La loggia Europa da Cagliari a Sassari, alla Casa della Fraterna Solidarietà. E alla basilica della Trinità di Saccargia, di Gianfranco Murtas
A Sassari il centro solidaristico promosso da Aldo Meloni soccorre quotidianamente con trecento e passa buste alimentari i bisogni elementari di altrettante famiglie sassaresi, ma provvede anche, gratuitamente, ad altre necessità, dal vestiario alle carrozzine per bambini alle dentiere mobili per chi ha perduto la propria dentatura. Accoglie nelle stanze poste a disposizione dall’ex presidente provinciale Alessandra Giudici, oltreché un magazzino di charity shop, anche la sezione territoriale di ALICe, l’associazione per la lotta all’ictus cerebrale, e un ambiente di socializzazione per gli afasici. Sono quaranta i volontari impegnati ogni giorno, in prevalenza signore e ragazzi ancora agli studi – Il ruolo della Massoneria sarda nelle attività sociali dell’Isola.
Dieci anni fa, a palazzo Sanjust, sede delle logge massoniche cagliaritane, il gruppo musico-vocale dei Tenores di Bitti “Mialinu Pira” intonò l’Ave Maria sarda, e fu la prima volta di una esecuzione così intimamente religiosa in uno spazio della Libera Muratoria sarda. Qualche giorno fa – sabato 18 giugno per la precisione – di ritorno da uno stage alla Casa della Fraterna Solidarietà, una loggia cagliaritana si è fermata a Codrongianus, nella medievale suffraganea di Ploaghe, patria storica di Nostra Signora di Saccargia che dà il titolo, in associazione felice alla Santissima Trinità, alla famosa abbazia già camaldolese. Un viaggio – fra la Vergine Maria, ripensata con sensibilità tutta sarda come ponte anch’essa fra Cielo e Terra, e nientemeno che la Trinità di comunione, modello di unità virtuosa del genere umano – nell’alta teologia.
In visita all’abbazia
I massoni della loggia Europa n. 1165, nell’ora circa che hanno dedicato a quella visita, hanno ammirato e ripercorso, negli scambi anche con le guide, gentilissime e competentissime,la storia nove volte centenaria della basilica abbaziale, e così della comunità religiosa che la lungo la resse – il cenobio fu camaldolese, dunque in radice benedettino. Direi di più: con quella religiosa anche della più ampia comunità sociale, dei residenti nel territorio, comunità di famiglie prese a guadagnarsi la vita nelle attività ordinarie, e di sussistenza, della campagna e dei pascoli. Così per lunghi secoli.
Il monumento è straordinariamente bello, e con il capolavoro assoluto di Nostra Signora del Regno di Ardara, e magari San Pietro di Sorres, ma anche con il molto altro che il Logudoro offre, testimonia il romanico sviluppatosi nell’era giudicale della Sardegna. Se chiami tutto “magnificenza” non sbagli. Ammiri il portico con le sue colonne e i capitelli, e la possanza e le linee esterne del manufatto chiaro-scuro, ammiri all’interno la lunga navata di oltre 24 metri e il transetto di sinistra comprensivo della chiesa altomedievale, la più remota (forse del IX secolo)e suggestiva, ammiri l’abside centrale con i suoi affreschi (parzialmente restaurati) – il Cristo in maestà con gli angeli, la processione degli apostoli con la Madonna, San Benedetto e San Romualdo suo continuatore, l’ultima Cena, la cattura di Gesù e la sua crocifissione, e quel “dopo”umano e salvifico della deposizione nel sepolcro e della discesa nel limbo… Ammiri, per la sua sapiente sobrietà, anche il velario, nello zoccolo absidale, a fiori rossi cruciformi: la dignità della povertà nell’omaggio comunque al sacro trascendente. Ammiri la 400esca statua risanata della Vergine – lei benedicente al modo bizantino –, e ammiri anche il doppio, moderno, che del simulacro è stato realizzato alcuni decenni fa per non privare la comunità del riferimento, umano e artistico insieme, della sua pietà (quando appunto il più antico, abilmente scolpito in un unico grosso pezzo di legno, era andato al restauro). Ammiri i retabli – quello maggiore e quello minore, rimontanti entrambi al Quattrocento –, entrambi documenti