Il problema della dispersione della popolazione, di Gianfranco Sabattini

Ragioni tecniche impediscono la riproduzione dei grafici. Ce ne scusiamo con il lettore e, soprattutto, con l’Autore.

1. Il superamento del sottosviluppo delle aree e regioni arretrate si fonda su alcuni elementi di base, che ne caratterizzano fortemente la dinamica. Fra questi, determinanti nella promozione dell’evoluzione della base produttiva, sono l’elemento umano, la presenza di un’attitudine generalizzata ad accettare il cambiamento da parte della popolazione e la riduzione delle diseconomie esterne reali per tutto l’apparato produttivo.

Una misura molto indiretta dell’attitudine all’accettazione del cambiamento può essere offerta, nelle realtà socio-economiche statiche, dalla distribuzione della popolazione secondo il “rango”, intendendo per rango la posizione di ciascun agglomerato urbano in una graduatoria decrescente in base al numero degli abitanti (G.K.Zipf, 1965).

In generale, una sistema sociale arretrato è caratterizzato dalla dispersione della popolazione in un numero molto vasto di piccoli agglomerati che rappresentano sistemi sociali chiusi, autosufficienti, con una struttura produttiva segnata da livelli bassi di tecnologia, assenza di specializzazione del lavoro, mancanza di attitudine alla innovazione, ecc.

L’analisi condotta, secondo l’approccio della distribuzione della popolazione secondo il “rango”, sul fenomeno della crescita economica che la Sardegna ha sperimentato nella seconda parte del secolo scorso indica una situazione rimasta tendenzialmente statica, anche a causa della dispersione della sua popolazione (e delle attività produttive) in un numero molto vasto di piccoli insediamenti di dimensione tendenzialmente uguale.

Ciò significa che, dall’inizio dell’intervento straordinario connesso con il Primo piano di rinascita, non sono esistite in Sardegna, per quanto riguarda la distribuzione territoriale della popolazione, le condizioni compatibili con un’adeguata attitudine generalizzata al cambiamento; attitudine indispensabile per un’area o una regione impegnate a promuovere la costituzione, al proprio interno, di una base produttiva dinamica.

Nelle economie arretrate, dal punto di vista della distribuzione della popolazione secondo il rango, le fasi di un processo di crescita-sviluppo economico implicano corrispondenti fasi di ridistribuzione della popolazione nel territorio. In generale, un’economia in ritardo sulla via della crescita è caratterizzata dalla dispersione della popolazione in un numero molto vasto di piccoli agglomerati di dimensione simile; essi rappresentano sistemi sociali chiusi, autosufficienti, con una struttura produttiva segnata, come si è detto, da livelli bassi di tecnologia, assenza di specializzazione del lavoro, mancanza di attitudine al cambiamento.

Se si riporta su un grafico in scala doppio-logaritmica la popolazione (sulle ordinate) ed il “rango” (sulle ascisse) di ciascun agglomerato, la situazione di arretratezza può essere rappresentare da una retta con pendenza ridotta (praticamente tendente ad essere parallela all’asse delle ascisse); nel grafico che segue PO indica la popolazione ed r il “rango”.

Per contro, un’economia sviluppata è invece caratterizzata dalla concentrazione della popolazione in pochi agglomerati di grande dimensione, esprimente una struttura sociale che realizza un modello organizzativo complesso, fondato sulla divisione del lavoro, con combinazioni produttive che incorporano tecnologie avanzate, attitudine generalizzata al cambiamento, strutture economiche dinamiche.

In questo caso, come risulta dal grafico che precede, la situazione propria di un’economia dinamica ed avanzata può essere rappresentare da una retta con pendenza molto accentuata (praticamente tendente a disporsi ortogonalmente rispetto all’asse delle ascisse).

L’ipotesi che può essere assunta sulla base dello studio della distribuzione della popolazione secondo il “rango” è che esista una correlazione positiva tra crescita-sviluppo dell’economia di ua data area e concentrazione della sua popolazione; l’ipotesi è che il processo di crescita-sviluppo che si realizza, sia strettamente correlato proprio ad un processo di una crescente concentrazione urbana della popolazione.

 

2. Con riferimento alla Sardegna, la distribuzione della popolazione secondo il “rango” è stata verificata a livello provinciale, utilizzando i dati dei censimenti del 1861 e del 1981: si sono ottenute curve di distribuzione corrispondenti ad una dispersione della popolazione tra un numero molto vasto di piccoli agglomerati di dimensione tendenzialmente uguale. Nei primi 100 anni dell’Unità d’Italia, quindi, in Sardegna la distribuzione della popolazione, come risulta dai grafici relativi alle quattro province storiche dell’Isola, non si è affatto modificata.

