Donne bianche e tute blu: le chiavi del successo di Trump, GIANNI RIOTTA

Lavoratori e le classi meno istruite hanno spinto Donald. Il repubblicano abile a parlare dei temi ignorando i sondaggi

NEW YORK

«L’elezione di Donald Trump è una tragedia per la repubblica americana, una tragedia per la Costituzione e un trionfo per le forze… del nazionalismo, autoritarismo, misoginia e razzismo… un evento nauseante per la storia degli Stati Uniti e la democrazia liberale… che provoca ribrezzo e ansia»: se l’editoriale di David Remnick, direttore del settimanale «The New Yorker», vi sembra eccessivo, confrontatelo con quello di un repubblicano di destra come Max Boot, del Council on Foreign Relations.

«Trump ha trasformato il partito nel Circolo degli Stupidi… è fiero della sua ignoranza e ha letto meno libri di quanti Teddy Roosevelt ne abbia scritto, promuovendo posizioni nazionalistiche, isolazioniste e protezioniste che preoccupano… ».

Se, da sinistra e destra, questo è il voto a Trump, come mai l’America l’ha eletto martedì a sorpresa, sconvolgendo i sondaggi che assegnavano la Casa Bianca a Hillary Clinton? Per capire come la crociata del «Circolo degli Stupidi» abbia conquistato l’ultima superpotenza al mondo dovete riguardare la strategia che, ormai dal 2008, il presidente Barack Obama ha assegnato al suo partito.

I Big Data, le rilevazioni statistiche derivate dai social media, i trend, i sondaggi, le mail degli elettori, vengono combinate da algoritmi in «files», elenchi, di persone e posizioni, cui si assegnano dei voti, Molto vicino a votarci, oppure, Mai ci voterà.

Hillary Clinton ha usato questa tecnica, decidendo giorno per giorno che dichiarazioni fare, dove parlare e dove no, quali temi sollevare. Il risultato, assente la carismatica personalità di Barack Obama, è stata una campagna noiosa, senz’anima che non ha riscaldato la base democratica, né mobilitato i neri, gli ispanici, i giovani del socialista Sanders e Clinton è mancata, negli stati cruciali, la spinta decisiva per vincere.

Trump ha fatto l’opposto. Senza chiedere un parere ai suoi consiglieri ha seguito l’istinto – anatema per gli esperti di dati come Nate Silver, che prediligono i numeri, diffidando dal «naso» di politici e giornalisti- e ha dimostrato di saper intuire da che parte gli americani vanno. È il paradosso del 2016. Un figlio del privilegio di Queens a New York, che ha studiato in scuole private, è cresciuto nel lusso ed è stato avviato al lavoro dal padre con un milione di dollari, ha casa e ufficio nel grattacielo più di lusso, magari un po’ kitsch, della Fifth Avenue, diventa il campione dell’America povera, rurale, che non vive in città, non viaggia, non ha avuto tre mogli ma vive con la ragazza sposata al liceo e guadagna in un anno quanto Trump brucia in un week end.

Trump ha vinto perché i bianchi senza titolo di studio lo hanno seguito con entusiasmo, spaventati dalla crisi economica, delusi dalla disattenzione di Obama, spaventati dal crimine, preda di una epidemia di stupefacenti che ha fatto strage, per esempio, in New Hampshire. Dopo essersi allungata per secoli, l’età media dei maschi bianchi americani ora si accorcia, la crisi ha indotto suicidi, abuso di psicofarmaci e alcolismo. C’era prima un gradino nella vita media tra bianchi e neri, adesso è tra ricchi e poveri, delusione e paura hanno seminato rabbia.

Nelle città, nelle aree della ricerca e della nuova economia i democratici hanno continuato a crescere, Clinton ha vinto il voto popolare infatti, ma nelle aree rurali, dalla Florida all’Alaska, Trump ha dominato. Con numeri che non lasciano dubbi: Lackawanna County, Pennsylvania, Obama ha vinto con +27 punti, Clinton ne ha persi 24; tra i neri Obama toccò il 93%, Hillary è scesa all’88; e tra gli ispanici, malgrado avesse definito i messicani «stupratori», Trump ha avuto il 29%, facendo meglio di Romney del 2012, che si fermò a quota 27%.

Dove la campagna di Trump fa terra bruciata è tra i maschi bianchi senza laurea. Un bollettino di guerra per i democratici, New Hampshire +18, Colorado +21, Arizona +22, Wisconsin +24, Michigan + 31, Georgia + 64, North Carolina +40, Florida +34…

Davanti a questa offensiva bianca, ogni resistenza che Hillary ha frapposto con la sua coalizione di laureati (in partenza 50% dell’elettorato), donne e minoranze, s’è sbriciolata. Malgrado le accuse di molestie sessuali e i modi molto maschilisti Trump ha umiliato le speranze della prima donna Presidente anche nell’elettorato femminile bianco, vincendo 52 a 48.

Si è così realizzata, 12 anni dopo, la previsione del professore Samuel Huntington: «Le forze che stanno scuotendo il centro della cultura americana e del suo credo potrebbero generare un movimento bianco per rilanciare l’identità etnica e razziale, temi che sembravano obsoleti. Si creerebbe così un’America, che potrebbe escludere, espellere o reprimere altri gruppi razziali, etnici e culturali. L’esperienza storica contemporanea – concludeva il conservatore Huntington – suggerisce che è molto probabile che quando un gruppo etnico-razziale, già dominante si sente minacciato dall’ascesa di altri gruppi reagisca, generando un paese intollerante, con alti livelli di scontro fra le comunità».

La profezia di Huntington sembra avverarsi quando i ragazzi scendono in strada per le prime manifestazioni, Oregon, California, Washington, poca roba, falò, ma che gli eccessi di Trump potrebbero indurre a peggiori propositi.

Eppure questa miscela e la capacità comunicativa di Trump, a poche ore dal voto, erano indietro. Cosa abbiamo mancato noi che seguiamo i sondaggi? Studiare Cambridge Analytica, società diretta da Matt Oczkowski che ha sì analizzato i Big Data, ma partendo non dai numeri ma dal significato dei messaggi, la semantica, una tecnica innovativa che ha permesso a Trump di essere se stesso, non più legato al canovaccio del testo scritto che l’aveva mandato indietro in settembre. Naturalmente, online, Cambridge Analytica è già considerata «una misteriosa compagnia» dai complottisti: perché questa è l’America divisa, odio, rancore, misteri, una miscela in cui Donald Trump nuota come un pesce, anzi un presidente.

La stampa, 10 novembre 2016

 

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