l deputato “comunista” di Sel contro il taglio agli stipendi degli onorevoli: “Non siamo mica metalmeccanici”, di Matteo Pucciarelli
Bufera sull’intervento di Arcangelo Sannicandro, ex Pci e Rifondazione, durante la discussione alla Camera: “Non siamo mica subordinati dell’ultima categoria”. Dopo le proteste le spiegazioni: “Non abbiamo né Inps né Inail”. Da Il corriere della sera, 11 agosto 2016
La frase suona doppiamente infelice se messa in bocca a un parlamentare di Sinistra Ecologia e Libertà, per una vita nel Pci e poi in Rifondazione Comunista: “Non siamo lavoratori subordinati dell’ultima categoria dei metalmeccanici! Da uno a dieci noi chi siamo?”. A pronunciarla in aula nei giorni scorsi è stato Arcangelo Sannicandro, avvocato e deputato pugliese, e non in pochi nel suo partito hanno subito rilevato l’inopportunità del paragone per chi, in teoria, è cresciuto a pane e classe operaia (o braccianti agricoli, come nel caso di Sannicandro). Il contesto del suo intervento era la risposta a un ordine del giorno dei Cinque Stelle, i quali chiedevano all’Ufficio di presidenza di ridurre l’indennità di carica dei deputati da 10mila euro lordi a 5mila, al netto dei rimborsi per la diaria e per l’esercizio del mandato: in sostanza, il passaggio da 5mila euro netti a 3.200.
Tra le altre cose, Sel in parlamento un metalmeccanico della Fiat in carne e ossa l’ha mandato per davvero, cioè il senatore Giovanni Barozzino, a suo tempo licenziato dall’azienda dopo uno sciopero. Senza dimenticare che tra i banchi del partito siede un altro ex leader dei metalmeccanici della Fiom, Giorgio Airaudo.
Insomma, la presa di distanze di “censo” dalle tute blu da parte di un esponente comunista ha creato un piccolo putiferio in Sinistra Italiana, tanto che Sannicandro ha dovuto spiegarsi meglio su Facebook, caldamente invitato a farlo dai compagni di partito: “Tentavo di stabilire alcuni dati essenziali per affrontare il problema dell’indennità di carica dei deputati in modo oggettivo e non demagogico. Ho chiarito preliminarmente una ovvietà che è scomparsa dal lessico e dall’orizzonte culturale di tanti sia a destra che a sinistra, e cioè che i deputati e i senatori non sono lavoratori subordinati né autonomi. E cioè non sono operai, impiegati, artigiani, commercianti o liberi professionisti. Così come dice la Costituzione siamo rappresentanti attraverso cui il popolo esercita la sua sovranità. Se ciò non fosse sufficientemente chiaro, aggiungo che i deputati non sono assicurati né all’Inps e né all’Inail e né ricevono le prestazioni da questi all’occorrenza erogate, né sono inquadrati in un contratto collettivo nazionale”.Continua l’avvocato pugliese, che nel 2014 ha dichiarato un reddito di oltre 400mila euro: “Della mia professione voglio solo ricordare che è stata esercitata solo e sempre dalla parte dei lavoratori, anche metalmeccanici, insensibile alle lusinghe e non intimidito da pesanti minacce. Comprendo la malafede e la disonestà intellettuale degli avversari politici, ma mi sorprende la superficialità con cui vengono recepite le strumentalizzazioni da parte di coloro che dovrebbero essere adusi ad avvertirle immediatamente”.
Sempre sui social, arriva la risposta di Mirco Rota, segretario generale della Fiom in Lombardia: “Le sue parole sono un flash perfetto di come la politica ha rappresentato il lavoro subordinato, quello che una volta si diceva sicuro, garantito e con i diritti riconosciuti. Oggi se lavori rischi di essere comunque povero, se fai il parlamentare ti puoi sistemare per il testo della tua vita. Un tempo i metalmeccanici erano il riferimento per chi voleva cambiare l’Italia, oggi anche per la sinistra sono una classe a cui è meglio non assomigliare in niente e per niente”.
A proposito di operai, comunque, fino a pochi anni alcune formazioni della sinistra come Democrazia proletaria prevedevano di livellare lo stipendio dei propri eletti in parlamento e nei consigli regionali a quello di un quarto livello metalmeccanico. Il resto andava direttamente al partito. Un modo – si diceva allora – per non allontanarsi dalle esigenze e dai bisogni della “classe operaia”.