Ciò significa che all’inizio degli anni Sessanta del XX secolo, ovvero all’inizio dell’intervento straordinario connesso con il Primo piano di rinascita, non è esistita in Sardegna un’adeguata tendenza al mutamento dell’insediamento da parte dei componenti la popolazione regionale, quale si sarebbe dovuto riscontrare all’interno di un’area come quella dell’Isola, al cui interno fosse stato perseguita la promozione di un processo di crescita-sviluppo per la modernizzazione delle struttura sociale e della base produttiva.

Tra l’altro, La distribuzione della popolazione, dal punto di vista territoriale, non è stata oggetto di considerazione nella formulazione della politica di crescita e di sviluppo adottata per l’area regionale; i “formulatori” della politica di crescita-sviluppo, con riferimento a questo specifico problema, hanno utilizzato variabili e relazioni funzionali tipiche dei contesti sociali sviluppati, con riferimento ai quali il problema della distribuzione della popolazione nel territorio non si poneva, o si poneva in termini molto affievoliti.

Per sottolineare l’importanza che il problema della ridistribuzione della popolazione nel territorio riveste per le aree o regioni arretrate possono essere considerate due situazioni estreme. Una situazione corrispondente ad una dispersione della popolazione in un numero molto vasto di piccoli agglomerati di dimensione uguale; e una situazione corrispondente ad una concentrazione della popolazione entro un unico agglomerato di grande dimensioni. Si tratta di due casi-limite, ma significativamente rappresentativi della tesi che si sostiene.

Con la dispersione della popolazione, gli agglomerati insediativi di una data area o regione arretrata sono sostanzialmente autosufficienti e rappresentano altrettanti contesti sociali con marcate caratteristiche di autonomia, assenza di specializzazione nel lavoro, attività produttive che incorporano tecnologie di basso livello, mancanza di attitudine al cambiamento e stazionarietà delle strutture produttive.

In questo caso, una data area o regione arretrata includente un insieme di agglomerati insediativi dispersi nel territorio, può dirsi perfettamente omogenea, in quanto i caratteri peculiari e strutturali individuabili all’interno di ogni territorio sono i caratteri peculiari e strutturali dell’intera area o regione.

Al contrario, con la popolazione concentrata entro un unico agglomerato insediativo di grande dimensione, ci si trova di fronte ad un unico contesto territoriale nel quale è stata realizzata un’organizzazione istituzionale e produttiva complessa, fondata sulla divisione del lavoro, con attività produttive che incorporano tecnologie avanzate, attitudine all’innovazione ed al mutamento.

Anche in questo caso, l’intera area può dirsi perfettamente omogenea, in quanto i caratteri peculiari e strutturali dell’unico agglomerato insediativo sono i quelli peculiari e strutturali dell’intera area più vasta cui appartiene e all’interno della quale sono del tutto assenti, per definizione, la persistenza di “zone interne”.

3. Quest’ultima ipotesi di distribuzione della popolazione nel territorio può essere considerata come indicativa di una situazione di sviluppo avanzato, mentre la prima ipotesi (dispersione della popolazione nel territorio) può essere indicativa di una situazione sociale ed economica arretrata.

Tra le due situazioni estreme esistono infinite situazioni intermedie, che esprimono l’insieme degli stadi relativi al passaggio da situazioni di arretratezza a situazioni di un attivo processo di crescita-sviluppo. L’esperienza dimostra che nelle aree sviluppate, la distribuzione della popolazione nel territorio risulta fortemente concentrata, mentre nei contesti sociali arretrati risulta fortemente dispersa nel territorio.

Con riferimento alla Sardegna, i dati dei censimenti della fine dell’Ottocento del XIX secolo e della seconda metà del XX hanno evidenziato, come si è detto, distribuzioni territoriali pressoché identiche della popolazione, corrispondenti ad una dispersione dei residenti in un numero molto vasto di piccoli agglomerati di dimensione tendenzialmente uguale (G.Bolacchi, G. Sabattini, T. Usai, 1985).

Una tale situazione, con l’attuazione delle politica di interventi adottata, ha originato una configurazione dell’intero contesto regionale caratterizzata dalla compresenza di due classi di subaree; queste, pur dotate di un migliorato reddito pro-capite disponibile, hanno presentato, tuttavia, sul piano dei prevalenti atteggiamenti attitudinali, delle specifiche peculiarità.

