«Temprato dalla vita dura che ho vissuto»: Bachisio Zizi, come una fabbrica di umanità, di Gianfranco Murtas
Una riflessione, una proposta ed un iniziale contributo compilativo nel secondo anniversario della sua scomparsa.
Nessuno muore mai se c’è qualcuno, sulla terra, che ambisca raccoglierne la testimonianza, l’unicità e irripetibilità della esperienza con i suoi perché e le sue forme, per trasmetterla ai futuri. Sicché anche Bachisio Zizi non è morto: non è morto! perché noi che lo abbiamo ammirato e più ancora amato lo teniamo sempre presente, nell’orizzonte del nostro peregrinare, intelligenza indagatrice e sapiente, voce interrogativa e critica, esempio del fare virtuoso.
Ho colto qua e là, nelle diverse sfere delle sue relazioni ora familiari ora sociali, professionali e civili – quelle sviluppatesi sulla linea della elaborazione e del confronto culturale, della produzione pubblicistica e dell’offerta editoriale anche –, un rammarico diffuso, ancorché sottotraccia e quasi bisbigliato per pudore, perché Bachisio Zizi sarebbe stato dimenticato. Dico adesso qui per me: non è dimenticato, come non sono dimenticati gli altri cento o mille che io ho incrociato nella mia strada e in varia forma mi hanno caricato del peso leggero e beato della loro fabbrica di umanità. I più, certamente, hanno operato in spazi di minor visibilità, senza per questo proporsi depotenziati alla mia intima riflessione che dà senso ricapitolativo ad ogni giorno che viene; i meno hanno goduto (e spesso sofferto) della ribalta pubblica e mi hanno avuto compagno dialogico su fronti esposti (e spesso ingrati): liberi pensatori e massoni come Franco d’Aspro ed Armando Corona, Mario Giglio e Bruno Fadda; repubblicani come Salvatore Ghirra e Giannetto Massaiu, Nino Ruiu, Tonino Uras e Rosabianca Rombi; sardisti e sardo-socialisti come Mario Melis e Fernando Pilia, Michele Columbu e Gianfranco Contu; storici modernisti come Tito Orrù e Lorenzo Del Piano, Giuseppe Serri e Carlino Sole; scrittori e poeti come Antonio Romagnino e Francesco Masala, Francesco Alziator e Franca Cornaglia; giornalisti e pubblicisti come Virgilio Lai e Salvatore Pirastu, Vindice Ribichesu, Bruno Josto Anedda e Giorgio Melis; preti e vescovi come Efisio Spettu ed Ottorino Alberti, Ezio Sini, Paolo Carta e Nino Onnis… Modesta per numero, infima rappresentanza di una folla di anime d’oro cui sento io stesso di voler appartenere per l’orgogliosa lealtà della militanza morale e civica. Appartenere: ecco il verbo. Bachisio Zizi appartiene alla mia vita non soltanto per quella quarantina d’anni condivisa sui fronti vari ora della banca ora della ricerca o della scrittura, ma più ancora per quella specie di idem sentire, di puntuale, miracolosa convergenza simpatetica, pur moventesi da postulati diversi e forse lontani non soltanto nell’apparenza, per le origini, per l’educazione, per le frequentazioni ed esperienze associative e civili via via opzionate.
S’era fatto cagliaritano, senza smettere d’essere nuorese, barbaricino di Orune, Bachisio Zizi. Non aveva sostituito una identità all’altra, impossibile d’altro canto: perché l’identità è, per sua stessa definizione, una dinamica che va, nelle sue stratificazioni relazionali, per aggiunte e non per sottrazioni, per rimodulazioni progressive, per nuove sintesi, mai per negare i lasciti ricevuti, semmai per impreziosirli realizzandone i potenziali ed espandendone i canali di ricezione.
Cagliari e i cagliaritani
Esplicitamente in una intervista rilasciata nel 1998 a Giovanni Mameli, ma poi anche, d’ordinario, nella sua opera scritta, scandita in molti tempi, e nelle conversazioni pubbliche e private cui mai s’era negato, Zizi aveva adoperato un avverbio – «indissolubilmente» era stato l’avverbio – che chiariva e comunque certificava l’insuperabilità di quel nesso biologico, d’una biologia anche psichica e culturale s’intende, che lo legava alla sua Barbagia, alla terra degli avi e della sua stessa nascita e prima formazione: alla sua Orune («il paese è sempre dentro di me, alle mie spalle, nel mio cuore, dentro il mio cervello», aveva già detto ad Antonangelo Liori che lo aveva intervistato per il suo giornale) e a Nuoro fattasi intanto, nell’adolescenza, nella giovinezza e nella prima maturità, sua «patria d’elezione».