certi, ancorché monchi, di committenze e di sentimento religioso, in uno a quel proposito catechistico cui le immagini dovevano corrispondere per il vantaggio spirituale del popolo analfabeta, impossibilitato ad accedere ai libri. Ammiri ancora, nonostante una fattura non particolarmente egregia, una tela del Seicento raffigurante un’affollata cena di Betania, il paese degli amici più cari di Gesù, il paese dei fratelli Lazzaro, Marta e Maria cioè, il paese nel quale Maria Maddalena lavò con le sue lacrime i piedi del Maestro amato. Ammiri le pietre scolpite, gli archi, il gioco bicolore dei conci, e l’arte di pittori e scultori chiamati a raccontare l’umano del divino e il divino dell’umano…
Sentimento, programma ed organizzazione nel solstizio d’estate
Ero stato invitato dal Maestro Venerabile della loggia Europa n. 1165 ad accompagnare la compagine, arricchita dalla presenza anche di mogli e qualche figlio, nella trasferta sassarese. Nel maggio 2010 avevo svolto, per invito-incarico di questa stessa loggia costituitasi nel 2000, una relazione sul contributo liberomuratorio al pensiero europeista, a partire da Giuseppe Mazzini e dalla sua profetica Giovine Europa (ormai quasi due volte centenaria ed anticipazione di ogni concerto democratico e popolare nel buio della Restaurazione postnapoleonica disegnata dalle monarchie in chiave illiberale ed autocratica e, a Roma, teocratica).Era stato nell’aula convegni dell’hotel Regina Margherita, presenti anche diverse personalità del mondo amministrativo cittadino e ragazzi delle scuole superiori e dell’università. Il rapporto, così come con altre logge cagliaritane (e sulcitane, e nuoresi e sassaresi), era proseguito nel tempo e giustificava anche questo atto di fiducia rinnovatami. Sicché la presente nota di cronaca diaristica, stesa rapidamente per il sito di Fondazione Sardinia, vuole essere anche il mio personale contraccambio, nella convinzione che i temi trattati possano risultare anche di un qualche più generale interesse.
E va detto dunque che il grosso della giornata, certamente anche gratificato da un’agape fraterna, in campagna, finalizzata anch’essa a dar coesione d’unità ai partecipanti (per il che sono valse pure – omaggio all’età media dei convenuti! – le canzoni, accennate alla chitarra di qualcuno più versato, di Lucio Battisti e Sergio Endrigo), è stato quello trascorso nel cuore di Sassari, nelle ore stesse della distribuzione dei pacchi alimentari: una soltanto delle attività, ma senz’altro la più cospicua e corrente, che quotidianamente la onlus Casa della Fraterna Solidarietà mette in campo per sovvenire ai bisogni denunciati soltanto con la presenza, senza schedatura alcuna dei beneficiari.
Alla distribuzione dei pacchi alimentari, e non solo
Il santo autore direbbe che quelloche prevale, e meriterebbe ogni indugio alla conoscenza – oso dire, sociale ed esistenziale! – è senz’altro la folla di chi la mattina s’incolonna, paziente, per ottenere il proprio bustone. Ed è evidente a tutti che i numeri e lo “spettacolo” umano, che dice di urgenze non altrimenti fronteggiabili, assegnino alla gente, anzi a ciascuno dei partecipanti a quell’ordinato giornaliero passaggio di corso Margherita di Savoia, di fronte alla casa del vescovo francescano (cortese sì, ma mai cordiale, mai empatico, mai visitatore), il ruolo di protagonista.
Ma io che tanta storia sociale degli uomini all’apparenza, soltanto all’apparenza, minimi l’ho raccontata, pur modestamente, con le collane editoriali di Partenia, mi permetto qui adesso di evidenziare altri meriti:quelli dei coprotagonisti, non dei protagonisti. Mi riferisco agli operatori volontari cioè che sono qui accoglienti ed efficienti al pari, non più e non meno, di quelli della Caritas o del servizio Vincenziano e di altre opere laicali o religiose della città, magari esse più generosamente sostenute anche dal Comune, che quasi ignora e cenerentolizza – povero sindaco e poveri servizi sociali sassaresi! – la onlus CFS.