Accanto alle subaree periferiche o costiere, caratterizzate dalla presenza in esse dei “grandi” centri urbani dell’Isola, in cui la distribuzione della popolazione nel territorio è risultata tendenzialmente correlata alla prevalente presenza di attività extraagricole, sono coesistite delle subaree, le cosiddettezone interne”, all’interno delle quali la distribuzione della popolazione nel territorio è risultata correlata alla prevalente presenza di attività di allevamento brado.

In tutte le subaree (periferiche ed interne), tuttavia, le propensioni al cambiamento hanno teso ad assumere valori molto bassi, anche se, per via degli effetti dimostrativi, veicolati dai mezzi mediatici e resi possibili dall’attuazione della politica di crescita e di sviluppo adottata, i modelli di consumo hanno teso ad omologarsi a quelli dei sistemi economici sviluppati.

La propensione al mutamento delle variabili socio-culturali è risultata molto bassa anche a causa degli squilibri personali sul piano distributivo, consolidatisi all’interno di tutte le subaree in seguito al tipo di politica di crescita e di sviluppo attuata, che, come è facilmente dimostrabile, ha privilegiato l’aumento del reddito disponibile in luogo dell’incremento di quello prodotto.

Conclusione

La mancata considerazione del problema relativo alla eccessiva dispersione della popolazione dell’Isola, pertanto, è stato uno dei tanti ostacoli che hanno impedito che fossero migliorate, oltre che la struttura sociale ed istituzionale della Sardegna, anche la sua base produttiva.

Al riguardo, deve essere però osservato che la mancata considerazione del problema è stata, in parte, dovuta al radicarsi nella coscienza collettiva del “mito della conservazione delle zone interne”, per via del loro presunto ruolo identitario, nell’assunto che la conservazione quasi sacrale della tradizione potesse essere conciliata con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della popolazione, rifiutando conseguentemente i necessari cambiamenti, incluso quello concernente la sua tradizionale distribuzione nel territorio.

Una maggiore concentrazione territoriale della popolazione, perciò, sembra essere indispensabile, se si aspira a migliorare le sue condizioni esistenziali, senza che lo spopolamento parziale (o, al limite, totale) di alcuni territori dell’area arretrata considerata costituisca di per se un fatto negativo; anzi, da molti punti di vista, i territori, se resi esausti dall’eccessivo sfruttamento perpetrato, come nel caso della Sardegna, dalla secolare pratica dell’allevamento brado, lo spopolamento può consentire la restituzione dei territori al loro “climax ecologico”, perché in esso si instauri un sistema di equilibri naturali conservativi, regolanti le relazioni fra tutti gli elementi che concorrono a determinarlo.

 

Riferimento bibliografici

 

Bolacchi G., Sabattini G., Usai T. (1985), Oligopolio e crescita economica. Il passaggio dal sottosviluppo allo sviluppo in Sardegna, Franco Angeli, Milano.

Zipf G.K. (1965), Human Behavior and the Principle of Least Effort, Hafner, New York.

 

Abitanti per chilometro quadrato (ab./km²) al 2015

  Regione Popolazione
residenti
Superficie
km²
Densità
abitanti/km²
Numero
Comuni
Numero
Province
1. Campania 5.861.529 13.670,95 429 550 5
2. Lombardia 10.002.615 23.863,65 419 1.527 12
3. Lazio 5.892.425 17.232,29 342 378 5
4. Liguria 1.583.263 5.416,21 292 235 4
5. Veneto 4.927.596 18.407,42 268 576 7
6. Puglia 4.090.105 19.540,90 209 258 6
7. Em.-Romagna 4.450.508 22.452,78 198 334 9
8. Sicilia 5.092.080 25.832,39 197 390 9
9. Piemonte 4.424.467 25.387,07 174 1.202 8
10. Marche 1.550.796 9.401,38 165 236 5
11. Toscana 3.752.654 22.987,04 163 279 10
12. Friuli VG 1.227.122 7.862,30 156 216 4
13. Calabria 1.976.631 15.221,90 130 409 5
14. Abruzzo 1.331.574 10.831,84 123 305 4
15. Umbria 894.762 8.464,33 106 92 2
16. Trentino-AA 1.055.934 13.605,50 78 294 2
17. Molise 313.348 4.460,65 70 136 2
18. Sardegna 1.663.286 24.100,02 69 377 8
19. Basilicata 576.619 10.073,32 57 131 2
20. V. d’Aosta 128.298 3.260,90 39 74 1
Totale 60.795.612 302.072,84 201 7.999 110

 

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