CAGLIARI CITTA’ CAPITALE E CITTA’ TERRITORIO, di Giovanni Battista Melis

Titino  Melis (1904 – 1976) è il maggiore di quattro fratelli e quattro sorelle, con il minore, Mario, diventato presidente della  Regione (1984 – 9). Ha destinato la sua vita alla causa sarda, nelPSd’Az (segretario per più di venti anni, deputato, consigliere regionale e consigliere comunale a Cagliari) e nelle case e nella piazze dei Sardi. Pubblichiamo questo discorso appena ritrovato negli archivi, evidentemente di grande attualità già nel titolo. Cagliari non è capitale perché la Sardegna, pur essendo una nazione, non è (ancora) uno stato.

Il discorso è stato pronunziato il 21.12. 1974 davanti al Consiglio comunale di Cagliari in occasione del dibattito sul bilancio.

Nella foto Titino è a sinistra, alla sua destra siede con lui lo scrittore nuorese Salvatore Satta.

 

 

 

 

 

 

 

n°3. documenti politici su SARDEGNA e … dintorni. Ogni sabato questo sito mette a disposizione documenti del passato utili per l’operosa attività politica dell’oggi.

GIOVANNI BATTISTA MELIS

 

DISCORSO PRONUNZIATO IL 21.12.1974 DAVANTI AL CONSIGLIO COMUNALE DI CAGLIARI IN OCCASIONE DEL DIBATTITO SUL BILANCIO

 

Signor Sindaco, Signori Consiglieri,

ho letto attentamente ciò che l’Assessore alle Finanze ha scritto nella relazione al bilancio di previsione 1975.

Naturalmente è inutile che chiosi le cifre elencate per do­cumentare il bilancio stesso: segno dell’accurato lavoro conta­bile che l’accurato Assessore ci presenta.

Il mio intervento è, soprattutto ispirato dal ruolo politi­co che giustifica, qui, la mia presenza. Dirò subito che a ciò non fa nessun accenno l’illustre Assessore alle Finanze. Ma l’ azione svolta, in questo Consiglio Comunale, da oltre 20 anni, documenta il ruolo, ignorato invece dall’attuale maggioranza, che ha impegnato chi, come me, metteva al centro della sua azione politica e delle sue conclusioni, il ruolo di cui il Co­mune di Cagliari doveva essere protagonista ed il Popolo di Ca­gliari, in solidarietà e comune attività del popolo sardo, doveva e dovrà essere, in primo piano, l’artefice. Qua vi è qualche testimone, e in prima linea cito il capogruppo della DC,  avv. Angelo Lai. La cosa mi interessa perché io tengo presente l’amnesia dei vivi e l’ingratitudine dei posteri.

Come ho detto, oltre 20 anni fa, nell’imminenza di elezioni comunali, io definii il ruolo di Cagliari città capitale e cit­tà territorio, precisando che l’avvenire della Sardegna era prima di tutto nella coscienza popolare, che realizzava il Sardi­srno ed i problemi che aveva posto per la rinascita del popolo sardo, come un evento sentito dal basso, cioè dalla nostra gente. E questa partecipazione collettiva era, prima di tutto, forte, se la sentiva la Capitale dei Sardi, Cagliari, dove risiede la classe dirigente, la massa degli interessi e la possibile e necessaria mobilitazione delle moltitudini. Perché, in questa città, si raccolgono circa 300 mila abitanti e nel suo interland circa 500 mila, che costituiscono una forza d’urto, capace di trascinare tutta la Sardegna, guidata dal Sindaco e dal consi­glio della città.

Ricordavo nell’articolo di allora, scritto nell’Unione, prima delle elezioni comunali, che il territorio di Cagliari si­gnifica, oltre la città, il porto e l’aeroporto, che dovrebbero essere tra i più importanti del Mediterraneo, l’agricoltura che và da Cagliari a Milis ed a S. Antioco, e quindi anche la viti­cltura, l’agrumicoltura e la bieticoltura, la frutticoltura,la pastorizia ecc. oltre all’industria, al turismo ed ai trasporti; quindi i fatti economici più sintomatici ed importanti dell’Isola. Onde, per risolverli, era fondamentale l’azione dirompente della città capitale. Significativamente, infatti, il Palazzo Comunale porta all’esterno l’iscrizione “HONOR ET DECOR TOTIUS INSULAE”.

