Fra istituzione e carisma: chierici e laicato, il dinamismo apostolico dei cattolici nella società sarda dell’Otto e Novecento in un nuovo volume miscellaneo di Tonino Cabizzosu, di Gianfranco Murtas

Il libro, elegante e ben corposo con le sue 500 pagine, è veramente fresco di stampa, viene diffuso proprio in questi giorni fra le librerie e nelle pubbliche biblioteche. S’intitola, al pari dei tre che, nella stessa collana e secondo la stessa intenzione musiva, l’hanno preceduto nel 1999, 2004 e 2009, Ricerche socio-religiose sulla Chiesa sarda tra ’800 e ’900. Raccoglie, di Tonino Cabizzosu, articolati in due sezioni (Studi sulla storia religiosa e civile della Sardegna e Figure carismatiche), i testi di contributi scientifici già apparsi (o sparsi) in diverse riviste, di interventi usciti in opere collettanee, di conferenze tenute nelle occasioni più varie. Gli esiti, insomma, di un lavoro di ricerca e scrittura sviluppatosi lungo un ulteriore settennio, fino al 2010. A tutto si aggiungono i risultati di nuove ricerche d’archivio e s’aggiunge anche – degna conclusione della rassegna – un inedito dedicato ad un amico e maestro comune, amato e indimenticato: Lorenzo Del Piano.

Non proporrò qui una recensione del libro, che ho ancora in lettura. Lo farò più in là, se in grado. Soltanto vorrei adesso anticipare qualche rapido flash sullo spessore contenutistico dell’opera che rimanda, nel concreto, ai filoni di studio preferiti dal Tonino Cabizzosu allievo, alla Gregoriana, negli ormai lontani anni ’80, del caposcuola (con altri capiscuola) padre Giacomo Martina S.J., studioso dunque di storia della Chiesa in un quadro più vasto del suo proprium che, evidentemente, non è (né lo potrebbe essere) però smentito: studioso di una storia inserita, a dirla con altre parole, all’interno delle maggiori coordinate della storia sociale (e perciò anche economica e culturale) fra le quali germina e si compie, tanto più che nelle cattedrali e basiliche,e anche nei sacri monasteri, la storia della salvezza.

Prete-cattedratico e prete-parroco

Se Cabizzosu ha sviluppato la sua ricerca storiografica sulla linea dell’insegnamento dei maggiori – con Martina certamente Gabriele De Rosa e Pietro Borzomati ed a monte di tutti Giuseppe De Luca, ed anche, nonostante la giovane anagrafe, il suo carissimo e compianto Cataldo Naro (che fu pure illuminato arcivescovo di Monreale) – valorizzando il “sentimento” della Chiesa-comunità più ancora di quello della Chiesa-ordinamento o istituzione, credo di poter testimoniare che il dato culturale ed accademico s’è in lui combinato, nel concreto, a quello strettamente ecclesiale, dell’esercizio ministeriale cioè. Non un cattedratico senza avvertita e responsabile consapevolezza delle sue vitali radici (etico-religiose), ma un prete-cattedratico capace nella ferialità di farsi prete-parroco e tale offrirsi alla sua comunità goceanina o, nel maggior respiro, logudorese con i suoi orgogli, le sue virtù, le sue fragilità, la sua pratica sociale ed invenzione letteraria, la sua tradizione materiale, la sua parlata: prete colto ma in cammino col suo popolo, teso e impegnato dalla propria educazione e dalla propria vocazione, prima che alla guida, all’affiancamento, alla condivisione. Così come fu a Cagliari nei lunghi anni della direzione dell’Archivio storico diocesano, quando gli utenti furono molte migliaia, ora giovani impegnati per la tesi, ora specialisti alle prese con nuovi saggi editoriali, ora occasionali appassionati vogliosi di ricostruire secolari alberi genealogici.

