Catalogna, gli indipendentisti sardi volano a Barcellona per il referendum, di Patrizia Baldino

Continua il braccio di ferro tra i due governi. Madrid chiude lo spazio aereo sopra la città, la app per individuare i seggi e il sito per il voto elettronico del governo catalano. La Generalitat denuncerà lo stato spagnolo per “abuso di potere”. Gli indipendentisti occupano i seggi.

Una delegazione dei partiti autonomisti sarà nella capitale catalana per il referendum del primo ottobre. Una vicinanza che dura secoli. Congiu: “Parteciperemo alle manifestazioni”

 

L repubblica 29 settembre 2017

La Catalogna e la Sardegna unite – ancora una volta – dalla voglia di indipendenza. In vista del referendum catalano sulla separazione dalla Spagna, una delegazione di indipendentisti sardi volerà a Barcellona per vigilare sulle votazioni. I membri del gruppo saranno accolti al Palau de la Generalitat, la sede del governo regionale, come “osservatori internazionali”.

Un ruolo già ricoperto in passato, durante i precedenti tentativi della Catalogna di ottenere l’indipendentismo nel 2010 e nel 2014, quando le votazioni sul referendum vennero bocciate da Madrid e dichiarate illegali. Come allora, i sardi vogliono manifestare vicinanza al popolo catalano e alla possibilità, giudicata fondamentale e totalmente legittima, di autogovernarsi. Il 21 settembre, infatti, il Parlamento sardo ha approvato un testo di solidarietà al governo di Barcellona, condannando la reazione repressiva della Spagna.

Molti degli osservatori internazionali appartengono al Partito dei Sardi, nato nel 2013, che si batte per la separazione dell’isola dall’Italia. “Saremo in Catalogna – ha sottolineato Gianfranco Congiu, Capogruppo del partito – e parteciperemo alle manifestazioni. Vogliamo seguire la vicenda, facendo tesoro di questa esperienza”.

Due regioni, lo stesso passato La presenza degli indipendentisti sardi a Barcellona era quasi scontata, e non solo per le ambizioni separatiste. I due territori hanno molto in comune, a cominciare dall’annessione alla Spagna. La Catalogna si unì all’Aragona nel Medioevo, e fu teatro di varie battaglie quando i Mori arrivarono nella penisola iberica, che ha ancora adesso degli aspetti “orientali”. Anche la Sardegna visse un lungo periodo – ben quattro secoli – di dominazione spagnola, conservando tuttora delle tradizioni e delle parole che si rifanno alla sua cultura. E l’emblema di questo rapporto è sicuramente Alghero, la città del nordovest dell’isola dove il 25% dei residenti parla catalano e che ha come soprannome, infatti, quello di “Barcelloneta”. Un luogo amatissimo dal governo di Barcellona che ha promesso, in caso di vittoria al referendum, di donare ai cittadini algheresi la cittadinanza catalana.

Il vento dell’indipendentismo “La voglia di gestirci da soli è nel nostro Dna” afferma Gianfranco Congiu. “L’abbiamo sperimentata secoli fa, quando nell’isola ci governava una donna, Eleonora d’Arborea. E da allora non siamo cambiati, anche se la Catalogna ha espresso questo desiderio in modo più incisivo rispetto a noi, come ha fatto anche, ad esempio, la Scozia”. Eppure anche la Sardegna, negli ultimi anni, ha manifestato in modo più forte la stanchezza verso il governo centrale. Ad oggi il 40% degli abitanti, secondo un sondaggio fatto dalle università di Sassari e di Edimburgo, vorrebbe che l’isola diventasse indipendente.  “Il malessere dei sardi è responsabilità del governo – dichiara Congiu – la nostra dipendenza ci ha sempre fatto soccombere.

Il mio partito sa che la Costituzione non prevede una separazione delle regioni, ma vogliamo, ispirandoci ai catalani, iniziare un processo democratico fatto di dialogo e negoziazione”. E conclude: “L’Europa dei popoli non è l’Europa delle Nazioni”.

 

Catalogna, cresce la tensione. Elettori occupano i seggi: “Se ci bloccate troveremo alternativa”

 

MADRID minaccia, ma Barcellona resiste: “Se i seggi verranno bloccati troveremo alternative per far votare i cittadini”. È stato chiaro il vice prensidente della Generalitat Oriol Junqueras, che questa mattina ha confermato la decisione del governo catalano di chiamare i cittadini alle urne per domenica primo ottobre: il referendum si farà, nonostante il blocco deciso dallo stato spagnolo perché “è la gente che vuole votare“. E infatti gli indipendentisti hanno già occupato alcuni seggi, mentre a migliaia si godono il grande show organizzato dalle forze secessioniste per la chiusura della campagna referendaria.

 

La sfida del governo catalano: ecco l’urna del referendum, DI Francesco Olivo

In tutta la regione pronti 2.300 seggi, ma la Spagna promette: “Non apriranno”

 

 

LA sTAMPA  29/09/2017

INVIATO A BARCELLONA

Alla fine di una conferenza stampa più tecnica che politica, il colpo di scena: le urne. I membri del governo catalano, il vicepresidente Oriolo Junqueras e il “ministro” degli Esteri, Raul Romeva, hanno mostrato quella che è diventata l’icona, temuta o agognata, del referendum indipendentista del primo ottobre. Di per sé l’oggetto non è anomalo, un contenitore di plastica bianco e nero con il simbolo della bandiera catalana (sembra un tupperware, si ironizza sui social), ma il gesto contiene una sfida, perché magistratura e polizia spagnola hanno cercato (e ancora cercano) le urne del referendum proibito con un’enorme insistenza.

Il governo catalano ha mostrato insomma una normalità che non può esserci, visto che la polizia, compresa quella locale, ha l’ordine di non far montare i seggi e di proibire l’apertura di ogni locale pubblico della Catalogna. Eppure «ci saranno 2.315 collegi elettorali in tutto il Paese», spiega il portavoce Jordi Turull, «c’è una riduzione rispetto alle elezioni normali solo dello 0,1%». Le anomalie sono molte, le operazioni e le minacce concrete che arrivano a chiunque partecipi attivamente al voto mettono a rischio la serenità della giornata di domenica (è un eufemismo) e soprattutto la legittimità dei risultati.

Le multe promesse da Madrid (sopra i 100.000 euro) sono tali che fare anche soltanto lo scrutatore diventa un rischio concreto. La Generalitat non ha pubblicato i nomi della giunta elettorale «per proteggere le persone dalla repressione spagnola», ma assicura che si tratta di persone al di sopra di ogni partigianeria. Si vota domenica dalle 9 alle 21. Forse.

 

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