LA GUERRIGLIA COLOMBIANA HA PERSO LA FEDE, di Andrea Riccardi
Negli anni 60 molti cattolici credevano che la rivoluzione fosse l’unico modo “pr realizzare l’amore verso il prossimo nel terreno temporale”.
L’accordo di pace tra il presidente colombiano, Santos, e il movimento guerrigliero delle Farc è stato respinto per poche migliaia di voti in un referendum dalla scarsa partecipazione. Ora il presidente deve rinegoziarlo con i suoi oppositori e, ovviamente, con le Farc. Tuttavia una pagina di storia sta per essere voltata: quella pratica della violenza rivoluzionaria. È stata un’illusione, condivisa in tante parti del mondo, che ha prodotto molta sofferenza. Gli stessi dirigenti
delle Farc, attive dal 1964, hanno chiesto perdono dei dolori causati. La violenza rivoluzionaria non è stata, però, legata solo al marxismo-leninismo (come per le Farc), ma ha riguardato anche il mondo cattolico. Cristianesimo e rivoluzione sembrano un binomio impossibile, tuttavia sono una realtà della seconda metà del Novecento. In Colombia è la vicenda dell’Eln, che ha cominciato la sua lotta nel 1964 ed ora sta trattando, a sua volta, con il governo. L ‘Eln, fin dall’ideologia, è intrisa dell’apporto del cattolicesimo e della teologia della rivoluzione, oltre a portare la forte impronta del castrismo. Misticismo rivoluzionario con uno sfondo religioso. Vari sacerdoti sono stati membri o alla testa di questa guerriglia. Il più famoso è padre Camilo Torres Restrepo, ucciso in uno scontro con l’esercito colombiano nel febbraio 1966.
Camilo Torres è divenuto, in quegli anni, un mito. La sua vicenda incarna le aspirazioni dei cristiani che fecero la scelta per la rivoluzione, contestando l’alleanza tra Chiesa e poteri politici ed economici. Così avvenne in Colombia, dove vigeva ancora un concordato che assegnava al presidente della Repubblica la possibilità di scegliere i candidati per la nomina all’episcopato.
Camilo Torres, nato nel 1929, aveva studiato a Roma e a Lovanio: era un giovane sociologo molto stimato all’inizio degli Anni 60, ma anche un prete popolare tra i giovani e gli studenti universitari. Per lui, bisognava cambiare la società, dove pochi ricchi dominavano sulle masse dei poveri. Non bastava il programma riformista
e democratico-cristiano, che giovani amici di Camilo andavano formulando. Nel 1965, Torres lanciò la Plataforma del Frente Unido del pueblo colombiano,
per raccogliere le opposizioni. Chiedeva la riforma agraria e urbana (gli inquilini diventavano proprietari), varie nazionalizzazioni, una politica della famiglia (che sanzionava i padri che abbandonavano i figli). Dal giugno 1965, Torres, ormai in contrasto con la gerarchia, domandò la riduzione a laico. Il progetto del Frente Unido, nonostante il suo attivismo, fallì. Non restava per lui che la lotta armata.
Dal dicembre 1965, Torres scomparve e, poche settimane dopo, la stampa colombiana pubblicò una sua foto vestito da guerrigliero.
Così si spiegò in un messaggio ai cristiani: «Credo di essermi dedicato alla rivoluzione per amore del prossimo. Ho smesso di dire Messa per realizzare questo amore verso il prossimo nel terreno temporale, economico e sociale … quando avrò realizzato la Rivoluzione tornerò ad offrire la Messa … », «Liberazione o morte»: era lo slogan dell’Eln. Nel febbraio 1966, Torres fu ucciso in uno scontro a fuoco. Una breve esistenza da guerrigliero che, però, ne fece un’icona del cristiano rivoluzionario. Iosé Maria Gonzalez Ruiz, teologo del dialogo con il marxìsmo, scrive su Torres: «Camilo è un cristiano qualunque che ci incoraggia a dare alla rivoluzione dei poveri di tutto il mondo, il valido contributo della fede … », Oggi quel mondo è davvero lontano. Quello
che resta è una triste realtà di guerriglia, incistata per decenni. Il mito di padre Camilo si è dissolto. La strada della violenza, imboccata per motivi generosi da Torres con una mistica della rivoluzione e un’ “ascesi” da rivoluzionario, ha prodotto tanti dolori. Questo non vuol dire che oggi il cristianesimo abbia archiviato la preoccupazione per i poveri, come si vede dal pontificato di Francesco.
SETTE, n 42.