Don Nino Onnis, la scomparsa di un prete missionario fidei donum, di Gianfranco Murtas
Nella casa di fraternità sacerdotale che don Dino Pittau ha allestito ora sono già molti anni in via Bosco Cappuccio, nel quartiere cagliaritano di Is Mirrionis, è morto questa mattina, quand’era ancora buio, e dopo tanto soffrire soltanto alleviato in questi ultimi giorni, una grande, grandissima personalità del clero sardo: don Nino (Antonio) Onnis. Prete ecumenico, direttore per vent’anni pieni dell’Ufficio Diocesano per le missioni.
Lui stesso era stato missionario fidei donum, missionario nel miglior spirito conciliare non del proselitismo ma della promozione umana, sociale-culturale ed ecclesiale di comunità indigene. Così nella parrocchia filiale dell’archidiocesi di Cagliari in Bacurì, nello stato di Maranhao (nel nord-est del Brasile). Era stato lì per tre lustri pieni, dal 1975, con lui collaborando nel tempo, fra gli altri, altri preti cagliaritani come don Salvatore Collu e don Luigi Grecu, e poi volontarie e le suore della Purificazione. Rientrando a Cagliari aveva associato la sua giornata sempre fresca e positiva a quella di un’altra eccellenza del presbiterio cittadino e diocesano, dico don Efisio Spettu: promosso questi al rettorato del seminario regionale, don Onnis gli si era affiancato, in una fraternità feconda e pienamente ricambiata, con le funzioni di educatore della comunità agli studi.
Perché poi tutta la sua vita di prete, durata ben 59 anni – da quel giorno della ordinazione avvenuta, per le mani di monsignor Paolo Botto, il 4 agosto 1957 nella parrocchiale samassese del suo battesimo (quella dedicata alla Beata Vergine di Monserrato) – era stata tutta una alternanza fra impegno locale e lavoro missionario.
Dopo un breve apprendistato a San Giorgio martire di Sestu e la collaborazione, con funzioni di notaro, in curia, dal 1959 al 1974 don Onnis aveva lavorato nel seminario arcivescovile che proprio allora si trasferiva, dopo la cessione del Tridentino allo Stato, da Dolianova al grande caseggiato di San Michele. Furono anni intensi di stretta collaborazione in particolare con don Spettu, essendo allora rettori del diocesano monsignor Giovanni Cogoni (suo vice don Giovanni Cara) e poi monsignor Pier Giuliano Tiddia. (E proprio con don Tiddia, e poi anche don Mario Marcialis, aveva iniziato – accoppiata di direttori spirituali – con lui dividendosi i 208 studenti delle medie e delle due classi ginnasiali, al tempo in incremento continuo, sulla spinta forse anche dei clamori conciliari). La cura anche del cosiddetto “piccolo clero” – i chierichetti delle parrocchie insomma – e l’assistenza diocesana dei fanciulli di Azione Cattolica, dal 1961 al 1966, ne aveva affinato ulteriormente quel tratto soavemente pedagogico che, virtù nativa, lo avrebbe distinto nel tempo.
Essendo arcivescovo monsignor Giuseppe Bonfiglioli, nel 1975 eccolo – come già accennato – missionario nella paroquia Sao Sebastiao, di Bacurì, fondata nel 1966 da don Giovanni Cara (1.600 kmq e 30mila abitanti, agricoltura primitiva e pesca). Ancora giovane – lui classe 1932 – e in forze, progettuale sempre ma senza mai affanno. Sorridente per dono irrevocabile di natura. Ne avrebbe raccontato infinite volte anche in pubblico (conservo molti di questi suoi scritti) e avrebbe contribuito come pochi ad imprimere tratti di universalismo ad una certa sensibilità ecclesiale cagliaritana, al tempo non ancora sviluppatissima, e poi felicemente raddoppiata in Africa (a Nanyuki in Kenya). E’ un capitolo della storia della Chiesa cagliaritana del Novecento (e di questo primo scorcio di nuovo secolo e millennio) non a sufficienza trattato e conosciuto questo della vitalità missionaria di alcuni dei suoi membri più validi e amati. Si farebbe torto ad omettere qualche nome, ma non posso mancare di citare fra i venti o trenta, compresi gli attuali, don Mariolino Secci – a Bacurì dal 1969 al 1975, ora in benedizione –, don Giorgio Cara, don Guido Palmas, don Franco Crabu.
Rientrato dunque in Sardegna per collaborare nel team di direzione del seminario regionale per più d’un decennio, svolgendo però in contemporanea le funzioni di direttore dell’Ufficio missionario, nel 2003 – giusto nel passaggio delle consegne fra gli arcivescovi Alberti e Mani – ebbe l’incarico di parroco della piccola comunità di Sanluri Stato (quella del Sacro Cuore).
Due anni fa lo ebbi con me, sul palco del teatro di Sant’Eulalia, per onorare la memoria del comune e fraterno amico don Efisio Spettu. Spero sia stata effettuata la registrazione del suo intervento che fu un capolavoro sapiente di analisi e signorile gentilezza.
Verrà il momento per dire di più. Ora il silenzio del ricordo e della partecipazione, ma sappia la Chiesa cagliaritana e sarda che la perdita è enorme.
By Eugenio, 19 febbraio 2016 @ 16:54
Era l’otto settembre del 2014, fu l’ultima volta che lo vidi accanto a me davanti alla salma di nostro figlio Franco Emanuele a dispensare serenità. Non chiamato ne informato del luttuoso evento, ma semplicemente a leggere con amicizia la Parola di Dio. Presente là dove il dolore colpisce non a consolare ma incoraggiare. Ciao Nino. Grazie.