Catalogna, l’Ue sta con Madrid: «Rispettiamo la Costituzione», di Antonella De Gregorio
Secondo giorno di tensioni dopo il blitz della Guardia Civil. Sit in a Palazzo di giustizia e Madrid imbavaglia il web. Vicepresidente: «Referendum più complicato». Il corriere della sera, 21 settembre 2017 ,
La Ue ha preso posizione nello scontro fra il governo spagnolo e le autorità di Barcellona sul referendum per l’indipendenza della Catalogna del primo ottobre. La portavoce della Commissione europea ha ribadito che Bruxelles «rispetta l’ordine costituzionale della Spagna come con tutti gli stati membri ed è in seno a questo che tutte queste questioni dovranno o potranno essere affrontate». «Questi affari vengono trattati nel contesto dell’ordine costituzionale di ogni Stato membro», ha poi ribadito. Anche Parigi si schiera «per una Spagna forte e unita». In un appello televisivo, il premier, Mariano Rajoy, è stato categorico: «Il referendum non può essere celebrato, non è mai stato legale o legittimo, ora è una chimera impossibile». E ha messo in guardia il governatore, Carlos Puigdemont: «Non andate avanti. Tornate alla legalità e alla democrazia». Il governo di Rajoy si è opposto al voto argomentando che un referendum sull’indipendenza sarebbe illegale in quanto la Costituzione spagnola non prevede un voto per l’autodeterminazione.
L’organizzazione del referendum si è fatta più complicata dopo il blitz della Guardia Civil a Barcellona e l’arresto, su mandato di un giudice, di 14 alti funzionari catalani, fra cui il braccio destro del vicepresidente catalano Oriol Junqueras, impegnati nell’organizzazione del referendum dichiarato «illegale» da Madrid. «Più complicata», ma va avanti comunque, ha detto giovedì mattina il vicepresidente Junqueras. «È evidente che non potremo votare come sempre, ma con il resto dei miei collaboratori cercheremo di essere responsabili e all’altezza delle circostanze», ha affermato.
Mobilitazioni
Le mobilitazioni intanto proseguono, per il secondo giorno: migliaia di manifestanti si sono concentrati davanti al Palazzo di Giustizia di Barcellona dove sono ancora detenuti 10 dei 14 dirigenti arrestati mercoledì. Nella notte, agenti della polizia sono rimasti «assediati» dai manifestanti nella sede del ministero dell’Economia catalano: 40mila persone, assembrate al palazzo. Il confronto si è allargato anche al Web. La fondazione PuntCat, responsabile dell’assegnazione dei domini Internet catalani «.cat», denuncia su Twitter di aver subito una perquisizione da parte della Guardia Civil per sequestrare i computer della fondazione e oscurare i siti Internet che promuovono il referendum. Pep Masoliver, direttore tecnico della fondazione PuntCat, è stato arrestato mercoledì mattina nella sua abitazione ed è attualmente detenuto con l’accusa di «sedizione», denuncia la fondazione.
La protesta
Diversi i fronti della protesta aperti: dal sit in di fronte al palazzo di Giustizia della Catalogna per chiedere la scarcerazione degli esponenti catalani arrestati, al corteo di studenti che ha occupato la carrettera Diagonal, strada nevralgica della città, all’altezza del palazzo Reale. Non sono mancati momenti di tensione, ma la situazione rimane generalmente tranquilla.
«Se desistete parliamo di soldi»
Sul piano politico, il portavoce del governo di Madrid, Inigo Mendez de Vigo, ha ripetuto che il referendum di autodeterminazione della Catalogna «logisticamente non si celebrerà» e ha ripetuto la posizione del premier Mariano Rajoy: «mano tesa» agli indipendentisti se faranno marcia indietro nel loro progetto, tornando al rispetto della legalità. Il governo ritiene che la consultazione non sia ormai più realizzabile da un punto materiale, reso di fatto impossibile dalle operazioni della polizia. Ma il dialogo potrebbe riaprirsi grazie a una proposta del Psoe, già depositata in Parlamento, che prevede che si lavori alla riforma del modello di autonomia della Catalogna in una commissione parlamentare. Lo hanno riferito fonti del governo a «El Pais», sottolineando che la strade è in salita, ma che lo stesso governo ritiene ormai inevitabile che si cominci a parlare di una riforma del sistema di finanziamento e di altre questioni. Il governo, però, intende rimanere nella sua posizione di assoluta «fermezza democratica a difesa della legalità costituzionale», fino al primo ottobre perché l’obiettivo principale è fermare il referendum.
Libertà e democrazia
Ripetuti tentativi di aprire negoziati fra le due parti su questioni come tasse e investimenti nelle infrastrutture sono però falliti negli ultimi cinque anni. Il governatore della Catalogna, Carles Puigdemont, su Twitter ha scritto: «Non accetteremo un ritorno dei tempi più bui. Il governo catalano è per libertà e democrazia».
Il voto
Secondo i sondaggi più recenti, più del 70 per cento dei sette milioni e mezzo di catalani sono a favore del referendum, il cui esito, però, non è scontato: il 49,4% sarebbe contrario all’indipendenza, il 41,1% a favore. In una consultazione simbolica, tre anni fa, l’80% dei partecipanti votò per l’indipendenza, anche se soltanto 2,3 milioni di elettori su 5,4 aventi diritto si presentarono alle urne.