Sono due le categorie di chi compie il miracolo dell’accoglienza quotidiana offrendo il proprio tempo e le proprie energie, rinunciando a qualcosa del pur legittimo egoismo e invece combinandosi variamente al miglior cuore di Sassari: sono una trentina le signore di varia formazione ed età, di varia esperienza e condizione familiare, presenti ogni giorno quelle tre-quattro-cinque ore per preparare la distribuzione e ad essa provvedere; sono quei sette-otto-nove ragazzi dell’istituto tecnico, e non solo, anche i loro amici a rotazione, che si sono accostati per servire anch’essi, e farsi cittadini davvero, consapevoli di responsabilità, giovanissimi che maturano conoscenza nel vivo più personale del loro prossimo; sono altri, uomini adulti che, taluno ancora al lavoro, talaltro nel riempitivo virtuoso del tempo di pensione, si danno alla più generale organizzazione ed alle relazioni con le aziende commerciali, magari con i supermarket del Sassarese, per dar loro informazioni e far capire come possa ancora considerarsi di maggior merito positivo, nel quotidiano, la fame di una persona che non lo scarico, liberatorio e insolente,nei cassonetti della spazzatura di prodotti neppure scaduti.
La loggia, intervenuta da Cagliari giustamente con il suo obolo ma alla ricerca soprattutto anche di consigli, in vista di valutare se e come e quando replicare nel maggior capoluogo una iniziativa analoga, mobilitando magari anche le professionalità mediche e legali ed anche docenti di cui dispone con abbondanza di numeri, ha visitato, respirato anzi, gli ambienti ampi e colmi di Provvidenza che, in verità non senza difficoltà (per una certa inerzia degli uffici), l’ex presidente della provincia Alessandra Giudici aveva messo a disposizione almeno fino al prossimo dicembre.
Con i magazzini dell’alimentare e le sale di confezionamento dei pacchi, ecco quelli del vestiario, ordinatissimi per genere del capo – qui i maglioni, là le camicie, o l’intimo, o il femminile, o i cappotti… -, quelli delle carrozzine per bambini magari ancora in svezzamento. Ecco poi gli ambienti del charity shop – inclusivi anche di abiti (compresi quelli di nozze! di uomini e di donne) che alcuni negozi hanno donato (peraltro scaricandosene fiscalmente) alla onlus. Sono abiti nuovissimi e anche di ottima fattura, buoni per fare… bella figura nelle occasioni obiettivamente… di vetrina. Semplice il meccanismo: chi ne vuole acquistare, in vista di partecipare a un matrimonio o un ricevimento, o magari proporsi conferenziere dietro una cattedra borghese, compra a buon prezzo, non consegnando però denaro ma l’equivalente in pasta e pelati, riso e scatolame, olio e formaggio confezionato, e magari frutta e verdura…
Il charity shop e l’odontoiatria, l’anti-ictus e il diurno degli afasici
L’onlus pare allergica a maneggiare quattrini. Dovendo però pagare non poche bollette e bombole del gas – m’è rimasta nell’orecchio la cifra di 50mila euro come consuntivo credo d’un anno – di quelle famiglie che non trovano grande ascolto fra gli/le assistenti sociali (categoria che io personalmente, per come ne ho conosciuto anche a Cagliari, detesto totalmente), naturalmente non può negare al proprio conto corrente bancario di approvvigionarsi da chi possa e voglia… Sarebbe interessante che il sindaco di Sassari, in faccia alla cittadinanza tutta, ai giornalisti della Nuova Sardegna ed ai trecento, non di rado quattrocento, talvolta cinquecento passanti nel corridoio del corso Principessa Margherita, dettagliasse i criteri di distribuzione dei concorsi finanziari municipali (cioè della cassa collettiva) fra gli enti operatori in Sassari…
Perché poi qui ho/abbiamo trovato anche una sala odontoiatrica, dove dal dentista sono prese le impronte ed il tecnico realizza ed impianta le protesi mobili. Fino a questo momento, ben settecento sono state le dentiere donate ai sassaresi in cerca del recupero masticatorio e non soltanto tale.
Perché poi qui abbiamo trovato una sede di ALICe, l’associazione che si batte contro il rischio (tanto diffuso anche in Sardegna) dell’ictus cerebrale. Sassari,ho/abbiamo appreso, è abbondantemente scoperta in questo campo specifico per i ritardi o i vuoti di approntamento di un servizio h 24…
Perché, poi ancora, qui abbiamo trovato un ambiente d’accoglienza diurna attrezzato per gli afasici, che – date le difficoltà di comunicazione interpersonale– hanno forse maggior bisogno di altri di dar sfogo, nei modi possibili, alla propria creatività ed ai propri interessi. Del che è possibile vedere, e ammirare, i risultati di risposta appesi alle pareti.
