A Cagliari Zedda stravince: punterà alla Regione? Ma sulla politica sarda non soffia alcun vento nuovo, di Vito Biolchini
Questo articolo è stato pubblicato su www.vitobiolchini.it, il 06/06/2016 alle 14:03 7
Massimo Zedda vince, anzi stravince. Perché con il 50.9 per cento si riconferma al primo turno (caso raro in questa tornata elettorale) e perché la sua strategia si è rivelata azzeccata: tenere lontani da Cagliari i leader italiani del Pd per evitare di essere messo in crisi sul referendum costituzionale e imbarcare i sardisti (all’opposizione alla Regione e strapieni di esponenti del centrodestra: determinante il loro 7 per cento) è stato determinante per evitare sul filo di lana il ballottaggio. In ogni caso, la sua è anche una vittoria popolare: al netto dei giochi di potere che ne hanno favorito l’affermazione al primo turno, il sindaco ha incassato un risultato pieno, senza ombre, di cui gli va dato merito.
Zedda vince, ma chi sono gli sconfitti? Innanzitutto il Movimento Cinque Stelle. Il risultato cagliaritano è veramente modesto (appena il 9 per cento) ed ha oggettivamente spianato la strada alla riaffermazione di Zedda al primo turno. Dopo la mancata corsa alle regionali, i grillini nell’isola sono ad un bivio: o si strutturano e migliorano la qualità della loro classe dirigente o rischiano l’irrilevanza.
Risultati molto sotto le attese anche per Paolo Matta ed Enrico Lobina (2.5 e 2.2 per cento). È vero che non potevano contare su chissà quali risorse ma da loro ci si attendeva qualcosa di più. Anche la loro sconfitta nei prossimi giorni dovrà essere analizzata con attenzione ed è segno che gli spazi per un progetto alternativo ai due poli si stanno riducendo sempre di più.
Poi c’è Piergiorgio Massidda, anch’egli indubbiamente sconfitto. Ma senza di lui Zedda avrebbe vinto col 60 per cento, per cui non è che possa rimproverarsi chissà che. Forse avrebbe potuto fare una campagna più precisa e mirata, ma il suo obiettivo era quello di giocarsi tutto al ballottaggio e per poco non ci riusciva. Di sicuro con la sua sconfitta Cagliari volta pagina: la città di destra che dal secondo dopoguerra fino al 2011 ha tenuto in pugno la politica non esiste più. Ora ci sono nuovi poteri che si muovono.
Il primo è quello di Massimo Zedda. È giovane e può vantare una doppia elezione a sindaco di Cagliari e sindaco dell’area metropolitana e, forse, anche senatore. Ora deve decidere cosa fare e il bivio è e quello solito a cui si sono trovati anche i suoi predecessori: andare a Roma o provare a diventare presidente della Regione?
Sia Mariano Delogu che Emilio Floris utilizzarono il loro secondo mandato per posizionarsi in vista dell’obiettivo politico che intendevano raggiungere. Fallito l’assalto a viale Trento, ripiegarono su Palazzo Madama. Riuscirà Massimo Zedda ad essere il primo sindaco di Cagliari dai tempi di Giuseppe Brotzu a diventare presidente della Regione?
Con le politiche nel 2018 e le regionali nel 2019 (ma secondo me andremo a votare per entrambe fra un paio d’anni) Zedda non ha molto tempo a disposizione per capire cosa fare. Innanzitutto dovrà operare una scelta di campo per quanto riguarda il referendum costituzionale di ottobre e conseguentemente capire quale sarà il suo partito: entrare nel Pd o tenere in vita in Sardegna Sel? Entro l’anno deve decidere.
Se punta ad incassare subito il consenso raccolto, di sicuro la sua seconda consiliatura rischia di essere molto breve. Grandi invece sono i problemi ancora da affrontare in città: dalla raccolta dei rifiuti al piano urbanistico, per non parlare dell’emergenza abitativa. Ma ogni secondo mandato è sempre stato sottotono rispetto al precedente perché piegato alle necessità di carriera politica del sindaco, per cui è meglio non farsi troppe illusioni.
Anche fare la giunta per Zedda non sarà semplice. Riuscirà a imporre i suoi nomi o dovrà utilizzare il manuale Cencelli per accontentare tutti i partiti della sua coalizione? Ogni sigla ha iniziato il posizionamento in vista delle prossime regionali quindi sarà difficile far recedere dai loro appetiti una serie di aspiranti assessori che puntano a fare il grande salto dall’altra parte di via Roma. E i sardisti cosa chiederanno per essere stati così determinanti? Chiederanno di entrare nella maggioranza che governa alla Regione?
Le urne cagliaritane suggeriscono anche un’altra considerazione: il centro destra è sparito, i Cinque Stelle non sfondano e i partiti identitari vivono solo dentro la pancia del centrosinistra. E a poco più di due anni dalle ultime regionali i voti raccolti da Michela Murgia e dalla sua Sardegna Possibile si sono come volatilizzati.
Al momento non si vede dunque una alternativa a questo blocco di potere che vede al centro il Pd e che è capace di attrarre dai comunisti al Centro Democratico, passando per le sigle del mondo identitario (sardisti, Partito dei Sardi e Rossomori).
Logiche da pentapartito più che da Partito della Nazione, verrebbe da dire. E a vedere i risultati di Roma, Milano, Torino e Napoli, Cagliari e la Sardegna rappresentano oggi quanto di più arretrato e meno innovativo la scena politica italiana presenti.
Qui non soffia nessun vento nuovo. Ma proprio per niente.