SARDISTI: uniti o inutili, di Salvatore Cubeddu

Un commento all’esito del 33° congresso del PSd’Az (Arborea, 24, 25 ottobre 2015), ultimo di tre articoli (gli altri sono stati qui pubblicati il 19 e il 21 ottobre 2015.

Giovanni Columbu sostituisce Giacomo Sanna nel ruolo di presidente del partito sardo. E’ il lancio dei media dopo un giorno e mezzo di congresso, il 33° in 94 anni di storia.

Nello statuto il presidente non è il capo legale o formale del partito, non è lì la notizia, piuttosto nella sostituzione di Sanna, frutto di una combattuta battaglia che ha visto i voti del vincitore (132) prevalere di non molto sul suo concorrente (112). Ma in questione c’era il cambiamento, la durata ed il rafforzamento di quanto iniziato a primavera: lo scollinamento del ventennio   conseguente all’insuccesso del ‘terzo sardismo’ degli anni ’80 e alla deriva iniziata a partire dalla metà dei ’90. Mentre in tutt’Europa i movimenti etnico-nazionalitari-indipendentisti crescevano nelle istituzioni e nella società, in Sardegna il PSd’Az perdeva in consensi e presenza sociale, tra scelte incomprensibili, irregolari espulsioni e addolorati abbandoni.

Efisio Serrenti e Giacomo Sanna sono stati i protagonisti principali della vicenda, prima uniti nell’eliminare la concorrenza, poi scatenati in una lotta fratricida, innanzitutto per la propria sopravvivenza politica e istituzionale. Giacomo Sanna, nella sua lettera di addio (La Nuova Sardegna, 25 ottobre 2015) rivendica come un merito la permanenza in vita del partito sardo. Forse. Ma cosa ne direbbero – e chissà quante volte l’avranno pensato e detto tra loro –  i nostri amici scozzesi e catalani?

Giacomo Sanna, comunque, ha lasciato, confermandosi persona accorta e buon conoscitore di un partito che pare voglia cambiare stile e passo. Stanchezza, senso di responsabilità o calcolo? Non saprei. Chi lascia, se riesce a sopire le proprie comprensibili reazioni, può essere molto utile ad un partito che tanto gli ha dato.

I 244 delegati sardisti ancora una volta non si sono smentiti nell’affrontarsi. La stampa continua a gridare allo scandalo, come se i congressi politici non fossero anche (soprattutto) i luoghi dove si compete per il potere organizzativo (tanto più aspro quanto meno ce n’è a disposizione). Alla luce di quanto succede negli altri partiti (con un’accentuazione in Sardegna) le divisioni sardiste non dovrebbero stupire. A meno che … il partito sardo non serva proprio per … unire i Sardi.

I due consiglieri regionali dell’oggi – Christian Solinas e Angelo Carta – dovrebbero tenerlo ben presente. Le probabilità di unione all’interno del partito sardo saranno affidate al rapporto tra loro. La vicenda di Serrenti e Sanna docet. Sono interessati, comprensibilmente, a venire rieletti. Loro due sono gli unici che hanno le risorse per fare politica a tempo pieno. Le due tesi hanno in capo ciascuna la loro firma, dietro le quali si sono suddivise quelle di gran parte dei delegati. In un partito che non dovrebbe avere nuovi ‘padroni’, loro saranno tenuti sotto osservazione dall’interno e dall’esterno di esso.

Chi ha letto con attenzione (in quanti?) le tesi di Solinas e di Carta non vi trova una significativa contrapposizione di linea, nel mentre non può non apprezzare il positivo risultato dello sforzo nel recuperare ed attualizzare una linea politica sardista che viene da lontano. Non si trovano nella Sardegna degli ultimi tempi documenti politici altrettanto validi e interessanti (li pubblicheremo sabato in questo sito, anche se sono disponibili da giorni nel sito ufficiale sardista). Solinas e Carta dovrebbero confrontarsi tra loro, complimentarsi, farne oggetto di riflessione comune da diffondere tra i sardi e i sardisti delle città e dei paesi. Questa è la loro forza, questo il loro compito.

Ci sarà tanto da lavorare, anche per Giovanni Columbu (giova anche alla Sardegna che continui nell’opera di regista cinematografico), che ha prestato la sua figura e la sua originalità politica ad una storia che lo tocca nel profondo.

Un’ultima osservazione: non mi sembra che il congresso si sia soffermato a sufficienza  sull’attualità dei gravi problemi dei Sardi. In realtà i partiti esistono per questo. Il messaggio unitario ha prevalso. Bene: l’unità interna del partito sardo sarà la condizione del successo della proposta unitaria rivolta agli altri partiti lungo la filiera che va dall’autonomismo all’indipendentismo. Perché il destino di un partito sardo è rappresentare il meglio del proprio Popolo.

( parte 3°, fine).

 

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