Sotto questo profilo, di Cabizzosu va detto questo: che l’energia religiosa e spirituale che ne ricava la sua attività universitaria, così sul fronte della ricerca e della scrittura come su quello della didattica, pare potenziata giusto dalla esperienza maturata in continuum fra la gente, con la gente, prezioso interfaccia sociale e, insieme, comunità d’appartenenza per origini o per elezione.

Forse l’arco temporale di studio da lui prescelto, al tempo dell’avvio dei corsi accademici frequentati nella capitale – l’Otto-Novecento cioè – ha favorito, e ancora favorisce sul piano della resa pubblica (di docente, di oratore, di scrittore), i suoi inoltri, i suoi scavi negli archivi, nelle biblioteche, nelle emeroteche, perché si tratta, in fondo, di un tempo che egli sente come il suo: suo anche nella lunga parte preparatoria a quello che gli è toccato di vivere per davvero, essendo egli figlio, al mio pari, del secondo dopoguerra novecentesco. Perché quello è stato il tempo della economia degli affetti e del lavoro dei suoi, genitori e avi illoraesi – dei Cabizzosu e dei Betti, dei Delogu e dei Cardu cresciuti e moltiplicati all’ombra del campanile di San Gavino martire, quello stesso di don Damiano Filia! –, il tempo degli avanzamenti lenti e delle sedimentazioni necessarie, il tempo delle conquiste faticate e sempre moderate sullo sfondo delle trasformazioni ora politico-civili, ora socio-economiche, ora culturali e religiose. Perché l’Otto-Novecento è stato questo nella provincia periferica, per il vissuto proprio e per quello di rimando, delle memorie interiorizzate nella scuola domestica, questa assolutamente centrale pur nella sua modestia, e come restituite da una magica verticalità regressiva. Era, è stata quella che forse oggi non è più (non c’è più): la pedagogia del racconto, dei riferimenti materiali fra campagna od officina e vicinato e parrocchia, testimoni del passato comunitario donato come un lascito prezioso dalle anziane alle generazioni in arrivo.

La pedagogia del racconto e la meditazione

E acquattati, per riflessiva discrezione, dall’altra riva del fiume questo scorgiamo, forse tutti noi che pur in altro lembo d’Italia e di Sardegna siamo maturati, questo scorgiamo, ancora a distanza e come pare proporcelo un’ideale pellicola che gira nella bobina del proiettore, di quel tempo trascorso e preparatorio del nostro: nella grande storia il buio del legittimismo dopo la rivoluzione napoleonica, poi la stagione delle costituzioni e del liberalismo unitario, i travagli del consolidamento del nuovo sistema istituzionale – l’Italia unita! –, gli sconquassi e i lutti della grande guerra lontana e le pesantezze della dittatura pagana, le altre inimmaginabili angustie portate dalla nuova guerra… Mentre la Chiesa, non comunità educante ma artificiosamente scissa e irreggimentata nelle tradizionali aree discenti e docenti, arranca in permanenza, nelle sue gerarchie autoreferenziali e nei suoi presìdi centrali e locali, ad agganciarsi ai tempi nuovi, alle svolte, alle domande ed alle conquiste di libera e moderna civiltà, lasciando ad infime minoranze ed a singoli l’aureola della controcorrenza e perfino della profezia, prima e dopo il santo 20 Settembre 1870, prima e dopo la Conciliazione clerico-fascista… ai Rosmini ed ai Turoldo, ai Milani, magari ai Buonaiuti. Eppure essa stessa, insieme collante sociale e freno civile, si muove nel tempo se dalle scomuniche comminate a chiunque abbia sostenuto la causa dell’unità – anche a Manzoni senatore del regno? – od a quei funzionari regi che, come a Cagliari, hanno repertoriato le decime si è passati all’alto patronato repubblicano contro i fendenti del terrorismo brigatista, così come oggi al protagonismo sociale della Caritas, attraversando le complessità di un Concilio che, quale che ne sia l’ermeneutica, ha rovesciato di segno il giudizio particolare e generale del Sillabo piino, e convertito le condanne, quella della democrazia e della libertà di stampa e di culto, e perfino, secondo più antica dottrina, quella dei diritti dell’uomo, in caldi sostegni e slanci ecumenici.