Ma trent’anni cumulatisi fino alle confessioni di quel 1998, e certamente gli ulteriori tre lustri che sarebbero seguiti a quel momento, fino all’exit doloroso, lo avevano fatto cagliaritano. E celebrava questa identità arricchita, non rivoltata, collocandone l’habitat nel nesso fra la Sardegna e la modernità (che vuol dire anche universalità), un habitat coincidente appunto con il maggior territorio urbano, mosso fra colli e mare, fra monumenti e terziario avanzato. A Cagliari egli aveva affermato la ricchezza della sua personalità, aveva trovato sponda alle sue intuizioni e ad un vissuto professionale e culturale potenziato in crescendo proprio dalle opportunità che sapeva cogliere e a sua volta, gratificandosene, offrire. Valga per questo anche una impressione documentata di Antonio Romagnino, che lo frequentò e fu fra i suoi primi recensori, fissata nelle pagine di Preferisco il rumore del mare: «… Ma Bachisio Zizi ha maturato anche altre esperienze: quelle continentali per i suoi studi e per la sua professione, quella cagliaritana, nella quale sono nate molte sue opere. Ed ancora nella pagina citata da Erthole, proprio nella rappresentazione del carattere montagnoso della natura dell’Isola, si può sentire anche la lunga esperienza vissuta nel capoluogo e quell’immagine naturalistica diventa, senza sforzi compositivi, anche il paesaggio cagliaritano, tutto roccia e calcare. Come un omaggio alla città, dove egli dimora, dopo un lungo peregrinare per l’Italia, lontano dalla Sardegna. Cagliari, che ha stampato anche alcune delle sue opere più notevoli, e che gli ha assicurato gran numero di lettori e saggi autorevoli della critica letteraria, operante nei quotidiani e nelle riviste locali. Con intensi echi oltre Tirreno».
Parentesi. Non credo, non lo credo affatto, sia stato ben compreso, o sempre compreso, Zizi, dallo stesso Mameli (prima citato) che in un precedente articolo – questo del 1993, uscito su Sardegna Fieristica – aveva riportato la sua prolificità letteraria ad uno stato di reazione alla «aridità del lavoro di bancario in una città che sente estranea». Incredibile l’addebito di «aridità» alla fatica di farsi quotidiano polmone dell’economia d’una comunità, incredibile l’addebito di estraneità al proprio essere ed esistere riferito alla città nella quale egli s’era invece sentito pienamente realizzato. Ma capitano, talvolta, questi equivoci, fra intervistati e intervistatori… In un colloquio, remoto ormai di trent’anni, concesso a Roberto Paracchini, aveva definito, quello della banca, «un mondo popolato di uomini che non conoscono quiete», aggiungendo che «I personaggi dei miei romanzi si sono nutriti anche degli umori che salgono dal mondo bancario… I materiali narrativi che offre la banca sono roventi, come colate di lava incandescente, e hanno bisogno di raffreddarsi per lasciarsi modellare». (Mi vien da pensare adesso alle quindici interviste simulate da Zizi pubblicate a tutta pagina, fra il febbraio e l’aprile 1990, su La Nuova Sardegna con quindici eccellenze dell’imprenditoria isolana: materiali schedati di cui potrei riferire in altra occasione).
La banca – e il suo Banco! – e Cagliari. Forse nella più bella delle sue molte interviste – avvenne con Marco Manca responsabile della pagina culturale de L’Unione Sarda, e l’anno era il 1998 – Zizi sostenne, sui due punti – banca e città – questo: «il mondo della banca è popolato di personaggi straordinari, tutti degni di essere raccontati. Se non avessi potuto esprimere con la scrittura la banca o il paese, avrei sentito una mutilazione»; e poi, sull’altro fronte: «Gli abitanti del capoluogo hanno una lingua di dialogo che li ha abituati ad accogliere con comprensione chi arriva dall’esterno. A capire l’altro». E in una successiva intervista, ancora a Manca, nello stesso anno: «Anche Cagliari è un luogo dell’anima: quando mi ci hanno trasferito non volevo venirci, avevo i miei pregiudizi, i nuoresi pendono soprattutto verso Sassari. Alla fine, Cagliari è quella che mi ha dato di più, anche se il cuore resta ad Orune». Dunque, tanto la banca quanto la città, da questo formidabile punto di vista, rappresentavano nel suo giudizio valori, non disvalori.
Da alto dirigente bancario e insieme da umanista in permanente tensione, gli era parso di afferrare e comprendere le coordinate sociologiche, non vorrei dire (ma ne sarei tentato) antropologiche, a rivelazioni progressive… sicut in cute et intus, del maggior polo urbano dell’Isola. Ne raccontava il positivo e il negativo, i limiti e gli spazi quasi infiniti di sviluppo e promozione possibile: parlava all’inizio, cauto, di un «mutamento senza progetto» alla base dello «spaesamento» di cui gli pareva soffrisse la città «in bilico tra passato e futuro, ma senza un presente» in cui potersi rispecchiare, avvertendo essere «esplose le quantità e… scomparse molte povertà materiali» e individuando in ciò l’origine di quella certa «inquietudine» e di quel certo «disagio» che – sosteneva – «fanno pensare a un rimorso o a un pentimento per le troppe potenzialità che restano inespresse».
