Papa Francesco, 4 anni dopo Che cosa ha cambiato davvero il Papa venuto dalla fine del mondo, di Luigi Acattoli

Resistenze, cambiamenti, giudizi esagerati tra i suoi detrattori (e tra i suoi «fan»): il papato di Bergoglio, il più riformatore tra i pontefici moderni, scatena esaltazioni e contestazioni potenti. Ma nell’anniversario della sua elezione, ecco che cosa è mutato davvero nella Chiesa

Sono passati quattro anni dall’elezione di Francesco e quel «buonasera» continua ad agitare le acque della cattolicità: i pro e i contro si infittiscono, il tifo va oltre i confini della Chiesa e la condanna altrettanto, il Vaticano appare tutto come un cantiere con sopra la scritta «Lavori in corso». L’ingresso nel quinto anno di Pontificato è dunque buono: «Se c’è conflitto c’è vita» dice lo stesso Bergoglio a ogni occasione.

L’autorità per imporre la collegialità

Non si vede ancora la piramide rovesciata che il Papa delle periferie vorrebbe realizzare, pare anzi che l’esercizio dell’autorità petrina (che si richiama cioè a Pietro, il primo tra gli apostoli) sia più forte che mai, ma la sensazione è di trovarsi nel vortice di un mutamento epocale. I difensori a oltranza della governance bergogliana sostengono che nel sistema cattolico certi cambiamenti si possono fare solo d’autorità: anche quelli che dovrebbero portare a una conduzione più collegiale e meno verticale delle responsabilità papali.

La Curia

La riforma della Curia è andata avanti a rilento, in questi anni, e il completamento non si sa quando arriverà: forse nel 2018. Sono state create due «segreterie», una per l’economia e una per la comunicazione, ciascuna delle quali riconduce — dovrebbe ricondurre — a una gestione coordinata di una decina di organismi fino a ieri indipendenti. Vi sono stati un paio d’altri accorpamenti minori e soprattutto è stato sperimentato, pare con buoni risultati, il «Consiglio dei nove cardinali», che ha il compito di aiutare il Papa «nel governo della Chiesa universale».

La famiglia e i migranti

I due Sinodi sulla famiglia (2014 e 2015) hanno fatto immaginare che Francesco voglia dare maggiore forza allo strumento sinodale, ma una riforma dello statuto non è ancora in cantiere. Ha indetto un nuovo Sinodo sui giovani che si terrà nel 2018 e forse in quell’occasione si andrà a qualcosa di nuovo. Le aperture alle famiglie «ferite», con la possibilità d’avere i sacramenti per divorziati risposati che si trovano in situazioni particolari (non possono tornare indietro e sono pentiti di quanto hanno fatto), gli hanno provocato le maggiori critiche. Altre, con apparizioni persino di manifesti anonimi sui muri di Roma all’inizio dello scorso febbraio, se le è attirate con le decisioni prese d’autorità, per esempio sull’Ordine di Malta e sui Francescani dell’Immacolata. Ma anche la sua continua battaglia per i poveri e i migranti l’espone ad attacchi, sia dentro che fuori la Chiesa: per esempio qui da noi da parte della Lega di Salvini, che lo ritiene corresponsabile dell’onda migratoria; e da parte della destra economica mondiale, a partire da quella statunitense, che lo considera «comunista».

Il riformatore più audace

Tutti i Papi sono stati sempre contestati, da dentro e da fuori, da destra e da sinistra. È lo scotto che la Chiesa Cattolica paga con la sua pretesa — unica sul pianeta — di affidare a una sola persona il governo di una realtà mondiale che raccoglie oltre un miliardo di battezzati. Ma se tutti i Papi sono contestati, i Papi riformatori sono contestati due volte: è un convincimento antico che nelle Chiese che non si debba mai cambiare nulla e chi propone mutamenti viene posto comunque sotto accusa. Bergoglio è il riformatore più audace tra i Papi contemporanei.

Infine Francesco è contestato tre volte a motivo della sua libertà di parola, che chiama «parresia», con parola greca che prende dal Nuovo Testamento. Tutti i Papi recenti cercavano di attenuare con il proprio linguaggio il risentimento di quanti non erano d’accordo. Seppure dovevano contraddirli, provavano a farlo con buone parole. Papa Francesco invece non si preoccupa di tenere buoni gli oppositori e — qui è la più sorprendente delle sue novità — persino polemizza con loro, dicendo per esempio che quanti vogliono «tornare indietro» rispetto al Concilio Vaticano II sono «stolti» e «testardi». Si tratta di un atteggiamento spregiudicato che è forse attribuibile alla «libertà di spirito» dei gesuiti, che è famosa; e che agita oppositori e sostenitori oltre l’oggettiva valenza delle singole vicende.

Le drammatizzazioni

Sommando i tre fattori generatori di vive reazioni si ottiene un conflitto tra esaltazione e contestazione che accompagna la narrazione d’ogni giornata papale e che è più forte rispetto a quanto abbiamo conosciuto con tutti i Papi dell’ultimo secolo. Abbondano gli esempi di drammatizzazioni ingenue degli antagonisti, che si esprimono soprattutto nel Web: la rinuncia di Benedetto non fu libera e dunque non è valida, Francesco non è stato eletto nel rispetto delle norme canoniche, non è adeguato al compito al quale è stato chiamato, sta portando la Chiesa alla rovina. I sostenitori tessono, a specchio degli accusatori, lodi altrettanto esagerate, anche queste più nella Rete che nella realtà: Papa Bergoglio ha liberato la Chiesa dalla sindrome della sconfitta storica, ha riportato i fedeli al confessionale, ha già ottenuto una ripresa delle vocazioni, se non fosse ostacolato dalla Curia e dagli episcopati potrebbe fare molto di più.

I cinque cambiamenti (veri)

Liberandolo dalle due ali più chiassose ma poco consistenti, il dibattito su Francesco ha acquisito, in quattro primavere, alcuni punti essenziali condivisi dalla grande maggioranza dei cattolici e degli osservatori: sotto il suo regno c’è una nuova serenità nella Chiesa e nel suo rapporto con l’umanità circostante, si viene affermando un nuovo linguaggio delle guide della Chiesa più vicino alla cultura post-moderna, si registra una minore conflittualità delle comunità cattoliche nazionali con i rispettivi Parlamenti, un loro maggiore impegno sul fronte umanitario ed ecologico.

www.luigiaccattoli.it

Il corriere della sera, 13 marzo 2017

 

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