Come cambia la Spagna senza la Catalogna, di Francesco Olivo

Barcellona tira dritto verso il referendum, Madrid ordina alla polizia di sequestrare le urne. Sale la tensione tra governo e indipendentisti. In gioco c’è l’identità stessa del Paese

la stampa 13/09/2017

 

FRANCESCO OLIVO

La grande manifestazione di lunedì non fa raffreddare il clima. Anzi. Madrid replica con durezza alla sfida alla legalità spagnola portata avanti dalle autorità catalane. Ieri è stata dichiarata sospesa dal tribunale costituzionale la legge di transitorietà che la Generalitat intende applicare in caso di vittoria del sì nel referendum indipendentista dell’1 ottobre. Sulla consultazione considerata illegale si concentrano gli sforzi spagnoli. Ieri alla polizia catalana, i Mossos, è stato rinnovato con forza l’ordine: «Dovete cercare e sequestrare le urne».

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REUTERS

 

TURISMO

Rambla e Costa Brava motori della ripresa

Il turismo è stato il motore della ripresa economica spagnola. I numeri da record non sarebbero stati possibili senza l’apporto della Catalogna, di gran lunga prima destinazione per i visitatori stranieri. Nel 2016 sono stati 18 milioni i turisti, soprattutto tra Barcellona e Costa Brava, su un totale di 75 che hanno viaggiato in Spagna. Ma nell’era di Airbnb e del turismo fai-da-te è difficile dare cifre esatte, tanto che qualcuno ritiene che Barcellona abbia ricevuto nell’ultimo anno 30 milioni di persone dall’estero. Ma per gli indipendentisti c’è un problema: tanti visitatori la considerano una città pienamente spagnola.

 

POLITICA

Nazionalisti influenti sul governo spagnolo

La politica catalana, anche in tempi meno conflittuali di questi, si è sempre voluta distinguere da quella spagnola. Partiti diversi, logiche differenti e dinamiche che poco hanno a che vedere con Madrid. Basti considerare che i due principali partiti spagnoli, il Pp e il Psoe, rappresentano la settima e la sesta forza politica in Catalogna per numero di voti. Ciò nonostante, nella storia, i contatti e l’influenza reciproca della politica tra Madrid e Barcellona è stata molta. I governi, di destra e sinistra, hanno contato spesso sull’appoggio diretto o indiretto dei nazionalisti.

 

CULTURA

Picasso, Dalì, Gaudì e i simboli dell’arte

Senza la Catalogna, la Spagna perderebbe una grande fetta della sua cultura. Quello più venduto dai tour operator è sicuramente il percorso sul modernismo che a Barcellona e dintorni ha vissuto la sua apoteosi. Lo schivo Gaudì è diventato un simbolo, la Sagrada Familia, i viali dell’Eixample e gli edifici del Passeig de Gracia sono ben più che una cartolina. La biografia di un altro grande, Picasso, nato a Malaga e formatosi a Barcellona, racconta di un legame culturale inestricabile. Altro artista che ha fatto la spola tra Catalogna e Madrid è Salvador Dalì, che viveva in Costa Brava, ma non disdegnava affatto la capitale spagnola.

 

SPORT

Non si può separare Barça e Real Madrid

Se in pochi immaginano concretamente una Spagna senza Catalogna, nessuno davvero immagina una Liga senza il Barça. Il sistema calcio, e non solo quello spagnolo, è fondato sul dualismo Barcellona-Real Madrid, una rivalità autentica che sfocia (almeno) due volte l’anno nel «clasico», un prodotto molto venduto nel mondo. Così, la minaccia che ha più impatto sui catalani che aspirano allo Stato indipendente è quella di cacciare i blaugrana dal campionato. Niente di concreto per il momento, ma nel dubbio l’avvertimento è stato rilanciato nei giorni scorsi dal presidente della Liga, Javier Tebas, mentre due anni fa arrivò la proposta provocatoria dell’allora premier francese Manuel Valls (di padre catalano): «Il Barcellona venga a giocare nel nostro campionato». Se qualcosa può frenare gli spiriti più nazionalisti, il calcio è l’argomento giusto.

 

ECONOMIA

Tra banche e moda produce il 19% del Pil

Economisti e politici concordano: se la Catalogna diventasse indipendente, passerebbe alcuni anni di recessione. Ma effetti molto pesanti si sentirebbero anche in Spagna. La regione pesa per 200 miliardi di Pil, producendo circa il 19% della ricchezza spagnola. Capitolo delicato quello delle infrastrutture: Barcellona è uno dei porti più importanti d’Europa, dove passano in entrata e in uscita gran parte dei commerci. In Catalogna hanno sede molte delle grandi imprese spagnole, dalle banche (la Caixa e Sabadell), all’abbigliamento (Mango e Desigual), alle autostrade (Abertis), l’alimentare e l’editoria (Planeta). Cosa farebbero in uno scenario diverso? Tra gli imprenditori si percepisce inquietudine. Gli indipendentisti ripetono: alla Spagna non conviene mettersi contro una futura repubblica catalana, troppi interessi comuni per farci guerra. Ma la tesi sembra ottimistica.

 

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