Superata però questa demarcazione prudenziale sugli effettivi cagliaritani, avvertiva imperioso dire il suo canto d’amore alla città che lo aveva accolto «generosamente» facendogli «vincere le paure e i pregiudizi» che s’era portato appresso venendo dalla Barbagia. «Il nuovo e il meglio che stentano ad acquistare visibilità – diceva ancora del maggior capoluogo – vanno cercati in quel sottosuolo dimenticato dove l’anima grande di Cagliari compie i suoi prodigi con forme di solidarietà silenziosa inconcepibili in altre epoche. Ma il mutamento che più conta, anche perché più ricco di futuro, riguarda la sfera culturale. Nonostante tutto – soggiungeva raccontandosi al responsabile della pagina culturale de L’Unione Sarda – Cagliari è una città colta: mi riferisco in modo particolare ai nuovi saperi che salgono dai luoghi dove si progetta e si produce combinando l’arte con la scienza. E’ un processo in espansione che sembra non conoscere esclusioni di ceto né di sesso». Giudicava Cagliari «un serbatoio inesauribile di valori narrativi», ed è per questo che la città era entrata nelle vicende raccontate ne “Il ponte di Marreri”, ne “Il cammino spezzato”, in “Cantore in malas”…
Da uomo di banca aveva avuto modo di conoscere «le espressioni più significative della cagliaritanità». Fu preciso: «La banca, osservatorio privilegiato, mi ha consentito – questo confidava al suo intervistatore – di seguire da vicino il processo travagliatissimo attraverso il quale si è formata una classe imprenditoriale a Cagliari. Posso dire che professionalmente sono cresciuto con quelli che ho chiamato gli uomini del fare. Quando sono approdato in altri contesti, mi sono reso conto quale supplemento di fatica, d’inventiva e di sofferenza richieda o richiedeva fare l’imprenditore in Sardegna. Gli uomini del fare che ho conosciuto a Cagliari si sono fatti da soli, dai padri hanno ereditato solo l’intelligenza e la volontà di resistere. Sto parlando di uomini che prediligono l’essere più che l’apparire».
E più oltre gli parve doveroso far menzione di una virtù forse quasi soltanto dei cagliaritani, o qui combinata in modo assolutamente originale: «è l’ironia che finisce per riscattarli dalle molte debolezze che essi hanno, come tutti gli umani. L’ironia è il riflesso di quella libertà segreta che ogni cagliaritano difende in tutti i rapporti».
In conclusione, ove sia mai possibile far raffronti, e comunque mai per dare pagelle, ecco Zizi accennare a «ciò che distingue i cagliaritani dagli altri abitatori della Sardegna», rilanciando un’opinione altre volte manifestata: «è la capacità dell’approccio con l’ “altro” che essi hanno, favoriti in ciò dalla ricchezza espressiva della loro lingua, che è stata e continua ad essere lingua di dialogo. Così si spiega la generosità e la tolleranza con cui Cagliari ha saputo accogliere i cercatori di fortuna venuti da ogni dove. Si potrebbe dire che per i cagliaritani la pregnanza della lingua che parlano è la casa del loro Essere».
Come onorare una memoria operosa?
Bachisio Zizi è stato tumulato, all’indomani del terribile ferragosto 2014, vigilia quasi del suo novantesimo compleanno, al camposanto civico di San Michele, in un plesso fra i primi che s’incontrano sulla sinistra del piazzale d’ingresso. Ne trovi subito l’immagine – un volto sorridente –, e il nome con gli essenziali riferimenti anagrafici, nell’alto di quella costruzione nuova. Gli incontri continuano ad essere periodici, direi frequenti.
Fra gli impegni che con lui personalmente mi sono assunto, nei dialoghi segreti, e per tenerne feconda la memoria in questa città d’elezione che non esige però primazie, e lascia ad Orune ed a Nuoro ogni precedenza in una fraternità che non è, evidentemente, di protocollo ma di natura – benché, oso dire, la vicenda giudiziaria di Santi di creta creò in un lui un motivo insuperato di distacco morale dal capoluogo barbaricino –, è stato quello di dedicarmi a riunire, in un solo ma articolato repertorio, i titoli del tanto che di lui e della sua opera hanno scritto, e del tanto che lui stesso ha scritto. Non temendo di denunciare così anche i vuoti – responsabilità mia (come, per dirne una, la recensione de Il ponte di Marreri uscita, fra le prime, su L’Unione Sarda a firma di Antonio Romagnino) –, ma credendo alla volontà collaborativa di chi possa integrare, così da averne, magari nell’arco del prossimo anno, un regesto davvero pieno e perfetto.
Volgerò dunque il ricordo dell’uomo e dell’intellettuale, quest’anno, combinandolo ad un adempimento che so bene quanto possa risultare utile anche a chi voglia meglio studiare la sua figura, più profondamente inquadrandola nella storia civile e sociale del Nuorese e della Sardegna del Novecento e di questo primo scorcio del nuovo secolo; inquadrandola anche, più specificamente, nelle dinamiche nuove della nostra letteratura narrativa e di riflessione.
