di Manlio Brigaglia pubblicato da De Agostini

18 dicembre               La letteratura sentita come un atto di fede: “L’immaginazione coltivata” di Frye

(nella pagina generalista)

3 gennaio                    Reportage sul ‘98

3 gennaio                    La scomparsa di un amico: ricordo di Giovanni Pepitoni

18 agosto                    Il saltimbanco dell’anima: è morto a Roma Aldo Palazzeschi

1° settembre               Il peota sfortunato: Ariosto nel quinto centenario della nascita

6 ottobre                     Il lungo cammino dell’autonomia: Alberto Boscolo, Manlio Brigaglia, Lorenzo Del Piano hanno raccolto in un libro una proposta di rilettura degli ultimi 170 anni di storia sarda

16 ottobre                   S. Tommaso e Umberto Eco: l’opera di San Tommaso d’Aquino ancora attuale per nuove battaglie civili

20 ottobre                   L’ultima raffica del futurismo: Marinetti in Sardegna – I

24 ottobre                   Gli ultimi versi in libertà: Marinetti in Sardegna – II

27 ottobre                   Avanguardia e poesia nella Cagliari degli anni ’30: Marinetti in Sardegna – III

3 novembre                Nicola Valle e Marinetti

21 novembre              Il lusso della ingiustizia: riflessione critica su un fenomeno che offende la coscienza sociale dei popoli

29 novembre              Dalla parte del popolo: arte e impegno sociale nella lirica di Sebastiano Satta

27 dicembre               Viaggio nella magia: una stimolante ricerca di Giordani e Locatelli sul mondo fantastico delle pratiche esoteriche

1975

18 gennaio                  Alla ricerca di una verità tra le pieghe del tempo: Scienziati e narratori fanno il punto sull’uomo

25 gennaio                  Due lontani antenati dell’attuale narrativa: “Novelle” di Bandello e “Opere” di Grazzini

15 febbraio                 L’intramontabile ricerca di farmaci per l’anima: “Opere” di Epicuro nei “Classici della filosofia”

8 marzo                      Condannato a morte il famigerato manuale: libri nuovi per una scuola veramente nuova

22 marzo                    Alla ribalta i libri che piacevano a Serra: Rinnovata attualità di molti classici

5 aprile                       L’ecologia non può limitarsi al banale dettato di una moda: Guide e moniti per una consapevole difesa della natura

12 aprile                     Il Paese vuol riconoscersi anche quando è in caserma: “Forze armate e democrazia”, un saggio di Rodolfo Guiscardo

19 aprile                     La letteratura a confronto con i racconti per immagini: Una collana dedicata ai maggiori registi del cinema

3 maggio                    Eroica bellezza delle sudate carte: Publio Terenzio Varrone, un erudito che ha lasciato il segno

17 maggio                  Il ruolo degli italiani nella civiltà scientifica: Una raccolta di saggi di Giovanni Berlinguer

24 maggio                  Un libro quasi bello nell’età del silenzio: Riproposto il “Novellino”

31 maggio                  I boschi aspettano l’estate per fare dell’Italia un falò: “La distruzione della natura”, un libro-denuncia di Antonio Cederna

14 giugno                    Quell’eterna speranza del paradiso in terra: Reprint laterziano dei Trattati d’amore del ‘500”

21 giugno                    Quattro anni-chiave della nostra democrazia: “Storia del dopoguerra” di Antonio Gambino

5 luglio                        Un aggancio europeo per la crisi attuale: “Dal bipartitismo imperfetto alla possibile alternativa”

19 luglio                      Il canone dell’umiltà che disarma la superbia. Il suo “pianissimo”: Marino Moretti ha compiuto novant’anni

26 luglio                      Neanche quando si va alla guerra si coglie il premio del privilegio: Saggio di Raffaele Puddu su eserciti e monarchie nazionali

6 settembre                Cagliari interpretata con amore e con rabbia: in un libro di Rinaldo Botticini

13 settembre              Le spalle voltate ai canoni superati: ambiguità tra male e bene in “Delta di Venere” di Zanotto

27 settembre              Ma Moravia è davvero dalla parte delle donne?: un libro-inchiesta di Carla Ravaioli

4 ottobre                     Il pensiero di un filosofo liberato da molte falsità: lo studio di Hexter sull’utopia di Tommaso Moro

18 ottobre                   Anche “La Voce” fuori dal mito: un saggio di Umberto Carpi

25 ottobre                   L’aria e i colori della provincia nel colonialismo all’italiana: un saggio con molti documenti di Giovanni Bosco Naitza

(nella pagina generalista)

7 gennaio                    Il Cristo sul confine: l’arte di Carlo Levi

5 febbraio                   Passione della libertà: le memorie di Victor Serge rivoluzionario all’opposizione

19 febbraio                 Una storia popolare: primato di vendite e polemiche fra i critici per il libro di Elsa Morante, vediamo perché