E nello specifico della Sardegna? Superata la fase del feudalesimo e quello delle rappresentanze degli Stamenti, rinunciato ai “privilegi” (apparenti) del Regnum Sardiniae, radicatosi pur fra molte contraddizioni il disegno liberal-unitario, l’Isola vive l’ombra e all’ombra della maggior patria: e seppure nella prevalenza degli episcopi e dei capitoli cattedrale così come nella vasta raggera parrocchiale è la reazione il sentimento prevalente, non mancano, come già nella stagione angioiana, i preti in sintonia con la storia, e ve ne sono che benedicono non la guerra fratricida ma il progetto della grande Italia (meglio che le campagne imperialiste del fascismo che verrà) ed amano il tricolore, e il clero gallurese – prima delle minacce saettate dal governo pontificio – sottoscrive la petizione Muzzetto per la rinuncia volontaria, da parte di papa Mastai Ferretti, del potere temporale. Verrà un papa, un grande papa – Paolo VI – centonove anni dopo, a dire che Roma, soltanto Roma poteva mostrare e dimostrare la dignità d’esser la capitale di tanta nazione! Fino all’oggi – se mai questo balzo possa apparire comprensibile – di un pontefice che dichiara la sofferenza non per l’anticlericalismo avversario della Chiesa, ma per il clericalismo zavorra della Chiesa! Ma intanto ancora, nel mezzo delle luci sociali e delle esemplari testimonianze di vita, quanto grigiore conformista nella pratica religiosa, nel dire e fare più devozionale che spirituale, nel sacramentalismo abusato ed infecondo…(neppure tutto sconfitto, a considerare il lefebvrismo carsico che soltanto la miopia paurosa dei vescovi ancora in stallo non scorge), nel giuridicismo antievangelico negatore di funerali religiosi ai martiri della sla, l’insipiente opportunismo censorio (come ancora di recente è stato da parte dei vescovi locali, quello di Cagliari al pari di quello di Oristano, di lato e dopo i disastri dell’episcopato Mani).

Eccolo il chiaroscuro della storia riversata, forse non tutta meditata, dai vecchi, della storia ricevuta ed elaborata dai nuovi presentatisi sulla scena forti, beati loro, di accresciuti strumenti critici. La grazia del tempo – dono di Provvidenza! – illumina le riscoperte ed i riconoscimenti. Non sale in cattedra per giudicare con la scimitarra ideologica delle nuove categorie (invero non tutte poi così nuove, se frequentate dagli anticipatori costretti all’isolamento ed anche perseguitati!), ma per indagare le complessità derivandone limiti perfino scandalosi e però anche luci di maggior getto, probe surroghe a inadempienze pubbliche. E di più: certo anche per offrire, implicitamente, valide piste di presenza nell’oggi, raccogliendo il meglio, indicandolo come segnacolo precursore delle virtuose vicende del tempo nuovo: il tempo nel quale anche lo storico è portatore di responsabilità, coprotagonista cioè – con i suoi libri o le sue lezioni –, non soltanto rigoroso (non direi mai algido) analista od interprete. I mutamenti della Sardegna, nel tempo preparatorio del nostro, e nel nostro stesso, entrano nello studio: lo sviluppo demografico e il suo regresso, lo spopolamento delle zone interne e la polarizzazione urbana, le stagioni dell’emigrazione – autentico salasso nel passaggio di secolo, nel secondo dopoguerra, oggi in nuova forma –, la scolarizzazione di massa e la secolarizzazione del costume,i passaggi dall’economia primaria a quella industriale e poi, con velocità inimmaginabile, al terziario tecnologico e informatico, le riclassificazioni politiche, i sentimenti delle riscoperte appartenenze culturali e le suggestioni identitarie e quelle dell’autodeterminazione variamente declinate…

Il tempo e il sempre, la missione

Tutto è andato, dopo… l’eterna stagione della lentezza, in accelerata successione di quadri sociali e culturali, certo anche nelle contraddizioni, nelle sovrapposizioni, nelle incoerenze. Nel mezzo, in quell’ieri ed in questo oggi, è la Chiesa, sono gli uomini di Chiesa con la missione di sempre: evangelizzare, mettere luce sul moggio, farsi lievito della pasta sociale, nutrito la fraternità.

