CHI HA PAURA DI SA DIE, di Antony Muroni

L’articolo è l’editoriale de  L’UNIONE SARDA del 1  maggio 2016.

Certamente chi ha pensato di dedicare Sa Die de sa Sardigna ai migranti lo ha fatto con la più nobile delle intenzioni. La sensazione, tuttavia – come erano soliti scrivere gli insegnanti prima che saggio breve e articolo di giornale soppiantassero la più tradizionale delle prove scritte di italiano – è che si sia usciti fuori tema, soffocando dietro la suggestiva veste emotiva che si è voluta cucire sopra la ricorrenza, il bisogno di riflessione su un passato ancora sconosciuto ai più.

Rivalutare la coscienza condivisa di essere Popolo e quindi Nazione è anche condizione per restituire alla Sardegna una voce autorevole nel confronto sulle politiche mediterranee, senza che queste siano delegate in toto alla Penisola, a cui le sorti della Sardegna – dopo la breve cesura rappresentata dal moto rivoluzionario del 1794 – sono oramai legate non solo dal punto di vista politico ed economico, ma anche della “coscienza”.
Celebrare la specialità della condizione di insularità mai veramente riconosciuta da Italia e Ue avrebbe dunque significato rivendicare il ruolo dell’Isola non soltanto come terra d’approdo, ma come porta dell’Europa.
Sa Die de sa Sardigna è una festa politica. Sarebbe stato meglio non chiudere le scuole, cosa che peraltro la legge istitutiva non impone. Chiedere che per un giorno (per iniziare) la lingua e la storia fossero quelle del popolo sardo, insegnare che l’identità non è un recinto che esclude ma la forza che consente di rapportarsi col mondo e di vincere il timore dell’accoglienza.
Finché saranno gli altri a disegnare un’identità alla nostra terra e al popolo che la abita o la sceglie per crescere i propri figli, sarà possibile spacciare l’attuale parcheggio per esseri umani come un luogo di accoglienza, integrazione e reciproca contaminazione.
E’ uno degli effetti collaterali della nostra mancanza di coscienza: siamo talmente estranei e sconosciuti a noi stessi da essere incapaci di provare sentimenti e propositi adulti, fuori dal pensiero unico statale.
Sa Die è festa politica perché dovrebbe invitarci per un giorno a essere più liberi e più coraggiosi di testa, di pensiero, di coscienza. Senza esclusioni ma senza forzature e rimozioni.

 

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