Appello al sindaco Zedda: l’Archivio storico del Comune (alla MEM) è chiuso da sei mesi. Poco onore per la città già candidata ad essere capitale europea della cultura, di Gianfranco Murtas

 

 

Il rispetto per il popolo consiste nel dirgli sempre la verità».

E’ una frase importante che lessi negli anni della prima formazione, nell’epilogo di Stato e Chiesa in Italia negli ultimi cento anni di Arturo Carlo Jemolo, dono al giovane studente dello stesso grande giurista e storico delle relazioni fra spirituale e temporale nel Risorgimento e prima e dopo. E sempre questa frase, io che da adolescente ho militato nelle file della estrema minoranza mazziniana e azionista di Cagliari, ho tenuto scolpita nella mente declinandone senso e portata nel grande range della politica, ma anche nel più modesto spazio della amministrazione e della offerta dei servizi alla cittadinanza da parte ora dello Stato o della Regione ora della Municipalità.

Si tratta di vederla applicabile, questa sentenza – che è poi un ammonimento morale, una guida di condotta per ogni classe dirigente – nella concretezza delle più varie situazioni.

Mesi fa il sindaco eletto e rieletto Massimo Zedda assumeva, al pari dei suoi competitori nella gara del voto, grandi impegni circa la valorizzazione di ogni attiva, appassionata partecipazione della cittadinanza all’esercizio del governo della cosa pubblica. Perché democrazia è partecipazione, e nella partecipazione è anche la responsabilità. Sicché il dovere e il diritto sono facce sempre della stessa moneta, la nobile moneta dello status civico di ciascuno di noi.

E nella cosa pubblica non potrei davvero non vedere anche i servizi che la città già candidata ad essere la capitale europea della cultura offriva allora e dovrebbe continuare ad offrire, godendo di una delle sue perle migliori: godendo, sia ben inteso, non di possedere, ma di donare all’utile generale. Agli studenti che preparano una tesi di laurea, agli studiosi professionali impegnati con le editrici per la stampa dei loro lavori, o con l’organizzazione di convegni per l’apprestamento di relazioni e comunicazioni destinate alla tribuna e/o agli atti. Ma in generale al quidam interessato ai materiali storici della sua città, interessato ad accrescere il senso della sua appartenenza comunitaria, se è vero quanto si dice, che cioè l’amore (maturo e consapevole, non tifoso per puro sfogo emotivo) derivi sempre dalla conoscenza.

E invece l’Archivio Storico comunale – associato alla biblioteca Studi Sardi, radicati e l’uno e l’altro, in parte almeno, ora è già quasi un secolo e mezzo grazie alle cospicue donazioni dei fondi privati (come quello Vivanet, o Salaris, o Sanjust di Neoneli ecc. ) ed implementato dalla preziosa e cospicua (seppure lacunosa) emeroteca dell’Ottocento/primo Novecento – è chiuso da sei mesi. Perché sulla/nella struttura costata somme importanti tratte dalle casse pubbliche, e vanto di apparenza clamorosa per il concorso della capitale europea della cultura, una certa notte è piovuto. Piovuto molto. Non è stato un terremoto, è che hanno ceduto certe coperture di un edificio costato molto moltissimo ed ancora nuovo nuovissimo, provocando gran danno. Se ne sarebbe voluto sapere un giorno dopo, o una settimana o un mese o tre mesi dopo… non se ne sa nulla a sei mesi dal disastro. Come e perché, quali i rimedi, a quanto ammonta il danno, quali i tempi del pieno recupero.

Una o due volte i giornali e la tv hanno riferito degli angeli dell’asciugamento delle pagine dell’Otto-Novecento rimaste incollate dalla pioggia: e l’episodio segnala il valore di tanti nostri concittadini, giovani soprattutto, degni epigoni dei coetanei di due generazioni fa nel gran danno di Firenze. Resta però, da li maggiori, il silenzio sulle cause, che sono tecniche ed amministrative ed impegnano responsabilità personali. Se ne vorrebbe sapere, se ne dovrebbe sapere, da noi città partecipante che è anche contribuente ed elettrice, ad a cui bisogna dire «sempre la verità». E invece, duole ripeterlo ma è obbligo ripeterlo, lungo un semestre nessun comunicato ufficiale risulta sia entrato nel concreto in termini di informazione alla cittadinanza ed all’utenza. Cittadinanza ed utenza di una possibile/probabile/futura capitale europea della cultura.

