Il sardismo che va al referendum costituzionale dell’ottobre …, di Salvatore Cubeddu
Come sarebbe un vero senato federale: la Costituzione prevede la nazione sarda come popolo specifico e distinto all’interno dello Stato (con i conseguenti particolari diritti culturali, economici ed istituzionali); il senato federale è a composizione egualitaria tra le Regioni; lo Stato italiano garantisce il diritto alla presenza sarda a Bruxelles; va ridiscusso il ruolo delle istituzioni italiane nel territorio sardo .
Certo, se a ogni tg senti Maria Elena Boschi affermare che le Regioni vanno ridimensionate – lasciando al gusto dell’interlocutore il richiamo a quanto di meno gradevole possa immaginarsi del funzionamento di quelle istituzioni – pensi con preoccupazione alla tranquillità del nostro Assessore regionale che si fa paladino sottoscrittore della scelta del ‘SI’. A quelli di Roma, e del Continente intorno, pare non importi nulla di come viviamo questa cosa noi, al di là del Tirreno:’ comunque votino, quei Sardi sempre sottomessi ed obbedienti, voteranno…’. Anzi, li sento aggiungere: tra i fautori del NO sono presenti settori persino più antiregionalistici; citeranno addirittura dei Sardi che tradirebbero la loro madre pur di difendere gli interessi italiani contro la Sardegna. L’Assessore ci dice che alle Regioni speciali verrà dedicato il rapporto pattizio, Regione versus Stato. Ma se ti metti ora con coloro che vogliono ridimensionare le Regioni, senza eccezione, come pretendi che noi ci fidiamo di te quando ti troverai a “patteggiare”?
Ci ragionavo su, come quei pochi che cercano altri orizzonti … Andavo mettendo insieme le ragioni sarde per il NO, che fossero chiare e specifiche, ma non solo: che fossero prevalenti sulle altre ragioni, in quanto capaci di rappresentare i nostri interessi e di permetterci poi di leggere i risultati sardi senza confusione con gli esiti del Continente.
Il SI e il NO italiani creeranno mutamenti istituzionali di un certo rilievo. Più o meni attesi da tempo. Giudicabili rispetto all’efficacia delle future istituzioni democratiche e pure al quantum di democrazia che opinioni opposte vi leggeranno; ma senza seri rischi – come, invece, va gridando la propaganda di quel ‘democraticissimo’ di Berlusconi – per il futuro di essa: così come restano democratici il presidenzialismo statunitense e francese, o il cancellierato tedesco, dove l’esecutivo da tempo concentra poteri inimmaginabili nell’Italia repubblicana. D’altra parte l’attuale bilanciamento dei poteri e la debolezza dell’esecutivo nascono dalla paura di De Gasperi che a vincere le elezioni politiche nel 1948 potessero essere i comunisti. E, per il gioco delle parti, tutto ciò che andava bene ai democristiani finì per andar bene anche ai comunisti.
La semplificazione legislativa, unita ad una legge elettorale maggioritaria, potranno agevolare in misura maggiore o minore l’attuale esecutivo (ma potrebbe diventare anche la sua tomba); comunque, sono rare le leggi elettorali fatte da una maggioranza al governo che non mirino a favorire chi a quel momento lo gestisce: di questo costume deleterio, dopo la fine del sistema proporzionale, alla Regione sarda sono stati costanti maestri, fino allo schifo dell’ultima legge elettorale.
Il mio giudizio, aggiunto all’istinto oppositivo, mi porta al No. Ma, in quanto sardo e sardista, mi richiede un no che si veda, che renda prioritarie le ragioni sarde e che risulti visibile nello scrutinio post-referendario. Che si evidenzi e si valuti, anche da parte dell’Italia. Che si distingua. Perché l’esperienza degli anni continua a confermarmi: che Renzi e Bersani sono ugualmente estranei rispetto ai nostri problemi; che Berlusconi e D’Alema non li si può di certo considerare dei campioni di democrazia (si ricordi che è stato il presidente del Consiglio Massimo D’Alema a staccare dall’Esercito e rendere autonoma l’Arma dei Carabinieri, una scelta mai tentata neanche dalla destra); che lo sfruttamento (industriale, militare, paesaggistico, culturale e istituzionale) della Sardegna ed il suo presente abbandono restano responsabilità costante di tutta la classe dirigente italiana di sempre.
