Catalogna, la partita a poker tra Rajoy e Puigdemont
(ansa)
L’ultima mossa del presidente catalano conferma la strategia di entrambi: nessuno dei due vuole prendere la decisione finale sulla crisi, in un gioco di rinvii e accuse reciproche
dal nostro inviato OMERO CIAI
la repubblica 16 ottobre 2017
BARCELLONA - Ogni volta che Rajoy cerca di stringerlo in un angolo, Carles Puigdemont fa un passo al lato e rilancia. Nella Moncloa, sede a Madrid del governo spagnolo, la lettera di risposta consegnata da Barcellona stamattina non è piaciuta affatto ma, ancora una volta, non sarà facile agire con la durezza – sospensione dell’autonomia, scioglimento del parlamento – che Rajoy aveva già previsto nel caso in cui Puigdemont avesse confermato di aver proclamato l’indipendenza della Catalogna mercoledì scorso. Puigdemont “non ha chiarito”, dicono a Madrid, “e per noi equivale a una conferma”.
Vero e non vero allo stesso tempo. In realtà Puigdemont, in questa complicata partita di poker, è andato a vedere se Rajoy bluffa o se ha davvero il coraggio e l’ardire di andare a pagare tutti i costi politici (e sociali) di un intervento pesante, quello che sarebbe inevitabile con l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione. Inabilitare un presidente regionale che chiede “dialogo” (altri due mesi dice nella lettera e un incontro bilaterale) non è la stessa cosa che farlo contro uno che ti sfida e conferma di aver dichiarato unilateralmente l’indipendenza.
Ma è anche vero che dopo tutto quello che è successo finora, il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy, che ha già affermato più volte di non considerare Puigdemont un interlocutore quanto piuttosto “un traditore”, sembra ormai costretto dalle circostanze ad affrontare tutti i costi e lanciarsi alla “riconquista” della Catalogna per evitare guai peggiori.
Infatti, dialogare su cosa? Madrid considera (lo ha detto Rajoy ma soprattutto lo ha detto il re Felipe) che Barcellona ha già rotto la legalità democratica con il referendum illegale del primo ottobre e che questa legalità può essere ristabilita solo in due modi: con una marcia indietro di Puigdemont che accetta la resa o con l’intervento del governo centrale che sospende la Generalitat, nomina un governatore al posto di Puigdemont e si incarica, con Guardia civil e polizia al posto dei Mossos, dell’ordine pubblico.
Scenario complicatissimo che rischia di scatenare proteste di piazza, scioperi, disobbedienza civile generalizzata. E, magari, anche proteste dalla comunità internazionale. Puigdemont sta facendo di tutto per creare l’immagine della Catalogna attaccata ingiustamente da Madrid e Rajoy rischia di finire per offrirgliene le motivazioni.
Altro tema il fronte indipendentista. La strategia di Puigdemont non è condivisa dalla Cup, il movimento di estrema sinistra che appoggia dall’esterno il governo della Generalitat. Loro l’indipendenza l’avrebbero già dichiarata. Se, come hanno annunciato, i dieci deputati della Cup toglieranno l’appoggio a Puigdemont il suo governo cadrà e la soluzione saranno, a breve, nuove elezioni. Naturalmente non sarà la stessa cosa andare al voto con l’autonomia sospesa per l’intervento di Rajoy o andarci in uno scenario apparentemente normale.
la stampa 17/10/2017
FRANCESCO OLIVO
L’indipendentismo catalano non sarebbe quello che è senza le masse che ogni 11 settembre, dal 2012 a oggi, scendono in piazza per chiedere prima il referendum e poi la secessione. E quelle manifestazioni colorate e partecipate (spesso e volentieri si è superato il milione di partecipanti) sono frutto del lavoro intenso e capillare delle associazioni Indipendentiste, come Omnium cultural e l’assemblea nazionale catalana (Anc) i cui leader Jordi Cuixart e Jordi Sánchez (NELLA FOTO IN ALTO) sono stati arrestati ieri a Madrid, con l’accusa di sedizione. Si capirà quindi l’importanza che queste organizzazioni hanno assunto nella parte indipendentista della Catalogna e di conseguenza l’indignazione nel popolo indipendentista che gli arrestati ha suscitato.
Nelle riunioni importanti del governo delle Catalogna, i due Jordi, specie Sánchez. c’erano sempre, persino nelle ore politicamente drammatiche, prima del discorso di Puigdemont in parlamento. Il fiore all’occhiello, anche se per sfuggire alla Giustizia si cerca di negare, è l’organizzazione del referendum del primo ottobre. Il governo catalano subiva ogni giorno colpi importanti da giudici e polizia spagnola, così la logistica è finita in mano anche formalmente alla Anc e Omnium, come spiegare sennò migliaia di urne nascoste alla polizia, senza una rete fissa e ben strutturata? Ecco perché l’arresto dei due Jordi segna una tappa importante in questa vicenda che rischia di non finire mai. Il ruolo di Anc e Omnium, specie nei piccoli centri è stato molto discusso, per alcuni i due gruppi esercitano una pressione sociale molto forte. Ma Cuixart e Sánchez hanno sicuramente dei meriti che tutti riconoscono: le manifestazioni indipendentiste si sono sempre svolte pacificamente. La speranza che l’arresto dei due non faccia cambiare questa caratteristica.