La matrice liberomuratoria e il patto Cagliari-Sassari
Se si sono finanziari venti chilometri di condotte idriche in Madagascar, facendone terminale l’opera di un grande, amatissimo gesuita cagliaritano, ora non sono molti anni, o si sono forniti centinaia di infusori a qualche struttura sanitaria ed offerte risorse per l’allestimento di un giardino sensoriale utile agli affetti dal morbo di Alzheimer, o ci si è piegati a coprire ogni esigenza, morale e materiale, di interi nuclei familiari nella periferia cagliaritana e di micro-comunità rurali/artigianali, o si stanno portando dalle elementari all’università bambini/ragazzi/giovani di speciale merito e altrettanto speciale bisogno, la Massoneria sarda non ha, né può avere, da rivendicare meriti speciali. Fa il suo mestiere, come il prete che sull’altare s’affianca al povero alla mensa Caritas. Né più né meno. Molte anche le esperienze avviate e poi non sempre gestite al meglio e perciò archiviate in conto esperienza. Perché, come si dice e qui la massima può adattarsi bene, non è male cadere, è bene rialzarsi e ricominciare tenendo presente appunto l’esperienza. Lo sanno le sei logge sassaresi che hanno fatto, ma ancora possono fare cento volte di più a favore della Casa della Fraterna Solidarietà – che è fra i costituenti, con gli Asili notturni di Torino e altre realtà ancora torinesi, di Arezzo, Taranto, ecc. della Federazione italiana di solidarietà massonica –, lo sanno le 43 giustinianee della Sardegna, lo sanno i quasi 1.400 Fratelli operativi isolani (circa 900 a Cagliari) che nella socialità possono trovare gustosa corrispondenza alle proprie tavole valorali.
A Sassari la Casa della Fraterna Solidarietà reca nel proprio logo una squadra – segno (tipicamente massonico, ma non soltanto massonico) di rettitudine, come impronta di vita individuale e sociale. Reca, lo stesso logo, una breve scala di tre gradini, allusiva, sembrerebbe, ad ascese misurate e certe. Fra l’un simbolo e l’altro la mano con il pane offerto, nella dimensione del farsi noi compagni del prossimo nel bisogno.
L’eptalogo dettato da un libero muratore competente circa i doveri degli operatori volontari punta a marcare lo stile del servizio, che è affiancamento e non elemosina verticale: sempre gratuità, sempre cordialità, sempre sorriso ai signori che si presentano in fila, disciplinati e rispettosi, a ricordare a tutti che essi, anche essi come noi, sono cittadini, partecipanti titolari della polis. Tutto deve svolgersi nel pieno anonimato, senza schedature, senza chiedere a nessuno quel che non si voglia spontaneamente dire di sé, non soltanto le proprie idee e la propria storia, neppure il proprio nome. Se si vorrà, naturalmente, ci potrà essere anche quel momento, ma tutto deve intanto svolgersi nel rispetto d’ogni individualità, d’ogni sensibilità.
Crescono campioni di civismo sociale i ragazzi al servizio distribuzione, espandono una maternità che non è autoreferenziale, né sdolcinata e soffocante le signore alla preparazione degli alimentari e dei magazzini del vestiario e dell’altro, così gli uomini alla regia e alle pulizie. Ognuno con il suo compito.
Del tutto, davvero tutto, abbondante e ricco che la giornata ha offerto – gita d’istruzione e formazione a Saccargia come prima lo stage alla Casa della Fraterna Solidarietà – m’è rimasto, marcato con speciale evidenza, il senso del patto cagliaritano-sassarese, l’interesse sincero allo scambio, alla integrazione, alla collaborazione per un bene ideale condiviso e impegnativo. Contro ogni municipalismo che, superata la levità dello scherzo o la misura giustificata, rischia sempre di tradursi in competizione parolaia e senza obiettivo. Così ho visto, nella mutua apertura, l’incontro promettente fra questi liberi muratori della Goffredo Mameli sassarese (ma anche di altre compagini rituali del Sassarese) e della Europa cagliaritana. Nel segno dei tempi, tutti en marche.