TECNOLOGIE D’AVANGUARDIA: è sempre di più Sardegna Valley, di Emanuele Coen

Nell’isola nacque (anno 1993) il primo service provider italiano. Poi arrivò Tlscali. Ma la tradizione digitale continua. E ne fa un caso unico in Italia. (L’ESPRESSO,  14 aprile 2016)

Centro ricerche CRS4, PULA


L’INCHIOSTRO del­la firma è ancora fresco. Huawei, Regione Sarde­gna e il centro di ricerca Crs4 han­no siglato un’in­tesa per avviare progetti di studio nel campo delle Smart&Safe City. In so­stanza, cercheranno insieme soluzioni innovative per rendere le città più in­telligenti e sicure, partendo da una serie di esperimenti sull’isola da allar­gare al resto d’Italia. Il gigante cinese delle telecomunicazioni sta mettendo radici negli spazi del Crs4 a Pixina Manna (Pula), a un’ora di auto da Cagliari, dove nasceranno due labo­ratori: uno di Huawei, con un investi­mento iniziale tra i 10 e i 20 milioni di euro, l’altro dedicato alle smart city in collaborazione con eventuali partner privati. In previsione, oltre ai soldi arriveranno i posti di lavoro, benvenuti in una regione con un tasso di disoccupazione giovanile stellare, ben oltre il 40 per cento.

Mentre il Crs4 fondato dal premio Nobel Carlo Rubbia festeggia il 25esi­mo compleanno, questo accordo è il segno del feeling di lungo corso tra Sardegna e tecnologia. Un tessuto fatto di università, centri di ricerca, il distret­to aerospaziale della Sardegna (Dass), coworking tra studenti di dipartimenti diversi come il Contamination Lab dell’ateneo di Cagliari, aziende hi-tech ormai consolidate e una galassia bru­licante di startup: oggi sono 137 le imprese innovative iscritte nel regi­stro della Camera di Commercio, lievitate di oltre il 30 per cento rispet­to a fine 2014. Il cuore pulsante della “Sardegna Valley”.

Del resto, questa è l’isola dei pionie­ri del Web: nel 1992 il Crs4 crea il primo sito in Italia; l’anno successivo Niki Grauso, all’epoca imprenditore visionario, fonda a Cagliari il primo Internet service provider italiano, Vi­deo On Line. Poi arrivano, nel 1994, il primo giornale online d’Europa (L’U­nione sarda.it) e quattro anni più tardi Tiscali, la creatura di Renato Soru che prende il nome dal monte su cui si trova un antico villaggio nuragico. L’Internet service provider offrì l’ac­cesso gratuito a Internet, aprendo la strada alla diffusione di massa della rete nel nostro Paese. Sembra preisto­ria, un po’ come i nuraghi, e in un certo senso lo è. «Rispetto ad allora il contesto globale è completamente cambiato. Nei primi anni Novanta si pensava che un centro di ricerca doves­se anzitutto avere i muscoli, cioè com­puter con grandi capacità di calcolo, e poi la testa, il know how, Con la glo­balizzazione il rapporto si è capovolto: oggi è normale che una città remota

della Cina possieda macchine molto potenti, quindi la sfida avviene sul terreno delle competenze dei ricercato­ri», spiega Luigi Filippini, presidente del Crs4, il centro di ricerca che conta 150 tra ricercatori e addetti e opera in diversi settori: biomedicina, biotecno­logia, energia, società dell’informazio­ne, ambiente. Conosce a fondo il siste­ma sardo, Filippini: prima come giova­ne ricercatore del Crs4, poi nella startu p Video On Line, più tardi direttore operativo di Tiscali all’epoca della quotazione in Borsa (1999). «In Sar­degna, negli ultimi dieci anni è stata favorita la nascita delle startup», ag­giunge Filippini: «È un fatto positivo, ma al tempo stesso occorre attirare grandi operatori in grado di finanzia­re o magari comprare con capitali freschi le piccole imprese, oggi che l”‘effetto Tiscali” si è un po’ esaurito. Per questo bisogna creare un ambien­te ideale: buone università, buoni centri di ricerca, costo della vita con­tenuto. La Sardegna non ha nulla da invidiare alle altre regioni».

