Sessant’anni fa, uno schianto dal cielo di Arborea. Le vittime, la solidarietà della cittadina, il ricordo in un monumento, di Alberto Medda Costella
Corre l’anno 1956. Arborea è appena uscita vittoriosa da una lunga lotta, che ha visto i suoi abitanti – coloni di origine prevalentemente veneta arrivati a partire dalla fine degli anni’ 20 – coinvolti in una lunga vertenza con la S.B.S. per il riscatto dei poderi, che avevano lavorato a mezzadria fino a quel momento[1].
Ultimi scampoli di primavera. È mercoledì 13 giugno. La nebbia fitta alle prime luci dell’alba preannuncia una giornata afosa, come se ne vedono raramente nell’Alto Campidano della Sardegna, battuto com’è molto spesso dalla forza del maestrale, che spira sulla costa occidentale dell’isola. Nessuno immaginerebbe in periodo di pace di essere svegliato dal fragore dello schianto al suolo di un aereo militare. La guerra è finita da undici anni e le mitragliate dell’aviazione alleata, indirizzate alle batterie del Cirras, sono solo un ricordo[2].
Alle ore 6:55, al Centro 3, ultima borgata fondata nel 1952 dalla Società Bonifiche Sarde nella parte più orientale dell’ex stagno di Sassu, distante appena due chilometri dal grosso dell’abitato, precipita un bimotore militare, un Beechcraft C-43 da ricognizione[3]. Lo scontro ripetuto con le cime di alcuni eucalipti, alti alberi i cui filari caratterizzano ancora oggi l’intera bonifica, risulta fatale. Due i morti – il tenente colonnello pilota Luigi Atzori, 41 anni, di Cagliari e il capitano di corvetta Mauro Tavoni, 37enne, originario di Apuania (in provincia di Massa e Carrara), osservatore della Marina in servizio di aereo-cooperazione. Illesi, o comunque con danni contenuti (qualche ferita, con prognosi limitata), gli altri quattro componenti l’equipaggio: gli avieri scelti Armando Piras, Felice Monda e Giulio Stella – giovani di 24, 19 e 22 anni, rispettivamente di Quartu Sant’Elena, Marigliano e Monfalcone – ed il marinaio Francesco Artuori, 21enne di Cattara, nel Salernitano, anch’egli “prestato” dalla Marina Militare all’Aeronautica per le prove aviatorie.
Testimoni dell’accaduto la guardia giurata Laudicino Tomasi e Gilberto Ganassi, l’agente agricolo che coordina il lavoro nella nuova borgata. Se fossero ancora in vita, non sarebbe difficile recuperare la loro testimonianza, vista la disponibilità che hanno dimostrato in passato nel lasciare traccia della loro esperienza nell’impresa di risanamento della piana di Arborea[4]. Ma ormai non possono più raccontarci niente. Mentre l’allora medico condotto Vincenzo Giordano nelle sue memorie riporta:
«una mattina molto nebbiosa mi telefonarono dal Centro Tre Sassu che un aereo italiano si era schiantato al suolo e aveva preso fuoco. Accorso subito sul posto notai, a un centinaio di metri prima del Centro, l’aereo che bruciava e nella carlinga un ufficiale della Marina morto bruciato e un colonnello dell’Aeronautica morto anche lui per lo scoperchiamento della calotta cranica. Nell’aereo si trovavano anche cinque Avieri, i quali, quando il velivolo toccò terra, fecero in tempo a precipitarsi all’esterno, senza riportare alcuna lesione. [...] Avvertita dell’incidente la Base Aeronautica Militare di Elmas, in mattinata giunse il personale responsabile che provvide a far rimuovere i resti dell’aereo»[5].