L’unico nostra possibilità nei confronti della problematica istituzionale (il “senato delle Regioni”) e della discussione settaria che l’accompagnerà purtroppo anche da noi nei prossimi mesi, è limitarne i danni e riproporre al nostro popolo ed ai nostri avversari le nostre convinzioni e convenienze, insite nella presente questione nazionale sarda: il mutamento della Costituzione che preveda la nazione sarda come popolo specifico e distinto dall’italiano (con i conseguenti particolari diritti culturali, economici ed istituzionali); un rapporto federale contrattato che ci faccia presenti in un senato (veramente federale) a composizione egualitaria tra le regioni (come in USA) e semmai con un premio alla presenza in esso della rappresentanza della nazione sarda; l’ottenimento formale e di diritto della presenza sarda a Bruxelles; la ridiscussione della presenza delle istituzioni italiane che hanno ruoli e compiti oppressivi nel territorio sardo (esercito, università, rappresentanze ministeriali, enti economici ….).
La costituzione che il governo italiano chiede ai cittadini sardi di approvare rappresenta nei principi e nei fatti il contrario di tutto questo, di quello che noi ci proponiamo da secoli e per la quale anche la nostra generazione continua a battersi. E’ accentratrice, diffidente di ogni regionalismo, antagonista verso i nostri diritti nazionali. Ma: coloro che ci chiedono di essere con loro per il NO (per tutti: Grillo, Berlusconi, Salvini…) ci riconoscerebbero questi stessi diritti?
La prima autonomia è finita con il piano di rinascita nel 1978 e da allora molto abbiamo riflettuto, elaborato e scritto. E’ mancata la volontà di una maggioranza politica capace di proporre questa nuova costituzione ai Sardi. Ora che siamo incalzati dal governo dell’Italia e ne subiamo l’iniziativa, si vorrebbe un adeguamento sic et simpliciter a quell’ordine del giorno. Dobbiamo invece confermare il nostro ed impegnare i prossimi mesi per rilanciarlo.
Il mio NO sarà meglio espresso allorché lo scrutatore leggerà nella mia scheda la parola SARDiGNA. Certo, la annullerà, ma la somma di tutte le schede che si sottrarranno all’obbedienza del ‘sì’ e dei ‘no’ – si chiamino pure ‘INDIPENDENTZIA’, SOVRANIDADE o ‘AUTONOMIA DE SA SARDIGNA’ – permetteranno una campagna di discussione con la nostra gente che potrà rappresentare tutto il lavoro compiuto negli ultimi decenni., prima durante e dopo la discussione sull’Assemblea costituente del Popolo Sardo, fino alla nostra critica radicale della recente riforma regionale degli Enti locali.
Mi rendo conto della difficoltà di spiegare questa scelta alla nostra gente. Ma potremo darci un programma di positivo lavoro e di ripresa dei nostri temi senza il peso di schierarci pro o contro le beghe italiane, cui si assoggettano da gregari le parti sarde. Ci ritroveremo tutti insieme, quei sardi non incatenati dalla presenti istituzioni italiane. Riprendiamo la strada maestra: gli ideali del sardismo quale unica meta.
By gianni mulas, 5 giugno 2016 @ 08:48
tutto ok,tranne la dichiarazioni di voto da annullare.
Vota NO con convinzionee contrasta il pericolo oggi maggiore,il centralismo di Renzi e dei suoi burattinai…..Domani faremo l’altra giusta battaglia.