Il segno dei Sardi nel referendum, di Salvatore Cubeddu
Volevate un segno dai Sardi? L’avete – l’abbiamo – avuto. Sono i più incazzati contro lo Stato, il 72,22%, più o meno tre cittadini ogni quattro. Ma non è sicuro cosa deciderà la prossima volta quell’uno che ora ha detto SI’.
L’assessore alle riforme Demuro si è dimesso, dando un segnale di sensibilità. I Rossomori escono dalla maggioranza, avviando analisi, riflessioni e decisioni che porteranno alla prossima legislatura.
Non sono tutti uguali, quei NO. Io ci ho aggiunto “Sardegna libera”, sapendo che annullavo la scheda. A cose fatte, visto l’esito, se l’avessero fatto in tanti, mettiamo più di quel 20% che sicuramente rappresenta il complesso sardismo votante, avremmo lo stesso la vittoria del No, ma con l’aggiunta di un di più di qualificazione e distinzione del voto.
Le ragioni del NO sono le più varie e da parti le più contradditorie, tanto che sarebbe difficile una gara tra chi è più antiautonomista tra i promotori del SI e quelli del NO.
Noi non siamo stati d’accordo sui contenuti del referendum per la semplice ragione che siamo ‘sardi e sardisti’: perché il senato non era a composizione paritetica tra le nazioni e le regioni che fanno parte dello Stato italiano; perché vogliamo che le province storiche (CA, SS, NU, OR) permangano (altrimenti avremmo tutte le istituzioni concentrate nella sola città-stato di Cagliari e non più nella Sardegna); perché anche i deputati sono troppi e troppo costosi (così come l’alta burocrazia ed i giudici, ad iniziare da quelli della Corte Costituzionale); perché siamo diffidenti nei confronti della norma sull’interesse nazionale italiano, troppo spesso contrastante con l’interesse nazionale sardo (le servitù industriale, culturale, militare, turistica …) e perché …. tanti altri perché …
La nostra paura verso l’abolizione dello statuto speciale era reale, ma fautori di quella tesi sono forti anche tra taluni costituzionalisti del NO e persino tra qualcuno che opera nelle nostre università.
Chi dovrebbe guidare la Sardegna ci ha fatto arrivare al referendum disarmati. In tanti ci siamo sentiti in pericolo. Abbiamo rischiato di restare ancora una volta oggetto delle scelte altrui. E questo dopo che la questione sulla riforma delle nostre istituzioni è all’ordine del giorno da almeno quarant’anni in Consiglio regionale (con la costituzione dell’apposita commissione), mentre nella politica sardista è agitata dal giorno dopo la sua stessa approvazione in Assemblea costituente (quella del gatto e del leone di Lussu è la metafora più conosciuta, ma non è l’unica).
La presente situazione consente ai Sardi una nuova chance di anticipare le decisioni dello Stato e darsi le urgenti istituzioni che rispondano al proprio futuro. E’ possibile anche che arrivi tra non molto una nuova iniziativa di adeguamento della Costituzione italiana. Probabile che Parlamento e governo, dopo due tentativi andati a vuoto, si rivolgano ad un’Assemblea Costituente. Eccola qua di nuovo. Mettiamoci all’opera. Riprendiamo in mano l’idea intrapresa quasi quarant’anni orsono e realizziamo la nostra!
La Sardegna ha bisogno che la gente di buona volontà si rimetta insieme. Riprendiamoci il nostro tempo.
Cagliari 7 dicembre 2016
By Mario Pudhu, 7 dicembre 2016 @ 21:53
Assemblea Costituente! Eja, sa nostra!!! Custu depet intrare in sa conca de sos Sardos si no cherimus sighire a pèrdere tempus ifatu de s’Itàlia, ca tenimus bisonzu apretosu e mannu de fàghere sos contos con nois etotu cun sa libbertade e responsabbilidade de donzi umanidade. Totu s’àteru est buratinismu.