Lontano da ogni tentazione agiografica od apologetica, Cabizzosu cavalca i due secoli del suo studio, li penetra raccogliendo ora dagli eventi ora dalle esperienze apostoliche e di ministero, gli elementi che consentono sì il focus, ma non soltanto quello: perché, appunto per le regole della sua scuola storiografica, quel che importa pare essere sempre l’ambiente di contesto che la perla – quando perla (umana e valoriale) è – ha accolto, custodito, fecondato. E non soltanto: perché conta anche, o soprattutto, la bontà della ricaduta, il vantaggio moltiplicato, il beneficio popolare che a sua volta è ora puro sollievo, ora esempio contagioso e di propagazione, appunto la virtù missionaria…

Sono riflessioni, queste, che vengono rapide alla mente appena scorrendo, prima ancora di soffermarsi sui vari capitoli, le molte pagine del nuovo libro, i suoi indici (bene ha fatto l’autore a includere, in conclusione, anche quelli degli altri volumi miscellanei). Valgono i titoli dei temi affrontati, esposti nelle due sezioni sopra richiamate.

Sulla Storia religiosa e civile, in primo luogo, eccone la sequenza:

“I beni culturali della Chiesa segni tangibili della Traditio Ecclesiae”, “Breve presentazione di alcuni fondi archivistici conservati nell’Archivio Storico Diocesano di Cagliari”, “Le memorie delle carte tra restauro e falsificazione”, “Villagreca: un caso lodevole ed esemplare”, “Il pontificato romano e la Sardegna”, “Cinque voci per i volumi ‘Le diocesi d’Italia’”, “I santuari: finestre sull’infinito e sulla storia delle genti sarde”, “Le confraternite: solidarietà incarnata nella storia”, “La collazione dei benefici del delegato apostolico Francesco Maria Sisternes de Oblites (1809-1811)”, “Le missioni popolari della Casa della Missione di Cagliari nel primo trentennio del Novecento”, “Un intervento di Pio XI per la Chiesa sarda: la costruzione delle case canoniche (1924-1938)”, “’Se non ho carità non ho niente’. Il dinamismo caritativo della conferenza San G.B. Cottolengo di Quartu S. E.”, “Educazione alla legalità e alla solidarietà tra due concili regionali sardi”.

Gli indici

Nella sezione Figure carismatiche: “Fra Ignazio da Laconi e la città di Cagliari. ‘Al solo suo comparire si ricomponevano le liti, si ridestava la calma, e lo chiamavano tutti “L’angelo della pace’”, “Felice Prinetti: concetto di missione ‘ad gentes’ nel concerto storico-ecclesiale dell’Ottocento, “Felice Prinetti e la comunità di Genoni. ‘Gli uomini della campagna vedevano in lui non il padrone, ma il benefattore, l’uomo della carità’”, “Giovanni Battista Manzella: il concetto di carità nella sua azione missionaria”, “P. Manzella: contesto sociale ed ecclesiale in cui si sviluppò l’azione evangelizzatrice e caritativa in Sardegna”, “Francesco Rossi: modernità e tradizione nell’azione pastorale dell’arcivescovo di Cagliari (1913-1920)”, “Ernesto Maria Piovella: chiesa e società cagliaritana tra due guerra (1920-1949)”, “Fra Nicola da Gesturi: conclusioni secondo convegno di studi”, “Giommaria Farina: pastore d’anime tra Logudoro e Goceano”, “Giuseppe Lepori: scrittura e sensibilità sociale nel suo progetto educativo”, “Lorenzo Del Piano: il ruolo dei cattolici nella sua produzione storiografica”.