26 febbraio                 Il mistero di Micol: i grandi scrittori italiani e stranieri del Novecento, Giorgio Bassani

7 marzo                      Scrittore in trincea: la lezione di Lussu letterato

11 marzo                    Ariosto visto e ascoltato: L’ “Orlando furioso” alla Tv

28 marzo                    Il vento del nord: i grandi scrittori italiani e stranieri del novecento, Elio Vittorini

15 aprile                     Libertà della cultura e crescita politica: rapporti tra Stato e Regione, questione sarda, rilancio ideale della battaglia autonomistica nel convegno regionale del PCI

27 aprile                     Nel segno di Freud: i grandi scrittori italiani e stranieri del Novecento, Alberto Moravia

13 maggio                  Gli anni di “Riscossa”: i giornali sardi dopo il fascismo

28 maggio                  La pazienza nel deserto: i grandi scrittori italiani e stranieri del Novecento, Eugenio Montale

29 giugno                    Ascesa e caduta della borghesia europea: Cent’anni fa nasceva Thomas Mann

20 luglio                      Una vita di opposizione: i grandi scrittori italiani e stranieri del Novecento, Ignazio Silone

29 luglio                      Non vestiva alla marinara: ristampati i primi due libri di Maria Giacobbe. Il tempo non ne ha scalfito la bellezza e la validità

9 agosto                      L’avventura del “Mondo”: dagli anni della guerra fredda, sino alla vigilia della crisi del centro-sinistra la storia di un giornale a cui si devono alcune tra le più importanti battaglie civili del nostro paese

21 agosto                    Una “Rivoluzione” mancata: nel febbraio del 1945 i liberali sardi danno vita ad un settimanale diretto da Francesco Cocco Ortu. Ripercorriamo il cammino del giornale attraverso l’antologia pubblicata dalla Editrice democratica sarda – I

22 agosto                    Il salto nel buio: l’itinerario ideologico di “Rivoluzione Liberale” all’indomani della fine della guerra – II

24 agosto                    La rivolta dei galantuomini: itinerario politico della rivista dei liberali sardi nel dopoguerra – III

27 agosto                    La scoperta dell’America: Paese, Vittorini e Giaime Pintor; Verrà la morte e avrà i tuoi occhi: l’avventura dolente di uno scrittore (entrambi sotto il maggior titolo: I grandi scrittori italiani e stranieri, Cesare Pavese)

31 agosto                    Un autore al microscopio: dibattito ad Alghero nel libro di Gavino Ledda

18 settembre              Scandalo e verità; Il poeta radicale (entrambi sotto il maggior titolo: i grandi scrittori italiani e stranieri, Pier Paolo Pasolini)

7 ottobre                     Cultura e industria per il Terzo Mondo: un convegno del Centro internazionale “Pio Manzù”

12 ottobre                   L’avventura del “Politecnico”: trent’anni fa usciva il primo numero di una rivista diretta da Elio Vittorini, che ebbe una importanza fondamentale per la cultura italiana. In questi giorni esce in libreria una splendida ristampa anastatica del giornale. Proviamo a rileggerlo insieme

24 ottobre                   Un poeta universale: l’assegnazione del Nobel per la letteratura ad Eugenio Montale premia l’impegno dello scrittore sia sul piano artistico che su quello civile

2 novembre                Immagine segreta della libertà: una biografia tra impegno civile e ricerca; Un destino in movimento: le opere ed il loro rapporto con la Sardegna (entrambi sotto il maggior titolo: I grandi scrittori italiani e stranieri, Giuseppe Dessì. Dentro il paese delle ombre)

5 novembre                Pasolini il radicale (sotto il maggior titolo della pagina Violenza e poesia)

3 dicembre                 Un occhio critico sulla realtà: i grandi scrittori italiani e stranieri, Guido Piovene

18 dicembre               Una carriera di poeta: i grandi scrittori italiani e stranieri, Rainer Maria Rilke;

Giaime Pintor, Come si traduce la lirica di Rilke

21 dicembre               La poesia del Decamerone: il 21 dicembre 1375 moriva a Firenze Giovanni Boccaccio

31 dicembre               Premiata Società Ginnastica Arborea: settantacinque anni fa nasceva a Cagliari un sodalizio al quale è legata buona parte della storia sportiva della città

(nella pagina della donna)

13 giugno                    Natascia all’attacco: il cammino dell’emancipazione femminile in Russia

25 luglio                      Il lavoro a domicilio: una legge passata inosservata

1° agosto                     Viaggio attraverso il matrimonio: interessante analisi di un’istituzione in crisi

8 agosto                      A tavola con i sardi: in cucina per capire la società agro-pastorale

(nella prima pagina  de L’Informatore del lunedì)

3 novembre                [Assassinato a Ostia Pier Paolo Pasolini] Testimone del tempo

 

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