Dalle cronache dei giornali, possiamo percepire quanto l’accaduto commosse gli arborensi che, al di là evidentemente del legittimo spavento, data la prossimità dell’incidente alle case del centro cittadino, parteciparono al lutto delle famiglie più colpite e mostrarono affettuosa solidarietà anche agli altri militari coinvolti nell’incidente. A questi infatti si prestarono le prime cure nel locale ospedale Carlo Avanzini. Quando poi, non essendosi rilevata in loro alcuna ferita significativa, come diagnosticato dal dottor Giordano, se ne decise il trasferimento unitamente alle salme dei caduti al nosocomio militare di Cagliari. La cittadinanza di Arborea, come dicono le cronache, volle onorarli con «una pioggia di fiori»[6].
Il monumento, voluto dall’allora sindaco di Arborea Luigia Costa, moglie del dottor Giordano, si erge in aperta campagna, in prossimità del luogo dello schianto, a ridosso del Centro 3 Sassu. Sul cippo risaltano con bella evidenza i nomi dei due ufficiali caduti e il simbolo dell’Arma da cui ciascuno proveniva (un’elica e un’ancora rispettivamente per l’Aviazione e la Marina)[7].
Moltissimi cittadini, vivi in quel periodo, oggi non sono più: ecco quindi che gli arborensi di oggi, quando per circostanze fortuite si imbattono in quei nomi sconosciuti riportati nel cippo commemorativo, non riescono ad associarli a vicende delle proprie famiglie e continuano a chiedersi chi siano Mauro Tavoni e Luigi Atzori, che col paese non hanno nessun legame. Valga la circostanza di questa pubblicazione a ridare loro in qualche modo un volto e un’identità.
[1] La dirigenza non voleva rinunciare al controllo di quella che era considerata un’azienda modello a livello italiano, per produzione e tecniche agrarie utilizzate, continuando a impartire le direttive ai suoi mezzadri. Vedi: A. Medda, Lotta per la terra. I coloni di Arborea: da mezzadri ad assegnatari, Cagliari, Università degli Studi, 2013.
[2] A tal fine vi è l’importante testimonianza del medico condotto Vincenzo Giordano. In uno dei fortini si possono ancora vedere i buchi di quegli attacchi. G. Ripa, Video memorie: per non dimenticare chi siamo, Arborea, Associazione culturale Mussolinia, 1998.
[3] Per la data di fondazione vedi: Archivio Storico della Società Bonifiche Sarde, Verbali Consiglio. Registro n° 9. pp. 6-7. Mentre l’inizio del prosciugamento dello Stagno, che dà il nome alle nuove borgate, ha inizio con l’inaugurazione, del 4 novembre 1934, dell’idrovora futurista, progettata dall’ing. Flavio Scano. Vedi: Resurgo. da Mussolinia ad Arborea: vicende e iconografie della bonifica, a cura di G. Pellegrini, Cagliari, Janus, 2000. Bimotore partito da Elmas per un normale volo d’addestramento e tornato a sorvolare la piana di Arborea dopo che, già all’alba, aveva attraversato una prima volta, in andata e ritorno l’intero Campidano. Bassa la visibilità a causa della nebbia. T. P, Precipita ad Arborea un bimotore militare, in “L’Unione Sarda”, Anno LXVIII, 14 giugno 1956, n° 139, p.1; Un bimotore militare precipita presso Arborea, in “La Nuova Sardegna”, Anno 66, 14 giugno 1956, n° 139, p. 1.
[4] Avrebbero detto quel che era sembrato loro di comprendere delle manovre del velivolo, poi confermate dalle indagini giudiziarie e tecniche: cioè che il primo pilota – il tenente colonnello Atzori – al fine di recuperare la visibilità addirittura annullata da un grosso banco di nebbia spinto dal vento, e così portare l’apparecchio a un maggior livello di sicurezza, aveva cercato di risalire di quota, senza però riuscirci proprio a causa dell’impatto fragoroso con la cima di un eucalipto da parte di un’ala, che s’era così staccata, provocando lo sbandamento dell’aereo precipitato a terra dove s’era letteralmente spaccato in due parti. La prua, dove stavano i motori, e la cabina di pilotaggio da una parte, la fusoliera dall’altra. Mentre i due ufficiali morivano sul colpo, gli altri quattro dell’equipaggio erano schizzati violentemente ad una trentina di metri, a ridosso di una collina. Ivi.