Sono testi che, chi frequenta Cabizzosu persona oltreché Cabizzosu studioso e professore, conosce per la massima parte, taluno essendo perfino oggetto di studio condiviso (segnalerei il saggio, arricchito di un apparato di note cospicuo, su monsignor Giuseppe Lepori, a me molto caro pur nelle distanze ecclesiologiche e anche politiche da lui: saggio uscito nel 2010 sul Notiziario Diocesano di Cagliari e, nello stesso anno, in Pastori e intellettuali nella Chiesa sarda del Novecento, Caltanisetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore).

Nella medesima seconda sezione mirata alle biografie un cenno meriterebbero anche gli scritti riferiti al Prinetti ed al Manzella, due personalità d’eccezione del clero religioso isolano fra fine Ottocento e primo Novecento, oblato di Maria Vergine il primo e prete lazzarista il secondo: dico clero religioso distinto ma non distante, anzi! dal clero secolare, se è vero – per dirne qualcuna facile – che Prinetti fu direttore del seminario tridentino di Cagliari e Manzella fu il fondatore del giornale diocesano di Sassari La Libertà. Ai due Cabizzosu dedicò, in anni anche lontani, alcuni libri e varie ristampe: all’oblato, Contemplazione ed azione in Felice Prinetti, nel 1997, e Prinetti un prete giornalista tra i poveri, nel 2005; al vincenziano, Padre Manzella nella storia sociale e religiosa della Sardegna,nel 1991, e Un contemplativo in azione nella Sardegna del primo Novecento, nel 1993. Sicché i testi ora presentati sono un recupero validissimo, necessario anzi, di altre occasioni: per Pinetti due conferenze al centro di Spiritualità N.S. del Rimedio di Donigala Fenughedu, rispettivamente nel 2007 e nel 2010, per Manzella un articolo-saggio uscito in Carità e Missione. Rivista di studi e formazione vincenziane nel 2007 ed una relazione svolta ad un convegno tenutosi a Sassari nello stesso anno per l’80° difondazione dell’istituto Suore del Getsemani.

Ma d’analogo potrebbe dirsi dei profili biografici degli arcivescovi Rossi e Piovella, dei quali il Nostro ha pubblicato, ancora nel 2007 (con Francesco Atzeni) e nel 2008 le lettere pastorali e/o circolari, in una collana preziosa coinvolgente mezzo episcopato sardo del Novecento (quattro le diocesi coinvolte: Cagliari, Iglesias, Oristano ed Ales), che speriamo possa rilanciarsi una volta superata la difficoltà denunciata dalla casa editrice Zonza che ha provocato l’interruzione delle uscite giù programmate.

Aggiungerei ancora, e sempre a volo d’uccello, un riferimento ai due felici interventi sui santi cappuccini di Cagliari: la relazione su Sant’Ignazio da Laconi, nel nostro santuario di Buoncammino, nel 2008, e quella sul beato Nicola da Gesturi, svolta nel medesimo anno. Si tratta, in quest’ultimo caso, di un inedito, poiché gli atti, per la prematura, dolorosa morte di padre Beppe Pireddu, moderatore del convegno, non sono ancora stati pubblicati. Invero sarebbe da dire che Cabizzosu al nostro impagabile fra Nicola ha donato in altra circostanza l’energia del suo sensus ecclesiae e del suo amore ai francescani curando (proprio con padre Pireddu) gli atti di un altro convegno, svoltosi nel 2000, il primo dei due dedicati al “frate Silenzio”: mi riferisco a Nicola da Gesturi e le povertà della società sarda, che contiene anche una egregia, importante relazione su “La Chiesa cagliaritana dal 1920 al 1950”, ricca di dati e note.

Non volevo dilungarmi, mi è scappata la mano. Ma occorrerà tornare in argomento.

 

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