La lezione di Cagliari- Metodi e proposte nuove per il mondo del lavoro, di Filippo Santoro

Il cuore del messaggio uscito dalle Settimane sociali celebrate a Cagliari dal 26 al 29 ottobre è stato il senso del lavoro che si identifica con il lavoro degno. Lo hanno sottolineato le parole usate da Papa Francesco nel videomessaggio che ha aperto i lavori: «La dignità del lavoro è la condizione per creare lavoro buono: bisogna perciò difenderla e promuoverla». Abbiamo voluto rifuggire dallo schema “convegnistico” mettendo al centro i volti delle persone che non hanno lavoro, particolarmente i giovani, o che hanno un lavoro precario, illegale come quello offerto dal caporalato, lavoro nero, agromafie ed ecomafie. Ma per non fermarci al momento della denuncia, siamo partiti raccogliendo in tutte le diocesi d’Italia “buone pratiche” attraverso il progetto «Cercatori di LavOro» che ne ha censite oltre quattrocento.

Il secondo elemento fondamentale è stato il metodo sinodale, vissuto a vari livelli: dal cammino preparatorio fatto dal Comitato promotore della Settimana ai lavori svolti in molte diocesi, fino ai giorni spesi insieme a Cagliari da circa mille delegati motivati e desiderosi di dare il proprio contributo. Le Settimane sociali di Cagliari hanno insegnato che la novità di metodo è stata persino più importante dei pur significativi contenuti espressi e delle proposte formulate.

In terzo luogo, da tale rivoluzione di metodo, scandita da un clima di fraterna amicizia e dai registri comunicativi della denuncia, dell’ascolto e delle buone pratiche, si sviluppa quella “conversione culturale” che risponde alle esigenze di un cambiamento d’epoca a cui ci sollecita Papa Francesco. Per l’Italia, cogliere le opportunità di questa nuova fase storica — che può portarci a un modello di sviluppo migliore non più centrato sul consumo ma sul lavoro — costituisce una meta impegnativa, ma ineludibile.

C’è un quarto passo sostanziale che ci suggerisce la lezione di Cagliari: ciò che rende possibile una conversione culturale è una visione e una esperienza nuova di vita. Prima di ogni azione sociale o politica c’è uno spessore ecclesiale di rapporti come luogo in cui la vita è rigenerata nell’appartenenza al mistero di Cristo e della Chiesa. La cultura, l’economia e la politica hanno un prima che dà senso e novità alla vita. Di qui sorge la responsabilità della comunità cristiana, e in particolare dei fedeli laici in campo sociale e politico, come ci sollecitano la grande lezione del Vaticano ii e il quarto capitolo della Evangelii gaudium.

In tutte le diocesi appare dunque necessario rinnovare l’impegno per la pastorale sociale intesa come fonte e mezzo di evangelizzazione e come prospettiva per vivere l’opzione preferenziale per i poveri. Un impegno che deve nascere dalla passione per le questioni sociali, a partire proprio dal tema del lavoro che preoccupa ancora tante persone.

Ciò sarà possibile in primo luogo rafforzando la presenza in ogni diocesi delle commissioni e degli uffici per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la custodia del creato e soprattutto rendendoli nuclei vitali, ovvero punti di riferimento per i tanti cattolici impegnati in politica. In secondo luogo, adottando anche a livello diocesano il metodo di lavoro messo a punto in vista delle settimane sociali. L’obiettivo è quello di rendere più incisiva la presenza nei territori imparando a diventare interlocutori significativi dei soggetti sociali esistenti. Come indicato a Cagliari, una prima pista di lavoro è quella di creare strumenti capaci di favorire la messa in gioco del patrimonio delle generazioni più adulte per sostenere le nuove generazioni nel loro sforzo di creare un nuovo modello di sviluppo.

A livello nazionale si tratta di non disperdere l’energia scaturita dal progetto «Cercatori di LavOro» e di lanciare una nuova fase del progetto Policoro arrivando a mettere in rete le tante buone pratiche esistenti. Più in generale si tratta di dotarsi di strumenti capaci di favorire le sinergie tra i tanti soggetti attivi, non solo di matrice cattolica, in ambito sociale, allo scopo di combattere la frammentazione e rendere più significativa e riconoscibile la presenza di ciò che già esiste.

La bella esperienza delle Settimane sociali dei cattolici italiani a Cagliari ci convince una volta di più che i problemi sociali e i drammi della gente non sono per noi una nicchia da trattare lasciando a tutt’altra logica la struttura portante della società nei suoi elementi culturali, economici e politici. L’asse portante della nostra società non può essere lasciato in mano all’attuale modello di sviluppo.

In tale contesto, sarebbe una grave mancanza vedere assenti o insignificanti i cattolici: dalla fede nasce una passione che è fermento di novità positiva nella società, come è accaduto nella preparazione e nella scrittura della nostra Costituzione che ha visto la partecipazione diretta delle varie tradizioni culturali presenti nel paese. Anche oggi, la rilevanza pubblica dei cattolici deve quindi coordinarsi e svilupparsi sino a incidere sui problemi vitali delle persone e della società, quali il lavoro, la famiglia, la scuola, la difesa della salute, dell’ambiente e dei migranti.

Al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, abbiamo fatto quattro proposte precise. Innanzitutto, «rimettere il lavoro al centro dei processi formativi», recita la prima proposta indirizzata dalla Chiesa italiana al governo, che parte dal presupposto che, «per ridurre ulteriormente e in misura più consistente la disoccupazione giovanile, occorre intervenire con gli incentivi all’assunzione e in modo strutturale rafforzando la filiera formativa professionalizzante nel sistema educativo italiano». In secondo luogo, occorre «canalizzare i risparmi dei pir (piani individuali di risparmio) anche verso le piccole imprese non quotate che rispondano ad alcune caratteristiche di coerenza ambientale e imprese sociali». Strategico, inoltre, il tema degli appalti: «Accentuare il cambio di paradigma del codice dei contratti pubblici potenziando i criteri di sostenibilità ambientale».

La terza proposta chiede di «inserire tra i criteri reputazionali i parametri di responsabilità sociale ambientale e fiscale con certificazione di ente terzo» e «varare un programma di formazione delle amministrazioni sul nuovo codice». L’ultima proposta chiede di «rimodulare le aliquote iva per le imprese che producono rispettando criteri ambientali e sociali minimi, oggettivamente misurabili, a saldo zero per la finanza pubblica, anche per combattere il dumping sociale e ambientale».

Le proposte al presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, sono tre. In primo luogo l’armonizzazione fiscale e l’eliminazione dei “paradisi” fiscali interni. In secondo luogo, provvedere a investimenti infrastrutturali e produttivi (anche privati) con il loro trattamento nelle discipline di bilancio. In terzo luogo, integrare nello statuto della Banca centrale europea il parametro dell’occupazione accanto a quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica economica. Preso atto della buona ricezione da parte del primo ministro e del presidente del Parlamento europeo delle nostre proposte, occorre monitorare il loro stato di avanzamento. Così la Settimana sociale avrà aperto un dialogo con le istituzioni come sviluppo necessario per porre rimedio alla disoccupazione e alle criticità del mondo del lavoro. Non abbiamo nessuna pretesa di risolvere i vari problemi legati a questa complessa realtà, ma a Cagliari si è dato inizio a un percorso nuovo come metodo e come spirito in questo decisivo momento storico.

L’osservatore romano, 4 novembre 2017

 

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