Più precisamente, in questo primo report cercherò di riproporre, in ordine cronologico, i titoli delle recensioni (prevalentemente di stampa, ma anche in libri di critica) ricevute dai suoi molti libri.
Spero a settembre od ottobre di poter far seguito con un secondo articolo, puntato invece alla sua produzione pubblicistica, richiestagli per lo più dai quotidiani isolani, a commento sovente di episodi della cronaca sociale o come riflessione sulla funzione (e la dispersione) degli intellettuali sardi, o magari sulle malinconie esistenziali della terza età…
Debbo aggiungere due inviti, rinnovati, alle direzioni competenti de L’Unione Sarda e de La Nuova Sardegna – testate cui Zizi donò per lunghi anni la sua preziosa collaborazione, ora in terza ora in prima pagina – perché nella programmazione delle uscite editoriali considerino l’opportunità di produrre un libro con la raccolta dei diversi contributi offerti dallo scrittore, un po’ sul modello di quel bellissimo volume che L’Unione dedicò anni addietro a Salvatore Cambosu collaboratore del giornale negli anni ’50 e ’60.
Rilancio inoltre la proposta di costituire un fondo per una prima borsa di studio a uno studente che voglia impegnare la sua tesi di laurea nell’approfondimento della complessa personalità di Bachisio Zizi fra banca e letteratura.
Potrebbero invero gli stessi colleghi dell’onorato Banco di Napoli – nell’Isola ormai assorbito ora sono quasi tre lustri dal Sanpaolo e poi da IntesaSanpaolo – costituire in proprio una dotazione volta magari a delineare le particolarità gestionali dell’alto dirigente dell’istituto di credito: e per questo valga qui ricordare che Zizi fu assunto dal Banco di Napoli nel primo concorso postbellico, svoltosi nel 1949; che lavorò fino al 1968 (cioè per i gradi impiegatizi e per quello di funzionario di direzione) presso la succursale di Nuoro al tempo sita nel centrale corso Garibaldi; che con il rango di vice direttore settorista fu assegnato alla sede di Cagliari, dove venne quindi promosso tre volte, ottenendo nel 1976 la titolarità della filiale capogruppo interprovinciale Cagliari/Oristano; che nel 1982, con i gradi di direttore di sede, fu incaricato del ruolo di Capo Area Territoriale, con autonomia deliberativa elevatissima (si trattava di uno scorporo della direzione generale in chiave regionale); che nel 1985 fu promosso condirettore centrale e portato a dirigere a Napoli il Servizio Credito Fondiario della direzione generale, e due anni dopo trasferito a Roma come Capo Area Territoriale dell’Italia centrale. Lasciò il servizio nel 1989 e non poco tempo dedicò a formare – lui che valeva un professore universitario competente giurista ed economista insieme – i giovani colleghi in vista dei concorsi interni per i più alti gradi di responsabilità nelle filiali dell’istituto di credito.
Per un repertorio delle recensioni
Ecco di seguito, come ho potuto riordinare i materiali raccolti nel tempo, l’elenco dei titoli degli articoli che vari recensori hanno firmato sulla stampa prevalentemente regionale, a commento delle opere letterarie di Bachisio Zizi. Segnatamente per Santi di creta, compaiono nella rassegna anche i riferimenti alle amare, incredibili, surreali cronache giudiziarie suscitate dalla querela presentata dalla famiglia Lostia ritenutasi diffamata dal romanzo.
Marco e il banditismo, Cagliari, Fossataro, 1968
“Marco e il banditismo”, un’opera destinata a sollevare molto scalpore, di Domenico B. Ranedda, La Nuova Sardegna, 13 ottobre 1968;
“Marco e il banditismo”: un romanzo sardo, di Mario Delogu, La Nuova Sardegna, 12 dicembre 1968;
Questa volta si parla di B. Zizi e di “Marco e il banditismo”, di Zaccheo [in “Lo spaccio di Zaccheo e Nicodemo”], Frontiera, n. 8/1973;
La mala pianta di ogni malessere: “Marco e il banditismo”, di Diodato Pigliaru [in “Ad ognuno il suo libro”], La Nuova Sardegna, 13 novembre 1973;
Il filo della pietra, Cagliari, Fossataro, 1971; quindi Nuoro, Ilisso, 2012
Il filo della pietra di Bachisio Zizi, di F. Santana, n. 11.12/1971, Frontiera;
Il filo della pietra: per un romanzo di Bachisio Zizi, di Diodato Pigliaru, La Nuova Sardegna, 27 ottobre 1976;
(una rapida menzione è anche nella rubrica “La Sardegna in libreria”, a cura di a.c. [Aldo Cesaraccio], La Nuova Sardegna, 14 novembre 1971);
Il filo della pietra, [stralcio del cap. II], Renzo Cau, L’altra Letteratura. Scrittori sardi contemporanei, Monastir, stamp. Grafiche Ghiani, 1999;
Greggi d’ira, Cagliari, Fossataro, 1974; quindi Nuoro, Il Maestrale, 1999
Il pastore in esilio: un romanzo sardo, di Cesare Protetty, Tuttoquotidiano, 2 novembre 1974;
La rivolta dei pastori: un libro su un’amara vicenda sarda, di Eliseo Spiga, La Nuova Sardegna, 28 dicembre 1974;