Negli ultimi anni, alcune imprese hi-tech sarde sono diventate veri e pro­pri casi nazionali. Abinsula,ad esempio, specializzata nella realizzazione di ar­chitetture di infotainrnent per l’indu­stria automobilistica: software e appli­cazioni per Web, srnartrve srnartphone. In soli quattro anni ha convinto clienti

 

di primo piano tra cui Fiat, Magneti MareUi, Samsung. Oggi ha uffici a Sas­sari, Cagliari e Torino. E ha fatto parla­re di sé fuori dai confini italiani anche Sardex.net, il primo circuito di credito commerciale della Sardegna, attivo dal 2010, rivolto alle piccole e medie impre­se e basato su una valuta interna: il Sardex (un Sardex vale un euro), spen­dibile esclusivamente all’interno della rete, che oggi conta circa 3mila imprese. Uazienda dà lavoro a una cinquantina di persone oltre ai cinque fondatori, con un volume di transazioni pari a oltre cinque milioni di euro al mese. Dall’e­sperienza sull’isola, alcuni gruppi di imprenditori locali hanno dato vita, in collaborazione e sul modello Sardex, a una serie di circuiti gemelli in nove re­gioni (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania).

Ed è un caso di successo anche Do­veConviene, la piattaforma digitale utilizzata da otto milioni di utenti in Italia dove è possibile sfogliare tren­ta milioni di volantini promozionali al mese, per prepararsi allo shopping nei negozi più vicini (i cataloghi sono georeferenziati). Si trova a Sestu, nell’entroterra del capoluogo sardo, il quartier generale tecnologico dell’a­zienda, che ha uffici in Italia, Messico e Brasile, con una squadra di oltre 120 persone. Negli ultimi tre anni Dove- Conviene, utilizzata da 16 milioni di consumatori in sei Paesi, ha raccolto oltre 20 milioni di euro da finanziatori privati. «Nell’area di Cagliari si è for­mato un tessuto tecnologico importan­te, anche grazie ad aziende come Tisca­li e Telecom, che hanno dato una forte spinta allo sviluppo rech», dice Stefano Portu, cofondatore e amministratore delegato, ruolo che condivide con il cofounder Alessandro Palmieri. A gen­naio c’era anche Portu all’incontro a Palazzo Chigi con il premier Matteo Renzi e l’ad di Apple, Tiro Cook: Dove­Conviene era una delle cinque startup italiane invitate. “Siamo orgogliosi di essere riconosciuti anche da Apple tra le realtà più rilevanti nel mondo per il numero di utenti nello shopping»;

gongola il cofondatore.         •

Per spiegare il boom delle aziende hi-tech sarde c’è chi tira in ballo la Regione e il sistema della formazione, in prima linea il Contamination Lab (CLab), progetto di promozione d’im­presa dell’Università di Cagliari. «In Sardegna alcuni pianeti si sono alline­ati: buone politiche pubbliche, gestio­ne privatistica delle startup e il CLab, da cui nascono imprese innovative fi­nanziate dai privati», sintetizza Augu­sto Coppola, direttore del programma di accelerazione di Luiss Enlabs, con sede a Roma, la fabbrica di startup nata dalla joint venture tra LVenture Group e università Luiss, che sull’isola investe in tre aziende: Brave Potions, Babaiola e Nausdream. Quanto alle politiche pub­bliche, la Regione Sardegna cerca di dare impulso al settore: di recente la giunta ha sbloccato 170 milioni di fondi 2014-2020 per le imprese innovative, anche nei comparti tradizionali (agrifo­od, turismo, beni archeologici e cultura­li): entro l’estate saranno pubblicati i bandi per l’assegnazione.

Nel frattempo, le startup si danno appuntamento a Sinnova, il Salone dell’Innovazione della Sardegna, in pro­gramma a Cagliari nel mese di ottobre, alla quarta edizione. Uevento, organiz­zato da Sardegna Ricerche e Regione, mette in contatto istituzioni, atenei, cen­tri di ricerca e imprese: l’anno scorso hanno partecipato in più di 130. Gli stati generali della “Sardegna Valley”, tutti insieme uniti da una speranza: scal­dare i portafogli degli investitori. -

 

 

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