Il discorso introduttivo di Piero Soggiu al XVI° congresso del PSd’Az (12 dicembre 1976).
n°5. documenti politici su SARDEGNA e … dintorni. Ogni sabato questo sito mette a disposizione documenti del presente e del passato utili per l’operosa attività politica dell’oggi.
Cari compagni,
ci troviamo ancora una volta tutti riuniti in occasione di questo XVIII° congresso.
Nella sua lunga e gloriosa vita il Partito sardo d’azione ha celebrato numerosi congressi, alcuni sereni, altri meno sereni nei quali i sardisti si sono scontrati e spesso divisi. Congressi comunque tutti importanti che hanno contribuito alla crescita qualitativa del partito.
Questo congresso odierno, per, a mio avviso, è degno di particolare attenzione e di particolare impegno, giacché dal suo esito, da ciò che si deciderà di fare nel futuro, dipenderà la stessa sopravvivenza del partito.
Un partito che negli ultimi anni ha conosciuto crisi profonde, scissioni a cui è seguito, inevitabilmente, un impoverimento numerico. Attaccato da tutte le parti, tradito, spesso, dai suoi stessi iscritti, per eccessiva ambizione o per noncuranza, il partito ha saputo resistere fino ad oggi e si ripresenta in tutta la sua compattezza.
Il partito dicevo ha resistito fino ad oggi alle intemperie, alle calamità naturali e a quelle prodotte dagli uomini che, insieme, hanno messo, più volte, in seria difficoltà la sua stessa sopravvivenza.
Il partito ha resistito, ma non sempre per merito degli stesi sardisti. Infatti se dovessimo farci, uno per uno, l’esame di coscienza, dovremmo ammettere che tanto poco abbiamo fatto rispetto a quanto avremmo dovuto e potuto fare.
Le idee che il partito porta avanti hanno, negli stessi anni, trovato nei sardi un facile terreno su cui attecchire.
E, nel dire “nei sardi”, mi rammarico, perché vorrei poter dire, prima di ogni cosa, nei sardisti. Invece, purtroppo, altri uomini, altri partiti (ricordo ancora l’acceso discorso di impronta squisitamente sardista pronunciata dall’illustre studioso Giovanni Lilliu, noto esponente democristiano, ad un recente convegno tenutosi alla Fiera Campionaria di Cagliari) si impadroniscono delle nostre idee e le portano avanti con coraggio e decisione.
Non mi rammarico, badate bene, del fatto che le nostre idee si diffondono, anche tra i nostri avversari politici, giacché questo fatto potrebbe essere, a ragione, considerato da molti una grossa vittoria, a patto naturalmente che i nostri avversari non si impadroniscano dei nostri ideali per distorcere ed impedirne la loro genuina realizzazione.
Mi riempie di amarezza il dover constatare che, mentre gli altri portano avanti, in maniera giusta o sbagliata (ma questo è un altro problema), le nostre idee, noi sardisti nulla o quasi nulla facciamo per potenziare la diffusione del sardismo o per impedirne la strumentalizzazione da parte di chi si muove con intenti chiaramente antisardisti.
Quello che mi preoccupa, compagni, è lo stato i apatia, di inerzia che attanaglia il partito e che contrasta visibilmente con la denominazione stessa del partito e con lo spirito che dovrebbe animarlo.
Non dobbiamo farci illusioni, compagni, l’inerzia, l’apatia, l’indifferenza non sono mai stati fonte di vita, ma piuttosto di morte.
E’ proprio questo il grosso rischio che corre il nostro partito: quello di morire in silenzio, nel suo letto, come un vecchio malato, privo ormai di forze.
Questo in un momento in cui le occasioni per lottare, per essere sempre presenti nella storia politica e culturale della nostra terra non si contano.
Proprio oggi che il popolo sardo comincia a prendere coscienza della condizione di sub colonialismo e di sfruttamento a cui sempre relegato; oggi che l’incondizionata fiducia verso quelle forze politiche che si dichiarano apertamente progressiste cominciano a vacillare e i sardi manifestano tutta la loro sfiducia e tutto il loro disorientamento; oggi che il sardismo potenziale presente nei sardi pronto a tradursi in sardismo effettivo. Un momento, quindi, questo, altamente produttivo per il nostro partito.
Purtroppo però il partito sardo, allo stato attuale, non è in grado di attirare nelle sue fila nuovi sardisti, e quelli vecchi, sempre più delusi, si allontanano per sempre.
Il partito sardo, come tutti i partiti (in quanto fatti da uomini), non è esente da colpe: ha commesso spesso degli errori e ha sempre pagato perdendo numerosi seguaci.
Ma l’errore più grave, quello che rischia di farci perdere fino all’ultimo simpatizzante, è proprio questa sua condizione di partito-ombra che ogni tanto, a sprazzi, riemerge alla luce, suscitando spesso, e non sempre a torto, l’ilarità di chi ci avversa.
A ciò si aggiunge l’assoluta mancanza tra le sezioni di una coesione, di una collaborazione, di quel contatto continuo che in un partito costituisce un elemento essenziale.
Per un partito che si proclama federalista, europeista, o meglio, favorevole ad una federazione delle Regioni di tutto il mondo, questi sono errori imperdonabili.
Compagni, non dobbiamo dimenticare che abbiamo scelto di militare in un partito d’azione, e che i lmondo non si cambia con le parole, ma con i fatti.
Non ho voluto, di proposito, parlarvi dei mille insoluti problemi che angustiano la Sardegna, non perché non sia importante parlarne, ma perché penso che tutti noi ormai li conosciamo fin troppo bene.
I problemi non si risolvono con una continua e sterile descrizione di essi, ma prospettando soluzioni e lavorando, non più soltanto sul piano verbale, ma soprattutto su quello dell’azione.
Soltanto organizzandoci, studiando nuove forme di lotta, incontrandoci spesso per una periodica verifica, potremo arrivare ad attuare, per la nostra isola, qualcosa di concreto.
Quel qualcosa che tutti i sardi, gli emigrati in primo luogo, attendono fiduciosi da troppi anni.
Il mio, badate bene, non vuole essere un rimprovero, ma un incitamento produttivo.
Sardisti, lasciamo da parte ogni sterile polemica e uniamoci giacché il fine che anima la nostra lotta, l’indipendenza della Sardegna, è comune a tutti noi.
Continuando a combattere tra di noi, continuando a dividerci, facciamo solo il giuoco di chi ci avversa.
La lotta che ci attende è difficile, sempre più difficile, ed è appunto per questo che dobbiamo combattere, in ogni momento delle nostre giornate, tutti uniti e con tutte le nostre forze.
FORZA PARIS!