Addio ad Adriano Olivetti, “pescatore di uomini”, di Lucrezia Dell’Arti

27 febbraio 1960: muore in treno l’imprenditore che ha inventato un nuovo modo di far lavorare nelle fabbriche.

 

MORTE

Adriano Olivetti, 58 anni, la mattina del 27 febbraio 1960 era arrivato a Milano per compiere gli ultimi adempimenti necessari al lancio in Borsa della sua azienda. Dopo aver pranzato al Savini, in Galleria, brin­dando con champagne, era salito sul treno, destinazione Losanna, scompartimento di prima classe, cenando nel vagone ristorante insieme ad alcuni amici incontrati sul treno e scesi poi a Martigny. Rimasto solo, all’altezza del lago di Lemano s’era sentito poco bene, e, barcollando, aveva attraversato due vago­ni. Subito soccorso da un ragazzo parigino, e poi da altri passeggeri, era stato fatto scen­dere alla fermata successiva, ad Aigle, dove il medico non aveva potuto che constatarne la morte per trombosi cerebrale.

 

VITA

Adriano Olivetti, nato a Ivrea l’11 aprile del 1901, il padre, ingegnere, ebreo, tra i primi socialisti di Ivrea, fondatore della Società ing. C. Olivetti e C., la madre, Luisa Revel, figlia di un pastore valdese. Infanzia ad Ivrea, in un convento abbandonato vicino alla fabbrica, insieme ai fratelli, poi la carriera nell’azienda di famiglia con cui produrrà, tra l’altro, la famosa macchina da scrivere Lettera 22.

 

FABBRICA

«Nel lontano agosto 1914, avevo allora tredici anni, mio padre mi mandò a lavorare in fabbrica. Imparai così ben presto a cono­scere e odiare il lavoro in serie: una tortura per lo spirito che stava imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina … Per molti anni non rimisi piede nella fabbrica, ben deciso che nella vita non avrei atteso nell’industria paterna» (Adriano Olivetti).

 

FIRMA

Olivetti s’era fatto da solo l’analisi grafologica della propria firma. Testimonia Ugo Galassi: «Vi scorgeva qualche segno di debolezza, interpretava quello svolazzo che dalla V awolge il cognome come un elemento volontaristico, uno slancio rivolto verso il futuro. In definitiva, si riteneva persona portata all’immaginazione, all’arte, che guar­da avanti».

 

BIBLIOTECA

Prima azione di Geno Pampaloni assunto da Olivetti come direttore della biblioteca di fabbrica: togliere le griglie che proteggono gli scaffali pieni di libri. Subito spariscono alcuni testi. Olivetti se ne rallegra: «Allora vuoi dire che li leggono».

 

GIORNATA

La giornata tipo di Adriano Olivetti negli Anni 50. Sveglia alle 8.30, veloce colazione. Poi in fabbrica, portato dall’autista Luigi Perotti che gli ha già consegnato il pacco

di giornali da sfogliare. Li legge in ufficio e consegna pagine sottolineate alla segretaria perché le distribuisca ai vari collaboratori. Alle 13.30 torna a casa per il pranzo. Segue breve riposo e consultazione della rivista e le proposte per le Edizioni di Comunità. Ritorno in fabbrica alle 15.30. Verso la fine della giornata, quando gli uffici sono vuoti, i colloqui con urbanisti e architetti. Fine del lavoro alle 20/20.30.

 

FINI

«Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi fini semplicemente nell’indice dei profitti? O non vi è al di là del ritmo apparente, qualcosa di più affascinante, una trama ideale, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?». (Olivetti il23 aprile 1955 all’inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli).

 

EXTRA

Olivetti, che a Carlo Corbisiero, assunto nella biblioteca del quartiere lna, riconobbe una voce extra nello stipendio come indennità sociale perché riconosciuto innocente dopo aver scontato diciotto anni di carcere.

 

STIPENDIO

Nel 1957 un lavoratore Olivetti guadagnava 60 mila lire al mese. Media del settore me­tallurgico: 40 mila (anche in Fiat si guada­gnava meno). Aggiungendo i benefìt  dell’as­sistenza e dei servizi sociali, la qualità di vita di un operciio Olivetti risultava dell’80% superiore a quella di operai e impiegati di altre industrie comparabili.

 

PESCATORE

«Feci conoscenza con Adriano Olivetti, dagli occhi sognanti e dalla volontà di ferro, che pensava come un matematico e sentiva come un mistico. Anche lui era pescatore di uomini» (Altiero Spinelli).

 

da  SETTE,  settimanale del Corriere della sera, 26 febbraio 2016

 

 

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