De limo fertilis resurgo. La storia complessa/complicata del gonfalone di Arborea di Alberto Medda Costella
“De limo fertilis resurgo”. Questo il motto che campeggia nel vecchio gonfalone di Arborea custodito nella teca dell’aula consiliare del comune. La volontà di dotare l’istituzione di un proprio simbolo che lo rappresenti, nelle cerimonie e nei consessi ufficiali, risale al lontano maggio del 1951. La comunità della bonifica si trova ancora ostaggio della Società Bonifiche Sarde e la Legge Stralcio, quella che avrebbe dovuto aprire la strada ad una più articolata e sostanziosa Riforma Agraria, è stata appena varata sul finire dell’anno precedente[i].
Non conosciamo il motivo che ha portato gli amministratori del tempo a nobilitare l’istituzione con un suo fregio. Sappiamo però che la prima proposta di stemma giunse direttamente dallo studio del conte Adriano Guelfi Camajani, elaborato sulla base di una descrizione formale della storia della piana bonificata, ricevuta dall’ente presieduto al tempo dal sindaco Antonio Marras[ii].
La prima bozza si discosta notevolmente dallo stemma attuale, sia per riferimenti che per colori. Sulla base della descrizione ufficiale fornita dallo studio araldico, il primo emblema del comune di Arborea, doveva richiamare con le tre stelle d’argento, «il capoluogo e le frazioni dipendenti», mentre nella fascia centrale in grigio il «complesso stradale di ARBOREA, che lo mette in sollecita comunicazione con i comuni limitrofi e con i principali centri agricoli e commerciali della Provincia». Le tre spighe di riso d’oro collocate nella punta dello scudo «ricordano le colture che allignano nella terra di Arborea»[iii]. A quali frazioni facessero riferimento le tre stelle poste in palo non è dato sapere. Sta di fatto che i documenti a nostra disposizione lasciano un vuoto documentale lungo quattro anni.
Per poter conoscere il passo successivo arriviamo al 2 aprile 1955, giorno in cui il consiglio comunale delibera di adottare come stemma e gonfalone quello tuttora esistente come cimelio, accompagnato dalla scritta “De limo fertilis resurgo”. La motivazione di un cambio così radicale è messa per iscritto nei verbali della seduta. Nonostante la pratica fosse in corso da tempo e le numerose proposte avanzate, nessuno tra quelli presentati era stato in grado di ricordare la redenzione della palude. L’unico che potesse richiamare la trasformazione della «Vera Maremma del Campidano di Oristano», era quello pensato dall’allora segretario comunale Giorgio Bisagna e disegnato dal geometra Carta (Carlo o Mario?) di Arborea. Mentre il gonfalone, su cui si sarebbe dovuto riprodurre lo stemma, doveva essere in un documento di colore amaranto[iv].
Il 19 aprile 1955 il sindaco di Arborea presentò al Presidente del Consiglio dei Ministri, accludendo i documenti giustificativi e la ricevuta di versamento per tassa di concessione governativa, istanza per ottenere la concessione di un proprio stemma civico e di un proprio gonfalone[v].
Qualche giorno appresso, apparve su “La Nuova Sardegna” un articolo in cui si ufficializzava che il consiglio comunale aveva votato per l’acquisizione del nuovo gonfalone[vi]. La descrizione recita:
«Lo stemma della nuova cittadina di Arborea ha la comune forma di scudo, dominato dalla corona della Repubblica Italiana e sorretto da una bordura a nastro con il motto: “De limo fertilis resurgo” (Dalla palude fertile risorgo). Esso si compone di due parti, di cui, la prima, in basso, indica, la posizione geografica del Comune, nel golfo di Oristano e specchio di mare antistante, nonché lo stato squallido, impervio, desertico della originaria plaga, con più di 40 tra paludi grandi e piccole, oltre a numerose pozzanghere. Le zanzare poi stanno ad indicare il dominio della malaria nella zona conosciuta come la Maremma del Campidano di Oristano. Tale vasta plaga, dove prima vivevano pochi pastori in capanne di frasche, è stata redenta dal paludismo dalla Società Bonifiche Sarde, la quale, nell’indimenticabile ing. Giulio Dolcetta ha trovato l’esecutore competente e fedele degli ideatori della grande Bonifica: on. Felice Porcella e ing. Dionigi Scano, il quale ultimò i piani di trasformazione che ha progettato nei dettagli. La seconda parte, in alto, staccata dalla prima con bordatura rettangolare, in giallo, che circoscrive l’intero scudo, su sfondo azzurro, vuole indicare il miracolo della trasformazione e redenzione della palude, con quanto in essa esiste di caratteristico e simbolico, il bel campanile della chiesa parrocchiale, con la dicenda – Resurgo – sul frontale di esso. Le spighe, tra cui, maestoso, domina il campanile, testimoniano la fertilità della nuova bonifica, orgoglio di Sardegna e meta di studiosi e di turisti»[vii].
