Colombia, tra i sacerdoti col fucile che credevano nella rivoluzione, di Fabio Bozzato.
Il Papa è a Bogotà. Firmato lo storico cessate il fuoco tra il governo e l’Esercito di Liberazione.
Erano giovani di classe media ma capaci, come nessun altro, di parlare ai campesinos. Erano innamorati della Cuba castrista, eppure allergici al dogmatismo sovietico. Erano anche preti, frati e suore, arruolatisi a centinaia. L’Eln, l’Esercito di Liberazione Nazionale, fin dal 1964 è qualcosa di unico in Sudamerica. Non a caso è l’ultima guerriglia a resistere. E non a caso è così difficile negoziare coi suoi comandanti, come sta facendo da mesi lo Stato colombiano a Quito, in Ecuador.
È di tre giorni fa l’annuncio tanto atteso: dal 1 ottobre scatterà il cessate il fuoco bilaterale. Per la prima volta ci sarà una vera tregua, seppur temporanea di tre mesi: niente più attacchi, sequestri e reclutamenti. Niente è casuale nel paese di Macondo. Neppure che l’accordo avvenga in occasione dell’arrivo del Papa.
La storia dell’Eln e quella della Chiesa si incrociano così tanto che qualcuno l’ha definito un «convento armado». La teologia della liberazione qui ha raccolto come da nessun’altra parte.
«Negli anni in cui facevo parte del comando generale c’erano più di 500 religiosi solo nella struttura interna e centinaia nelle organizzazioni civili», ci racconta León Valencia Agudelo. Politologo, presidente della Fondazione Paz y Reconciliación, fondatore del giornale digitale Las2orillas, Valencia era un attivista studentesco quando è stato convinto a unirsi all’Eln proprio da un prete, don Ignacio Betancur. Fuori dalla clandestinità dal 1993, oggi è una delle voci più autorevoli della società civile colombiana.
A un anno dalla firma della pace con le Farc, papa Francesco arriva in Colombia per canonizzare due religiosi-simbolo. Il primo è Pedro María Ramirez, un parroco ucciso nel 1948, nel fuoco d’inizio della feroce «violencia» tra conservatori e liberali dopo l’assassinio del presidente Jorge Eliecer Gaitán. Fu il battesimo di un conflitto lungo fino ai giorni nostri.
Il secondo a salire agli altari è monsignor Jesús Emilio Jaramillo, vescovo di Arauca: un assassinio firmato nel 1989 proprio da un fronte dell’Eln, il «Domingo Laín», nome peraltro di un prete-guerrigliero. «Eravamo saltati in un abisso da dove sarebbe stato difficile uscire», ricorda León Valencia. I capi dell’Eln se ne assunsero la responsabilità pur sapendo che era un gesto vile: «Non volevo credere che una forza guerrigliera che contava tra le sue fila centinaia di preti, suore e laici vacillasse nel momento di condannare il sacrificio di un pastore della Chiesa». La decisione di lasciare l’Eln, per Valencia, cominciò anche da lì.
Sacerdote è stato pure il più famoso degli «elenos» (i miliziani dell’Eln), Camilo Torres, nato nel 1929 e ucciso in combattimento nel 1966. Tutt’ora il suo nome è rispettato in tutto il Paese, anche dai più acerrimi nemici. Per lunghi anni, un altro prete, Manuel Pérez, ha guidato militarmente la guerriglia finanziandola coi sequestri, ricattando le compagnie petrolifere, facendo saltare oleodotti e piattaforme. Suora era la sua compagna, Monica.
Si dice che l’Eln conti attorno ai 2 mila miliziani. Ma la sua forza sono gli attivisti nelle campagne e nelle città, nei gruppi sindacali, di quartiere e di parrocchia. «Quanti sono gli elenos? Potrebbero essere ventimila», sorride Olimpo Cardenas, che dirige il giornale Periferia, di chiara simpatia Eln: «Per questo a Quito al primo punto c’è il ruolo della società civile – ci racconta –. Alla “mesa social”, il tavolo delle questioni sociali, ci sono portavoce di 83 organizzazioni. Potremmo dire che noi a Quito stiamo al tavolo dei negoziatori senza starci».
Alto e basso nell’Eln si sono sempre toccati. «Camilo Torres era un sacerdote della élite di questo Paese – spiega León Valencia -. Il suo sigillo religioso continua a pesare su questa guerriglia».
Anche Leonor Esguerra Rojas era destinata a una vita molto agiata, ma nel 1949 preferì unirsi alle suore del Sacro Cuore a New York. Per decenni diresse i prestigiosi collegi Marymount riservati alle ragazze bene di Bogotà e Medellin. All’Eln si avvicinò sull’onda del Concilio e dei sussulti del ’68. Nella sua autobiografia, «La búsqueda», lo racconta ormai anziana e già uscita da tempo dalla guerriglia. Da madre Maria del Consuelo era diventata la compagna Socorro, da irreprensibile direttrice un’attivista in armi e pure amante di Fabio Vásquez, il comandante dell’Eln poi espulso e fuggito a Cuba.
Bergoglio conosce ogni sfumatura dell’idiosincrasia latinoamericana. E non resterà sorpreso. Di sicuro la sua visita alla patria del «convento armado» non sarà fredda come quella di Paolo VI, che nel 1968 a Bogotà aveva lasciato «quel certo sapore amaro», come ricorda Leonor Esguerra, allora suora e di lì a poco guerrigliera.
la stampa 06/09/2017