Greggi d’ira: un romanzo di Bachisio Zizi, [stralcio con il seguente distico: «Apparso qualche mese fa, “Greggi d’ira” di Bachisio Zizi (autore anche di “Marco e il banditismo” e di “Il filo della pietra”), va riscuotendo larghi consensi fra i critici e i lettori. Ambientato in Barbagia, “Greggi d’ira” narra la storia di un pastore ma le vicende del protagonista finiscono per mettere insieme un quadro della vita disperata delle zone interne della Sardegna. Dal volume, pubblicato dalla Editrice Sarda Fossataro, abbiamo tratto il seguente capitolo»], L’Unione Sarda, 31 gennaio 1975;
Il pastore sconfitto: una esemplare vicenda sarda in un libro di Bachisio Zizi, di Diodato Pigliaru, La Nuova Sardegna, 23 marzo 1975;
Il ponte di Marreri, Cagliari, La Voce Sarda Editrice, 1981; quindi Roma, Robin, 2001; infine Nuoro, Ilisso, 2004
Un’ipotesi di lettura del “Ponte di Marreri” / Dibattiti, il lavoro letterario in Sardegna negli anni ’80, di Mario Ciusa Romagna, L’Unione Sarda, 3 dicembre 1981;
L’amara vita dei pastori sardi: i romanzi di Bachisio Zizi, di Giuseppe Susini, L’altro giornale, 27 dicembre 1981;
Splendori e miserie di una comunità sarda / Incontri, letteratura e società in Sardegna: Bachisio Zizi racconta i retroscena del “Ponte di Marreri”, di Giovanni Mameli, L’Unione Sarda, 30 dicembre 1981;
Un lettore su “Il ponte di Marreri”, di Mario Ladu, L’altro giornale, 5 gennaio 1982;
Per “Il ponte di Marreri” una “serata sarda” a Milano: presentato il romanzo di Bachisio Zizi, di M.F., L’Unione Sarda, 13 marzo 1982;
L’umanità della Sardegna nel telaio del romanziere: altre ipotesi di lettura su “Il ponte di Marreri”, di Francesco Zedda, L’Unione Sarda, 24 marzo 1982;
I segnali del tempo scritti sulla terra: pubblicato il “ponte di Marreri” di Bachisio Zizi. Un romanzo in cui le voci e le speranze dell’uomo si perdono in Sardegna nelle voci della natura, di Leonardo Sole, La Nuova Sardegna, 27 marzo 1982;
Quel passato esiste solo nelle speranze di oggi: “Il ponte di Marreri” di Bachisio Zizi tra storia e utopia, di Salvatore Tola, La Nuova Sardegna, 13 aprile 1982;
Rulli di tamburi a Orvine: considerazioni su “Il ponte di Marreri”, di Pantaleone Giacobbe, L’Ortobene, ?;
Vendetta sarda: B. Zizi, “il ponte di Marreri”, di Carlo Sgorlon, Il Giornale nuovo, 12 febbraio 1984;
Dal “ponte di Marreri” alla “vendetta sarda”, di Mario Ciusa Romagna, L’Unione Sarda, 29 febbraio 1984;
Tra Santi di Creta e Miale, auguri a Bachisio Zizi, di Rosa Miale, L’Unione Sarda, 8 aprile 1989;
Bachisio Zizi, Il ponte di Marreri, di Pierpaolo Pisanu, Scrivere al confine. Radici, moralità e cultura nei romanzieri sardi contemporanei, a cura di Giuseppe Marci, Cagliari, CUEC, 1994, pp. 111/114;
Erthole, Cagliari, La Voce Sarda Editrice, 1984; quindi Roma, Robin, 2001; quindi Nuoro, Ilisso, 2003
Frammenti di un mondo nei labirinti della memoria / Incontri, Bachisio Zizi parla di “Erthole”, il suo quinto romanzo [sommario: «Nato da un profondo travaglio ha il paese come punto di riferimento e fonde racconto e saggio, realtà e sogno, passato e presente ponendo “lingua colta” e “lingua dell’istinto” a confronto-scontro»], di Giovanni Mameli, L’Unione Sarda, 9 novembre 1984;
Tre critici presentano “Erthole”, red., L’Unione Sarda, 29 novembre 1984;
“Erthole” di Zizi: un ritorno alla coscienza del paese-mondo: il romanzo presentato ieri a Cagliari da Boccazzi, Ciusa Romagna e Meccoli, di Vittorino Fiori, L’Unione Sarda, 1° dicembre 1984;
L’editoria sarda salterà il fosso? “Erthole” e “Araj dimoniu”, di Leandro Muoni, La Nuova Sardegna, 8 dicembre 1984;
La magia di un libro, di Fabio Maria Crivelli [in “Agenda aperta”], L’Unione Sarda, 16 dicembre 1984;
La ricomposizione di una doppia vita: l’ultimo libro di Bachisio Zizi “Erthole”, di Eliseo Spiga, La Nuova Sardegna, 18 dicembre 1984;
Erthole: il nuovo romanzo di Bachisio Zizi, di Francesca Mu, NuovOrientamenti, ? dicembre 1984;
Il fascino discreto delle antiche civiltà / Incontri, Cino Boccazzi: il mestiere di esplorare i deserti, di Giovanni Mameli, L’Unione Sarda, 4 gennaio 1985;
L’ultima favola di Bachisio Zizi, di Cinzia De Filippis [in “Agenda/cultura”], Il Cagliaritano, n. 1/ gennaio 1985;
Quel doppio travestimento di Zizi, di Ignazio Delogu, La Nuova Sardegna, 30 gennaio 1986;
Una visita in carcere, [stralcio del cap. XXVII], Scrittori sardi del Novecento, antologia a cura di Giovanni Mameli, Cagliari, EdiSar, 1989; (il testo, in una forma più ampia, era stato anticipato dall’autore per L’Unione Sarda, che lo pubblicò a tutta pagina come “lettura della domenica” il 21 novembre 1982: Quel giorno a Bad’e carros. Il racconto di un’esperienza d’incontro con i detenuti del carcere nuorese).