Prima del disastro l’Archivio ha funzionato per un anno circa, dopo esser stato chiuso giusto un altro anno necessitando tanto tempo per la sistemazione dei magazzini. Dunque un anno di chiusura per gli allestimenti, dunque un anno di corrente funzionamento, ed ora sei mesi di nuova chiusura. Informazioni sui tempi, allora, dell’allestimento? Sempre chieste e mai ricevute. Oggi il bis, come oggettivo disprezzo per la cittadinanza partecipante.

Quanto ha contribuito, lungo i decenni, l’Archivio Storico comunale, insieme con la biblioteca e l’emeroteca, alla formazione di studenti, ai bagagli di studio di specialisti e cultori, di operatori di vario rango dell’accademia così come della pubblicistica e della editoria! Faldoni di manoscritti, libri e miscellanee, raccolte della stampa quotidiana e periodica, sono stati i materiali compulsati in combinazione con quanto custodito ora dalla Universitaria (penosamente dimenticata dal governo, dopo il declassamento non pareggiato dall’ascesa puramente nominale della Regionale), ora dalla Camera di Commercio od altre istituzioni pubbliche. Dalla fatica generosa di tanti valorosi e miti utenti è venuta fuori, nel tempo, una biblioteca di almeno qualche migliaio di nuovi saggi, inscrittisi anch’essi nella bibliografia infinita della città e della Sardegna, dei nostri territori e della nostra cultura o vita civica fattisi anche “ponte”,  veicolo di relazione con altri luoghi e altri contesti culturali e civili. Un servizio di studio che valeva quanto una pratica religiosa di credenti davvero, data l’applicazione perfino oblativa alla causa. (Ho fatto anch’io, lungo quarant’anni, la mia parte, e nel molto altro ho anche donato una guida al Fondo massonico, assai prezioso, custodito nell’Archivio cagliaritano: una pubblicazione che si trova anche nelle biblioteche delle case massoniche americane, inglesi e tedesche!).

E invece, umiliata la gloriosa Universitaria, da due anni la biblioteca della Camera di Commercio è chiusa, e cessata l’amministrazione commissariale, che si è bellamente infischiata della circostanza, il nuovo Consiglio d’Amministrazione non sembra essersi posto neppure esso, al momento, fra le sue priorità una modalità ed una tempistica per la restituzione piena alla città del suo patrimonio archivistico e librario: nei termini di pubblica fruizione che furono vanto dell’ente camerale da almeno un secolo.

La MEM chiude il cerchio, cioè lo chiude il Comune e la malinconica giunta Zedda. Silente l’assessore, silente il sindaco, silente il consiglio, silenti i consiglieri, silenti i gruppi consiliari. (Da me officiati ad ottobre e a novembre, nel caos della organizzazione consiliare i gruppi di maggioranza e di opposizione si sono rivelati parimenti disinteressati. Interessati anche di recente hanno confermato estraneità ed indifferenza). Cessata la fiera elettorale, il colore scade del grigio. E nel grigio piatto il delitto rimane tale. Nella maggior struttura culturale del Municipio, quella per cui ci si candidava ad essere capitale europea della cultura – lo ripeto come una colpa tremenda della giunta Zedda –, non c’è neppure il centralinista il venerdì sera e il sabato mattina.

Il personale, tutto di elevata professionalità e squisitezza nell’approccio e nell’affiancamento della utenza (mi ricordo il Pasolini che riferendosi agli insegnanti delle primarie perorava il  «pagare i maestri come i ministri»), manca evidentemente anch’esso di giusto riconoscimento del merito, se si trova costretto a scioperare, com’è avvenuto più volte in questi ultimi giorni, con ciò obiettivamente (direi involontariamente) sommando, nel carico del pubblico, disagio a disagio.

Concludo. Dopo aver per lunghi anni vissuto in quelle stanze quasi di fortuna, strette e di penombra, della palazzina ai Giardini Pubblici e poi in quelle altre, quasi a plein air ma onerosissime per l’erario civico, di via Newton, Archivio e Biblioteca si sono spostate ai confini stampacini realizzando una MEM che è un gioiello davvero, per struttura e capacità ricettiva. Trasformazione dell’ex mercato civico detto di via Pola, che era a sua volta sorto, nel passaggio delle sindacature Leo e Palomba, là dove era stato per trent’anni il campo di calcio del Cagliari, il quale a sua volta aveva sostituito gli storici stallaggi Meloni. Un divenire infinito, sempre migliorativo però. E oggi il punto morto.

Il trasferimento (o rimbalzo?) della responsabilità perfino di una risposta compiuta – compiuta – alla cittadinanza e all’utenza, dalla direzione dell’Archivio alla direzione della struttura Assessoriale, alla giunta, è scarico penoso che non onora l’ammonimento antico: «Il rispetto per il popolo consiste nel dirgli sempre la verità».

 

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