Il Silvio, The Donald e i paragoni sbagliati, di Beppe Severgnini

Negli Usa Berlusconi viene accostato regolarmente a Donald Trump. Per alcuni è una premonizione non ascoltata; per molti, lo specchio europeo dell’inquilino della Casa Bianca. Noi sappiamo che non è così.

 

A l termine di un bel viaggio americano (Boston, Chicago, New York) ho capito una cosa: quando cerchiamo di capire i Paesi lontani, restiamo tutti, inevitabilmente, indietro. Le cose cambiano tanto in fretta che ci ritroviamo a ragionare sul passato prossimo, credendo sia presente progressivo.

Gli Usa stanno metabolizzando perfino un presidente come Donald Trump. Da lontano faticavo a capire, da qui è chiaro: le piccole regole che ritmano la vita americana hanno digerito la grande eccezione. Il trauma rimane, anche perché l’uomo ne inventa una al giorno: un’altra epurazione ministeriale (Tom Price, sanità), litigi su Portorico martoriato, accuse ai giocatori di football NFL che s’inginocchiano per protesta durante l’inno nazionale. Ma l’America va avanti. Non sarà mai più la stessa, questo è ovvio: ma va avanti. La difficoltà di comprensione vale anche nell’altro senso. Nelle università (Harvard e Chicago), con i colleghi giornalisti a New York, con l’editore, con amici e con perfetti sconosciuti in un aeroporto: spesso mi sono ritrovato a ragionare su un’Italia vista nello specchietto retrovisore.

Un caso emblematico: Silvio Berlusconi. Negli Usa viene accostato regolarmente a Donald Trump. Per alcuni è una premonizione non ascoltata; per molti, lo specchio europeo dell’inquilino della Casa Bianca. Noi sappiamo che non è così. È vero: la capacità empatica è simile; la competenza immobiliare e televisiva li accomuna; alcune ossessioni tricologiche e femminili si somigliano; così la difficoltà di capire cos’è un conflitto d’interessi. Ma Silvio Berlusconi è sempre stato un moderato; Donald Trump, un corsaro. Entrambi hanno saputo offrirsi come alternativa provocatoria a un establishment che li trattava come parvenu. Ma tra una vicenda e l’altra sono passati più vent’anni. Berlusconi s’è imposto nel 1994 (e s’è ripetuto nel 2001); Trump è sbucato nel 2015, ha vinto nel 2016 e governa — o almeno ci prova — dal 2017. Il ritorno di Berlusconi oggi non è, come semplifica qualcuno all’estero, la ripetizione di un fenomeno. È un fenomeno nuovo: il Contestatore degli anni ’90 è diventato il Consolatore degli anni ’10. Chi gli chiedeva ribellione, ora da lui cerca rassicurazione. Silvio B. non ha fatto nulla per tornare alla ribalta: è stato resuscitato dall’insipienza degli avversari. Il primo a essere sorpreso, sono convinto, è lui. L’ho spiegato agli americani: chissà se hanno capito.

30 settembre 2017 (modifica il 1 ottobre 2017 | 08:00)

 

 

Condividi su:

    Comments are closed.