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Gli articoli che non abbiamo scritto e le riflessioni che non abbiamo fatto, di Filippo Petrucci
Posted By cubeddu On 23 dicembre 2015 @ 07:18 In Blog,Città e comuni della Sardegna,Editoriali,Giustizia | Comments Disabled
Caro Direttore,
questa è una nota che non credevo fosse necessario scrivere.
Ho aspettato qualche giorno poi, non vedendo particolari reazioni di sorta, ho voluto farla. Venerdì 11 dicembre Nicholas Melis ha patteggiato una pena di 4 anni e mezzo per omicidio preterintenzionale: aveva ammazzato due anni fa Artan Meta, un signore albanese che viveva e lavorava a Villasor da venticinque anni, più anni di quelli che aveva il suo aggressore sardo.
Lo aveva aggredito per una futilità: Artan Meta gli aveva detto di non dare colpi a un distributore di sigarette (pare per 70 centesimi di resto non erogato) e il diciottenne aveva reagito prendendolo a calci in faccia. Si era poi vantato su facebook della sua azione. Il signor Meta cadendo aveva sbattuto la testa ed era morto dopo alcuni giorni di coma. L’Unione Sarda domenica 13 dicembre ha dedicato un articolo all’amarezza e al dolore composto della famiglia del signor Meta che pur comprendendo le cause di questo esito processuale, si domandava come mai, se l’imputato è stato ritenuto semi infermo di mente, avesse comunque potuto poi prendere la patente. La cittadinanza e il Comune di Villasor sono stati vicini alla famiglia Meta in questi due anni, molteplici sono stati i momenti di ricordo.
Ho fatto una ricerca su Google per vedere quanti articoli o ragionamenti siano stati fatti su questo delitto stupido nei due anni trascorsi, o se, prendendo spunto da questo episodio ci fossero state riflessioni sul disagio sociale esistente o sulla genesi stessa di questo tipo di violenze. Zero. A parte qualche articolo nei giorni seguenti al delitto, non c’è poi stato nessun ricordo, nessuno scritto che provasse a farsi domande su quella aggressione.
La destra fascista e reazionaria che avrebbe imbastito un carosello infame se il delitto fosse avvenuto a parti inverse, non ha proferito verbo; ma anche gli intellettuali di sinistra, che intervengono su città e campagne sarde, non hanno avuto modo di soffermarsi un attimo su questo fatto. La violenza sul signor Meta è stato un accanimento banale, da periferia degradata, da sottoproletariato urbano: tu ti permetti di farmi un’osservazione e io ti picchio, perché lo posso fare.
Abitare in un paese, in questo caso era Villasor ma non è rilevante, o in situazioni di degrado più tipicamente cittadine, sembra non faccia più differenza. La volgarità della vita di tutti i giorni, la sua mediocre e ordinaria ripetitività, è comune a tutti gli ambienti, quello cittadino e quello più riparato (e con maggiore controllo sociale) che esiste in realtà più piccole. Forse è l’incapacità di spiegarsi certe violenze che non ha scatenato dibattiti e dubbi.
Resta la speranza che sia questo il motivo, e non il fatto che il morto fosse un signore albanese, che da “appena” venticinque anni viveva in Sardegna.
Filippo Petrucci
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