A rispondere non sarà ovviamente il Primo Ministro, ma lo stesso studio araldico di Guelfi Camajani, che oltre a comunicare di aver ricevuto la nota, annuncia l’invio nei giorni a seguire di un bozzetto colorato su cartoncino, dove sarà riprodotto il lavoro ultimato[viii].
Il sindaco risponde il 2 maggio, apportando alcune modifiche allo stesso bozzetto, con l’eliminazione dei due rami verdi e dei fregi, chiedendone l’invio entro il 22 dello stesso mese, in modo da esporlo in occasione dell’inaugurazione del monumento ai caduti[ix].
Solo ad agosto sarà però inviata la delibera di consiglio, la relazione, il bozzetto dello stemma e la domanda alla Presidenza del Consiglio dei Ministri[x].
Nel frattempo però il gonfalone è già stato fatto realizzare, e presentato alla popolazione in occasione dell’inaugurazione del monumento ai caduti, ricevendo la benedizione perfino dell’Arcivescovo mons. Sebastiano Fraghì, certi che probabilmente si tratti solamente di una formalità burocratica[xi].
Invece si rimanda ulteriormente la chiusura della pratica, in quanto, l’ufficio araldico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, richiede grottescamente di ricercare negli archivi uno stemma che potrebbe essere stato utilizzato precedentemente e che qualora non fosse possibile provarlo, il Comune dovrà continuare le sue ricerche, rivolgendosi all’Archivio di Stato di Cagliari[xii].
La risposta da Arborea non tarderà ad arrivare. Leggiamo infatti:
«data la recente costituzione del Comune non possono sorgere sospetti di sorta sulla inesistenza di altro stemma o gonfalone. Arborea, fu Mussolinia, è sorta nel 1929 e costituita in comune con Legge 29 dicembre 1930 n.1869. Dagli atti di archivio si rileva che trattasi di pratica, in corso da tempo, con l’istituto araldico e non definita per le bozze di stemma proposti e che non dicevano nulla della recente storia del nuovo Comune. Sotto diretta personale responsabilità mia, dello attuale segretario, che lo stemma e relazione ha preparati, del Consiglio, si danno tutte le assicurazioni atte a dare piena tranquillità per l’ulteriore corso della pratica»[xiii].
Firmato dal segretario Giorgio Bisagna, dal sindaco Antonio Marras e dal consigliere anziano Cesare Milan.
La risposta dallo studio araldico della Presidenza del consiglio dei Ministri risponde dopo qualche mese, con le osservazioni che seguono:
«la corona, sormontante lo stemma dovrà essere quella turrita regolamentare; le dimensioni delle due spighe di grano sono troppo grandi e pertanto verranno ridotte; per indicare in uno stemma comunale, dai riprodursi sui sigilli, una palude, cioè lo stato squallido e deserto dell’originaria plaga, non è necessario raffigurare rane e zanzare, ma è sufficiente mettere in rilievo con colori il luogo deserto e paludoso; il motto “de limo fertilis resurgo” non può essere accordato ostandovi all’uopo l’articolo 7 del regolamento approvato con R.D. 7 giugno 1943, n°652. Peraltro la parola “Resurgo”, posta sul frontale del campanile, è sufficiente per ricordare la resurrezione di codesta zona. Ciò posto si è ravvisata l’opportunità di proporre per la concessione lo stemma di cui all’unito schizzo a matita, che verrebbe ad essere così descritto: D’azzurro, al filetto d’oro, abbassato, su cui poggia un campanile d’argento, con la scritta in nero “Resurgo” sul frontale di rosso, accompagnato in capo da due spighe di grano d’oro. Sotto il filetto, una palude d’argento e di nero. Lo scudo bordato d’oro. Ornamenti esteriori da Comune. Per quanto riguarda il gonfalone, non può concedersi quello richiesto di colore rosso, ciò ai sensi dell’art. 5 del Regolamento sopra citato, non figurando tale colore tra quelli blasonati nello stemma proposto. Pertanto quest’ufficio ne proporrà uno dal drappo interzato in palo d’azzurro, di bianco e di giallo»[xiv].