Il gioco delle pietre, [stralcio del cap. XVIII], Giovanni Pirodda, Letteratura delle regioni d’Italia, storia e testi. Sardegna, Brescia, Editrice la Scuola, 1992;
Santi di creta, La Voce Sarda Editrice, Cagliari, 1987
Storia di Carmenedda dispensatrice di gioia e Istevene, quasi un filosofo [l’autore anticipò il cap. XV del suo romanzo ancora in divenire per L’Unione Sarda ; con tale doppio titolo il quotidiano pubblicò il testo, che avrebbe subito brevi rimaneggiamenti nella stesura definitiva, a tutta pagina il 10 ottobre 1985, quasi due anni prima dell’uscita del libro];
La fine di un mondo / Libro della settimana: “Santi di creta”, nuovo romanzo di Bachisio Zizi [sommario: «Anche in questa storia tutta ambientata a Nuoro il tema centrale è la dinamica del mutamento. La saga della famiglia Are fra gli sconvolgimenti prodotti dal regime fascista e dalla guerra»], di Giovanni Mameli, L’Unione Sarda, 23 maggio 1987;
Presentato ieri “I santi di creta”, l’ultimo lavoro di Bachisio Zizi, red., La Nuova Sardegna, 5 giugno 1987;
Tempo e storia in Bachisio Zizi: intervista a Mario Ciusa Romagna, red. Telecomando, 7.13 giugno 1987;
Elogio di un romanzo dove la santità confina con la follia: l’ultima opera di Bachisio Zizi, di Lucia Pinna, L’Unione Sarda, 21 agosto 1987;
Chiesto al giudice il sequestro dell’ultimo libro di Bachisio Zizi: perché la famiglia Lostia si ritiene diffamata, red., L’Unione Sarda, 18 settembre 1987;
I Lostia contro Zizi: “Il suo libro ci offende”: chiesto il sequestro di “Santi di creta”, red., La Nuova Sardegna, 18 settembre 1987;
E Zizi replica ai Lostia: “Immiseriscono il libro: lo scrittore sulla richiesta di sequestro per “Santi di creta”, red. [M.C.], La Nuova Sardegna, 19 settembre 1987;
Le opere di Zizi, di Aldo Coni [nella rubrica delle lettere e interventi dei lettori], L’Unione Sarda, 27 ottobre 1987;
Il best seller sardo finisce davanti al giudice: una famiglia di Nuoro che si identifica nel romanzo “Santi di creta” ha citato in giudizio lo scrittore Bachisio Zizi, L’Unione Sarda, 1° novembre 1987;
Così un sogno finisce alla sbarra: lo scrittore Bachisio Zizi in tribunale: realtà storica e diritti della creazione poetica, di Giuseppe Marci, La Nuova Sardegna, 1° novembre 1987;
Aperta la causa sul romanzo di Bachisio Zizi “Santi di creta”, red., L’Unione Sarda, 4 novembre 1987;
Per ora non ci sarà sequestro del romanzo di Bachisio Zizi: ieri la prima udienza del processo intentato a “Santi di creta” dalla famiglia nuorese dei Lostia, red., La Nuova Sardegna, 4 novembre 1987;
Santi di creta… con “coda di paglia”?, di Andrea Coco, Telecomando, 15.21 novembre 1987;
Ancora guai per Bachisio Zizi rinviato a giudizio per il romanzo Santi di creta, red., L’Unione Sarda, 8 settembre 1988;
“Zizi ci ha diffamati”, i Guiso Gallisay non ritirano la querela: è iniziato a Cagliari il processo contro lo scrittore, red., L’Unione Sarda, 31 gennaio 1989;
Storie rievocate e antichi casati, scrittore in aula: l’imputato è Bachisio Zizi, red., La Nuova Sardegna, 31 gennaio 1989;
Un romanzo può diffamare? “Santi di creta”, caso giudiziario, di Antonangelo Liori, L’Unione Sarda, 22 febbraio 1989;
“‘Santi di creta’ profana la storia”: Tribunale, le accuse dei Lostia a Zizi, red., La Nuova Sardegna, 22 febbraio 1989;
