Un’allegoria sardista, nel libro di Roberto Alba, di Michela Deriu.

“Sentitemi bene a tutti, oggi ci abbiamo trovato un nuovo fratello belsiuese di adozione. Brindiamoci al culo che ci ha avuto a incontrarci gente come a noi.”

Bisogna avere un gran senso di sè e della propria comunità per esprimersi con queste parole.

Chi le pronuncia è Agamennone uno dei protagonisti del Romanzo “La leggenda di Bella Speranza “ di Roberto Alba (La Zattera editore, anno 2016, pag.153, € 18,00)

Il fortunato è Amedeo Leccis, detto il Conte di Buon Cammino, vuoi per la competenza letteraria, vuoi per i suoi trascorsi giudiziari.

L’incontro tra il protagonista e l’autore avvenne in Piazza del Carmine tra ladri e puttane. Amedeo per un euro vendeva poesie, per una stecca di sigarette o un panino dal Caddozzone del Poetto, raccontava storie.

Grazie a un panino caddozzo, oggi conosciamo l’avventura di Amedeo nel paese di Bellu Pressiu, Bella Pesca per i continentali e Bella Speranza per chi ha degli ideali. Amedeo racconta di essere arrivato a Bellu Pressiu grazie a un programma di protezione come collaboratore di giustizia.

Nel paese Amedeo apre un locale come barbiere, viene a conoscenza delle stranezze del luogo e scopre che Bellu Pressiu è veramente un paese di Bella Speranza.

Penso che molti sardi abbiano sognato un paese così, totalmente affrancato dal sistema giuridico, politico e monetario della Nazione Italiana.

Tra le cose più interessanti troviamo l’organizzazione della circolazione interna del danaro.

Amedeo, infatti, scopre subito che il valore dell’euro non è dato dall’andamento della borsa ma è nullo. Si è nullo. A Bellu Pressiu la moneta ufficiale è la pilla. La cara vecchia pilla che non è mai stata sufficiente per fare della Sardegna un paese ricco.

Il clero è rappresentato da Don Smurza.

Don Smurza è il parroco del paese, disattende a volte in tutto, a volte in parte, quanto disposto dal Vaticano. La disobbedienza viene ab origine in quanto non è stato mai ordinato sacerdote. Interpretando liberamente il ministero della riconciliazione, indice periodicamente una confessione obbligatoria per tutti gli abitanti del paese. Inusuali le penitenze, commisurate secondo la gravità del peccato, parte in pilla parte in Ave Maria.

L’organizzazione politica di Bellu Pressiu in un primo momento ricorda i paesi del sud di stampo mafioso. Ma siamo in Sardegna e il fatto che i Bottu si tramandino la carica di Sindaco di generazione in generazione ha un fondamento molto più complesso di quel che sembrerebbe a una prima e superficiale lettura.

C’è di mezzo anche una santa, per la precisione Santa Giannetta Martire, all’origine della nascita di Bellu Pressiu.

Non sappiamo se per la beatificazione e successiva santificazione di Santa Giannetta Martire si sia proceduto col regolare processo del rito canonico ma sappiamo che Santa Giannetta miracoli ne ha fatti tanti, uno in particolare mi riguarda direttamente.

La mia adolescenza è stata turbata da un trauma letterario. Il responsabile: Gabriele D’Annunzio che in una delle sue tragedie esattamente in “ Più che l’amore”, così descrive il servo sardo del protagonista Corrado Brando:

«di membra snello asciutto e muscoloso come quei veltri sardeschi addestrati alla ‘piga” contro la bestia e l’uomo, fosco in viso come un indigeno dell’Alto Egitto, raso i neri capelli, nerissimo gli occhi sagaci tra cigli lunghi e folti, con tutti i piani faciali dalla fronte al mento ridotti su l’osso alla più semplice singolarità quali nel masso calcario li scolpiva l’arte egizia dell’Antico Impero».”

L’idea che per la letteratura italiana potessimo ricoprire solo il ruolo di servi, per di più “foschi in viso come indigeni dell’Alto Egitto” mi sconvolse.

Non me ne feci una ragione neppure riflettendo sul fatto che la tragedia è stata scritta nel 1906, in pieno colonialismo interno e l’autore era D’Annunzio.

Da allora i tempi son cambiati? Devo con rammarico dire che anche oggi nel terzo millennio nei salotti della Milano bene una signora di mia conoscenza cercava una cameriera sarda, da divoratrice di fiction ho potuto notare che la colf di “Provaci ancora Prof” era sarda e di nome faceva Gavina mentre nella serie” E’ arrivata la felicita” troviamo altra cameriera sarda chiamata Bonaria.

Cosa c’entra Santa Giannetta tra D’Annunzio e la Pivetti? Centra, centra, perchè solo su ispirazione di Santa Giannetta martire il Signor Sindaco di Bellu Pressiu, Dott. Bottu poteva concepire la geniale idea di avere una servitù inusuale: cameriere veneto, cuoco piemontese, autista americano. La servitùù del Signor Sindaco è interamente composta, con mia somma soddisfazione, di personale ”strangio”. Veneti, lumbard e piemontesi finalmente al loro posto. Il miracolo è compiuto. Il trauma adolescenziale risolto.

La Sardegna descritta da Alba sembra la Sardegna dei nostri sogni: una nostra moneta, la classe politica e il clero indipendenti da Roma, solo la lingua ci lascia perplessi.

Nel romanzo non si parla sardo ma una lingua ibrida, tra il sardo e l’italiano.

”Il motivo di questa scelta non è casuale.” dice Roberto Alba. ”Ho dovuto intenzionalmente non utilizzare integralmente il sardo perché volevo che il racconto non fosse indirizzato solo a coloro che nel discorso dell’identità sarda ci sono già dentro. Volevo rivolgermi a quelli che sentono di appartenere a qualcosa di diverso ma sono confusi e forse inconsciamente cercano radici. Amedeo, il protagonista, è figlio di quella tendenza diffusa non molti anni fa per cui parlare in sardo era sinonimo di ignoranza.” Col perdere la lingua si perde l’identità per questo Amedea nell’approdare a Bellu Pressiu a poco a poco recupera i tratti identitari di un popolo degno di essere chiamato tale.

Un popolo che vuol cambiare le cose pagandone il prezzo.

O almeno così sembrava. Oggi pare che il vento sardista si sia affievolito, e la strada per la libertà compaia sempre più lontana.

”Forse perché la libertà è come Dio, bisogna avere fede per crederci.”

 

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