A questa lettera seguirà un lungo silenzio, a cui verrà posto fine solamente dallo stesso studio araldico della Presidenza del Consiglio, che solleciterà tre anni più tardi il Comune di Arborea per avere riscontro della lettera inviata il 5 dicembre 1955[xv]. Il ritardo non è ovviamente difficile da comprendere. L’esigenza di dotarsi di uno stemma e di un gonfalone che potesse rappresentare nelle uscite ufficiali il Comune, aveva portato lo stesso consiglio comunale a realizzarne uno, senza però attendere il decreto di concessione dallo stesso ufficio araldico di Roma, ragion per cui si può ben comprendere la delusione del sindaco e dei consiglieri nel momento in cui seppero di aver speso dei soldi per degli emblemi superati rispetto alle disposizioni impartite. Un equivoco che si è trascinato fino a oggi, e che ha portato ad utilizzare un gonfalone non ufficiale, ma certamente più rappresentativo, tanto da essere ripreso nello statuto comunale, in fase di revisione proprio in questo periodo, fino a qualche decennio fa, quando la giunta guidata da Giovanni Marras ne fece realizzare uno nuovo rispettoso delle disposizioni dell’ufficio araldico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e che oggi affianca quello storico del “De limo fertilis resurgo”.
La risposta del Comune arrivò comunque il 6 marzo 1958, che si dichiarò ovviamente concorde con i rilievi suggeriti[xvi]. Ad informare il sindaco di Arborea della concessione ufficiale dello stemma e del gonfalone il 19 giugno 1958 da parte della Presidenza del Consiglio, sarà il prefetto di Cagliari Cappuccio[xvii].
[i] La Società Bonifiche Sarde passerà dall’Iri all’Etfas solamente nel 1954 e i coloni di Arborea potranno finalmente affrancarsi dal suo controllo a partire dal 1° gennaio 1955, quando si provvederà ad assegnare i primi appezzamenti in proprietà, coltivati fino a quel momento a mezzadria.
[ii] Archivio Storico Comunale di Arborea (di seguito ASCA), Stemma e gonfalone del comune, 4 maggio 1951.
[iii] Ibidem.
[iv]In un altro foglio si indica come sfondo del gonfalone il colore bianco. ASCA, Delibera di consiglio, 2 aprile 1955.
[v] ASCA, Lettera del sindaco Antonio Marras al Presidente del Consiglio dei Ministri presso la consulta araldica, 19 aprile 1955.
[vi] Dotato del Gonfalone il Comune di Arborea, in “La Nuova Sardegna”, 23 aprile 1955, p. 4.
[vii] Ibidem.
[viii] Verrà infatti spedito due giorni dopo, il 29 aprile 1955 e a tal fine si sollecita una firma, onde consentire l’avvio del lavoro. ASCA, Lettera dello studio araldico Guelfi Camajani al Comune di Arborea, 27 aprile 1955, 29 aprile 1955.
[ix] ASCA, Lettera del sindaco Antonio Marras allo studio araldico Guelfi Camajani, 2 maggio 1955.
[x] ASCA, Lettera del sindaco Antonio Marras allo studio araldico Guelfi Camajani, 4 agosto 1955.
[xi] Benedetta la statua di Maria Ausilitriace, in “La Nuova Sardegna, 24 maggio 1955, p. 5.
[xii]Asca, Lettera della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ufficio araldico al Comune di Arborea, 2 settembre 1955.
[xiii] Asca, Lettera di Antonio Marras alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ufficio araldico, 7 settembre 1955.
[xiv] Asca, Lettera della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ufficio araldico al Comune di Arborea, 5 dicembre 1955.
[xv] Asca, Lettera della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ufficio araldico al Comune di Arborea, 21 febbraio 1958.
[xvi] Asca, Lettera del sindaco di Arborea alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ufficio araldico, 6 marzo 1958.
[xvii] Asca, Lettera del Prefetto di Cagliari al sindaco di Arborea, 4 luglio 1958.