Il Pm chiede dieci mesi per lo scrittore Bachisio Zizi [strillo di prima pagina], I “Santi”, la legge e il buon nome: se il romanzo finisce in tribunale: Bachisio Zizi accusato da una famiglia dell’antica nobiltà nuorese, red., La Nuova Sardegna, 7 marzo 1989;
Bachisio Zizi condannato ma il suo libro non andrà al rogo: sentenza in Tribunale a Cagliari, red., L’Unione Sarda, 14 marzo 1989;
Multato Bachisio Zizi: il tribunale di Cagliari dà ragione ai Guiso-Gallisay-Lostia [«E in sede civile si deciderà quanto dovrà pagare di danni. Diffamatorio il suo “Santi di creta”»], red. [U.A.], La Nuova Sardegna, 14 marzo 1989;
Polemiche all’indomani della sentenza contro Bachisio Zizi [strillo di prima pagina], Ma quel Gattopardo somiglia a mio zio: dibattito e polemiche dopo la condanna di Bachisio Zizi, di Giuseppe Marci, La Nuova Sardegna, 15 marzo 1989;
Non sparate sullo scrittore, un romanzo è solo parole: polemica sulla sentenza che condanna Bachisio Zizi, di Leonardo Sole, La Nuova Sardegna, 16 marzo 1989;
Perché adesso dovrebbe capire Zizi?, di Gianfranco Murtas, L’Unione Sarda, 23 marzo 1989;
Non condannate lo scrittore se prende ispirazione dalla realtà: lettera aperta di studiosi sardi di letteratura e giurisprudenza, L’Unione Sarda, 20 aprile 1989;
Scrittore, il giudice ti guarda: gli intellettuali sardi parlano della condanna di Zizi, l’autore di “Santi di creta” [«Ogni riferimento alla raltà può essere diffamatorio»], di Marco Lai, L’Unione Sarda, 23 giugno 1989;
Documento di solidarietà per lo scrittore Bachisio Zizi [«Gli intellettuali sardi dopo il convegno su Salvatore Satta prendono posizione in difesa dell’autore dei “Santi di creta” condannato per diffamazione»], Sassari Sera, n. 4/1989;
La sentenza che ha arrestato i “Santi di creta”:Bachisio Zizi, quando l’aula di giustizia diventa sede di critica letteraria, red., Sassari Sera, nn. 8.9/1989;
Parole e sospetti: dopo la nuova condanna di Bachisio Zizi per il romanzo “Santi di creta”, accusato di diffamazione, intellettuali e scrittori parlano del labile confine tra realtà e invenzione narrativa, di Sergio Benoni, L’Unione Sarda, 14 febbraio 1992;
Emozioni alla sbarra: in un breve racconto lo scrittore Bachisio Zizi parafrasa il processo che lo ha visto protagonista. I personaggi d’un romanzo possono essere pericolosamente simili al vero? [distico introduttivo: «E’ quasi un racconto sentimentale quello che Bachisio Zizi ha scritto parafrasando, neanche tanto sommessamente, il processo che due anni fa lo ha visto imputato di “diffamazione a mezzo stampa” per aver inventato nel suo libro “I santi di creta”, personaggi immaginari ritenuti troppo simili al vero. Un piccolo calvario d’autore narrato con lo sbigottimento allucinato di chi per la prima volta ha la sensazione che i suoi eroi di carta gli si rivoltino contro, occupando all’improvviso le luci della ribalta giudiziaria»], L’Unione Sarda, 30 marzo 1992;
Bachisio Zizi, Santi di creta, di Paolo Lusci, Scrivere al confine. Radici, moralità e cultura nei romanzi sardi contemporanei, a cura di Giuseppe Marci, Cagliari, CUEC, 1994, pp. 129/134;
Bachisio Zizi, La guerra a Nuoro, [stralcio del cap. XIV], Paola De Gioannis, Giuseppe Serri, La Sardegna. Cultura e società, antologia storico-letteraria, Firenze, La Nuova Italia, 1991;
(del caso giudiziario si occupò anche l’inserto culturale de La Repubblica, “Mercurio”, il 25 marzo 1989, con un articolo di Paolo Mauri dal titolo I fiori del male sbocciati a Nuoro).