[5] Parte delle memorie del medico Vincenzo Giordano, custodite dalla famiglia, si possono trovare in A. M. Angioni, Arborea…e l’Arboreino, Mogoro, Ptm, 2004.
[6] Atzori, sposato con Italia Caruso, aveva quattro figli: Gisella di 16 anni, Paola di 14, Renato di 12 e Alberto di 7. Aveva conseguito il brevetto militare nel 1936 e, ancora giovanissimo, aveva combattuto in Spagna, per passare quindi, per meriti di guerra, in servizio permanente. Nel secondo conflitto mondiale aveva partecipato alle operazioni in nord Africa e quindi nel Mediterraneo centrale. Più di recente aveva completato la Scuola di guerra. Riferendo delle reazioni familiari all’incidente, il cronista dell’Unione Sarda fa cenno a un presentimento confidato dalla giovane vedova del pilota alla notizia della morte del marito, il quale silenziosamente aveva lasciato casa quando ancora tutti riposavano: «Dormiva sognando aerei in fiamme e dentro il rogo il marito. Svegliatasi di soprassalto, la signora ha telefonato verso le sette meno un quarto alla torre di controllo di Elmas. Era presa, per effetto del brutto sogno, da una sottile forma di ansietà. Voleva sapere del marito; ma la risposta era stata rinfrancante: il “Beacheraf” volava verso Oristano. Pochi minuti dopo è avvenuta la sciagura». Tavoni era stato trasferito nell’Isola da soltanto sei mesi. Abitava a Cagliari con la moglie e tre figli di sei, quattro e due anni. Nel secondo conflitto mondiale era stato decorato di medaglia d’argento e di medaglia di bronzo. In quanto ufficiale “osservatore” doveva compiere, con cadenza semestrale, un numero fisso di ore di volo. Quello conclusosi tragicamente avrebbe ultimato il “carico” periodico. Dopo una visita, all’obitorio, del sindaco Pietro Leo e dell’arcivescovo Paolo Botto, i funerali dei due ufficiali si svolsero nel capoluogo nel pomeriggio del 14 giugno, presenti – a segnalare la partecipazione al lutto delle Forze Armate e delle istituzioni civili, i generali Soldani e Palmiotti, rispettivamente comandante militare della Sardegna e comandante dell’Aeronautica, l’ammiraglio Sforza, per la Marina Militare, il presidente della Regione Autonoma della Sardegna on. Brotzu. Il corteo, aperto dalla banda della Legione territoriale dei carabinieri, partì dall’ospedale militare, a Stampace e, passando per il largo Carlo Felice e la via Roma, raggiunse lentamente il cimitero monumentale di Bonaria. Grandissima la partecipazione di popolo dietro il carro funebre e le rappresentanze delle Forze Armate (avieri, marinai, fanti dell’esercito). Le bare erano avvolte dalla bandiera nazionale. Fra le corone di fiori inviate in segno di lutto, anche quella del Comune di Arborea con la scritta «Il popolo di Arborea». La salma del tenente colonnello Atzori è tuttora tumulata nel monumentale di Bonaria, quella del capitano di corvetta Tavoni ha raggiunto successivamente il continente dove è rientrata la famiglia. I funerali delle vittime di Arborea, in “L’Unione Sarda”, Anno LXVIII, 15 giugno 1956, n° 140, p.1; Le esequie agli aviatori periti ad Arborea, in “La Nuova Sardegna”, Anno 66, 15 giugno 1956, n° 140, p. 6.
Nel sito “MyHeritage” è possibile trovare una foto della famiglia di Mauro Tavoni, la giovane vedova e i tre bambini rimasti orfani. https://www.myheritage.com/FP/genealogy-search-ppc.php?lang=IT&type&action=person&siteId=51411021&indId=2000014&origin=profile. Sito consultato il 1/08/2016.
[7] A. M. Angioni, Arborea, op. cit.