L’Europa non si commuove mentre l’Italia trema, di Paolo Lepri

La mancanza di «cuore» con cui a Bruxelles (ma anche a Berlino e Parigi nessuna finestra è stata accesa domenica, in cancelleria e all’Eliseo) si è reagito alla notizia del terremoto più grave dal 1980 è il segnale di una crisi di motivazioni ideali che alimenta la malattia dell’estraneità.

Se non ora, quando? Questo era il momento giusto per cambiare stile, per cogliere il senso della Storia e mostrare il significato del concetto di solidarietà. Invece tutto è rimasto come prima. L’Italia lotta contro la terra che trema, cercando di proteggere migliaia di persone che non hanno più niente, e l’Europa che dovrebbe essere la grande casa di chi è senza casa si comporta con una calma inquietante o ripete le stesse formule rituali. Non è stata costruita per questo. La mancanza di «cuore» con cui a Bruxelles (ma anche a Berlino e Parigi nessuna finestra è stata accesa domenica, in cancelleria e all’Eliseo) si è reagito alla notizia del terremoto più grave dal 1980 è il segnale di una crisi di motivazioni ideali che alimenta la malattia dell’estraneità. Sconfiggere le forze antagoniste ed euroscettiche, andando avanti così, diventerà sempre più difficile.

I fondatori parlavano di «anima», oggi siamo abituati a ragionare di decimali o a inghiottire la medicina del rigore. Ci saremmo aspettati uno scatto, un’assunzione comune di responsabilità per salvare, ricostruire, riportare alla normalità un Paese ferito. Magari anche l’idea di un vertice straordinario, il segno di una mobilitazione generosa. Non sono arrivate nemmeno le tranquillizzanti belle parole, in una giornata che ci ha fatto rivedere i confini aboliti da decenni: noi qui, gli altri lontano, dietro la barriera dell’indifferenza. Sarebbero state ben accolte, le belle parole, anche se adesso contano i fatti. Nessuno però le ha potute ascoltare.

Il silenzio ha poi lasciato il posto al linguaggio dell’ordinaria amministrazione. Non è un caso che il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel abbia ripetuto per l’ennesima volta che il patto di stabilità è un impegno nei confronti dell’Europa che già prevede molte flessibilità. Nessuna tregua, insomma, che peraltro non era stata chiesta. La Commissione europea ha ricordato possibilità di non conteggiare nel calcolo del deficit e del debito le spese straordinarie per affrontare le calamità naturali e ha lasciato filtrare, proprio ieri, insoddisfazione per la manovra del governo. L’Italia non è la Repubblica dei decimali: è Amatrice, Norcia, Ussita, Castelluccio. È un Paese che tende la mano, più di tanti, e si aspetta da troppo tempo di vedere gli altri alla prova.

 

Il corriere della sera 31 ottobre 2016

 

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