Mas complicado, Cagliari, I girasoli, 1988
(citazione in Da “Marco e il banditismo” a “Mas complicado”: Bachisio Zizi, un dirigente di banca con la passione della letteratura, di Giovanni Mameli, Sardegna Fieristica, aprile-maggio 1993);
Aspettando gli auguri: l’amaro incontro annuale tra i capi e il loro superdirettore [stralcio del cap. XI], L’Unione Sarda, 24 dicembre 1988;
Il cammino spezzato, Cagliari, Cosarda, 1994; quindi con il titolo Il brusio dei frangivento, Sassari, La Nuova Sardegna, 1993
Bonifiche, nel “Cammino spezzato” di Bachsio Zizi l’avventura di Arborea [stralcio del cap. II, con sommario introduttivo: «Pubblicato quattro anni fa, il romanzo dello scrittore sardo racconta come una terra di confine sia potuta diventare florida città e patria di lavoratori arrivati in Sardegna da ogni lembo d’Italia. Arrivare in una terra di confine e riuscire a strapparla alla malaria fino a farla diventare florida città. Quel che è capitato ad Arborea ma è una rabbiosa metafora di quel che potrebbe capitare alla Sardegna se soltanto i suoi abitanti lo volessero»], L’Unione Sarda, 16 dicembre 1998;
Uomini del fare tra utopia e progetti, di Alberto Melis, L’Unione Sarda, ?;
Cantore in malas, Cagliari, Cosarda, 1997
Parole nomadi e scrittori alla macchia, [sommario introduttivo: «Malinconico e amaro l’ultimo libro di Bachisio Zizi, da poco in scaffale. E diviso come sempre tra gli uomini del fare e quelli che subiscono eventi senza poterli pensare»], intervista di Marco Manca, L’Unione Sarda, 13 febbraio 1998;
Calagonis, la conca del ricordo per costruire e disfare ogni utopia [stralcio del cap. I], L’Unione Sarda, 13 febbraio 1998;
Lettere da Orune, Nuoro, Il Maestrale, 1999
Orune, Bachisio Zizi racconta il suo paese dei simboli, intervista di Marco Manca, L’Unione Sarda, 30 luglio 1999;
Sulla strada che porta a Marreri [stralcio del cap. I: «Tra discese e salite il ritorno nei gironi di un inferno domestico»], L’Unione Sarda, 30 luglio 1999;
Da riva a riva, Cagliari, Cosarda, 2001
La Sardegna di Zizi. Discorso amoroso sull’isola del vento, di Leandro Muoni, La Nuova Sardegna, 2 giugno 2001;
I supplici, Cagliari, Cosarda, 2002
E’ stato presentato ieri a Cagliari il nuovo romanzo dello scrittore orunese Bachisio Zizi, “I supplici”. Il limbo delle anime perse. Crisi dell’identità etnica e inaridimento dei codici, di Leandro Muoni, La Nuova Sardegna, 23 novembre 2002;
La suonatrice d’arpa, [stralcio della parte seconda], Scrittori sardi del Duemila, antologia a cura di Giovanni Mameli, Cagliari, Zonza editori, 2006.
Oltreché sulla stampa quotidiana e periodica, l’opera letteraria di Bachisio Zizi è stata oggetto di argomentato giudizio in numerosi testi di critica. A parte gli autori già citati (Renzo Cau, Giovanni Mameli, Giovanni Pirodda, Paola De Gioannis e Giuseppe Serri) ricorderei ancora, almeno Giuseppe Marci (Narrativa sarda del Novecento, Cagliari, CUEC, 1991 e Romanzieri sardi contemporanei, Cagliari, CUEC, 1991), Mario Ciusa Romagna (La Narrativa sarda nel Novecento, Quartu, 1988: si tratta degli atti del convegno in onore di Michelangelo Pira, svoltosi nell’anno a Quartu Sant’Elena), Paola Pittalis (Storia della Letteratura in Sardegna, Cagliari, Edizioni della Torre, 1998), Manlio Brigaglia (Tutti i libri della Sardegna. 100 schede per capire un’isola “difficile”, Cagliari, Edizioni della Torre, 1989).
Restano fuori dall’elenco, per adesso, i lavori conclusi con il supporto di “Il mio libro”, che meriterebbero – meriteranno anzi – una trattazione a sé. D’altra parte la produzione saggio-pubblicistica, cospicua per numero oltreché per la pregnanza dei contenuti, presenta anch’essa il tanto meritevole di una lettura ordinata e critica. E chissà che un domani, se tali materiali – non onorati dalle nuove programmazioni editoriali de L’Unione Sarda e de La Nuova Sardegna – si potessero dare alle stampe in due-tre volumi, suddividendone cronologicamente più che per argomento gli apporti (come a dare l’idea di una lunga agenda d’analisi sulle cose della Sardegna e del vasto mondo), noi si riesca per davvero al miracolo.
By pinaghisu, 14 agosto 2016 @ 13:34
Leggendo l’ articolo di Gianfranco Murtas mi sono commossa e rallegrata per questo ricordo così sentito e ben articolato che ci rende Bachisio Zizi in tutta la sua complessità e grandezza. Lo ringrazio,sperando che le sue proposte abbiano seguito e che possiamo discutere ampiamente. Bachisio Zizi ha scelto per andarsene un giorno in cui quasi tutti pensano solo allo svago .Non dobbiamo per questo dimenticarci di lui,del bene che ha voluto e che ancora può fare con i suoi scritti al suo paese e alla Sardegna intera.