Ricorderà l’amico, già citato, che il sindaco democristiano di allora mi rispose altezzosamente, che quanto dicevo e ripetevo in Consiglio Comunale, era un fatto politico, mentre il Sin­daco di Cagliari deve solo occuparsi di strade e fognature. Per questa affermazione che, ancor oggi, qualifico sbagliata, io potei rispondergli che il ruolo che egli attribuiva al Sindaco ed al Consiglio è di ordinaria amministrazione, mentre questi non sono tempi nei quali Cagliari può adagiarsi, senza agitare e mettersi a capo di aspetti fondamentali della vita e dell’avveni­re che è affidata ad una città importante, sì, ma non fine a se stessa. In questi tempi, infatti,la nostra città è anche la ca­pitale dell’Autonomia da cui tutto il nostro popolo attende e per cui l’ordinaria amministrazione mal si concilia col ruolo di una città che, tra l’altro, non è solo ricca per il suo ruolo preso in sé e per sé, ma per la sua funzione che la vuole sempre attiva ed operante per sé e per i problemi dell’Isola dei Sardi.

Chi ha voluto il cimitero alle porte di Cagliari o costruito il campo sportivo in un angiporto, che si raggiunge o da cui si esce dopo ore di paziente fila, chi ha costruito lungo il Poet­to l’Ospedale Marino od il Sanatorio alle falde di Monte Urpinu, non aveva nella coscienza e negli occhi la visione di una città moderna, proiettata verso l’avvenire, ma chiusa, invece, nella spagnolesca inerzia contemplativa di una funzione fine a se stessa; ma la coscienza del passato non responsabilizza del divenire che ci aggredisce, oggi, con immediatezza, non nella sonnolenza pigra dei secoli. Questa è la funzione che la relazione del bi­lancio di previsione non riflette perché, in essa, la parola “Popolo”, e la sua funzione, non vengono mai messe alla base di questa nostra città, anche se le parole son diverse da quelle che si dicevano in passato.

Manca la sensibilità rivoluzionaria, nel senso più pacifico e civile, ma d’avanguardia, che sola può e deve animare la no­stra gente, e far forte il Sindaco che, invece, per fare un e­sempio, anche nelle cifre del bilancio, lamenta che le imposte in questa nostra città, non aumentino, ignorando che troppa gente, che si è arricchita, paga cifre irrisorie per i servizi pubb1ici, mentre troppa gente povera paga troppo: per cui l’immobilità del reddito rivela e confessa una politica sbagliata, an­che in questo, che è un settore importante e sintomatico della vita cittadina.

Autonomia è prima di tutto coscienza e partecipazione col­lettiva ai problemi di massa, con una tensione morale che indica la solidarietà di un mondo nuovo che vuole rinnovarsi, partecipando ai suoi problemi, in tutti gli aspetti che, nel vasto mondo, fanno della realizzazione autonomistica il più importante della nostra epoca.

Perché non ricordare, in una relazione di bilancio che enun­cia, sfiorandoli, problemi generali, che proprio il Sardismo, sorto in trincea, cioè nel sangue del miglior popolo sardo, ha pro­clamato l’Autonomismo per l’Italia e prima di tutto per la Sardegna che (è opportuno ricordarlo) è la sola Isola d’Europa, con lingua e problemi tutti a se stanti?

Perché non ricordare che lo Stato ha realizzato questo gran­de problema, posto, come fatto di popolo, dal P.S.d’A., solo qual che anno fa, con la trasformazione dello Stato accentrato in Stato delle Autonomie, nello spirito della Costituzione Repubblica­na? Tutto ciò io rievoco perché ho, nella mia precisa memoria, l’atteggiamento freddo e distaccato dei grandi Partiti Italiani che allora, (parlo del ’46 – 48) quando io facevo parte del gruppo politico di proposta dello schema di autonomia, creato dalla Regione Sarda, come membro esterno, nominato dall’allora Alto Commissario Pinna, a Montecitorio, in Commissione mista, fecero a pezzi lo Statuto Sardo, che noi avevamo preparato, superando

le ostilità dei grandi partiti, perché i membri nominati dalla Regione Sarda erano tutti autonomisti, mentre i Rappresentanti Na­zionali, fuorché i Sardisti, non lo erano affatto.

Oggi invece le proposte sardiste che la Commissione Sarda allora fece sue, e propose ai deputati nazionali, respinte allora, sono invece ora ritenute essenziali e rivendicate, solo ora!

Ma intanto abbiamo uno Statuto monco, dovuto alla miopia dei governanti e parlamentari di allora che non volevano l’Italia in pillole …

Perciò non parteciparono alcuni partiti (ricorderò il Partito Socialista) neppure alle riunioni di studio della Commissio­ne Sarda.

lo non voglio entrare nei particolari: mi basterà precisare che se non ci fosse stato il P.S.d’A. di Autonomia non si sarebbe più parlato. Conquista che oggi è invece il centro delle no­stre difese e dello stesso progresso e salvaguardia nazionale!

Ricorderò, a questo Consiglio, che da allora noi ponevamo il problema dell’antitesi fra Nord e Sud: delle due Italie in cui, ancora oggi, è fratturato lo Stato, che fà, del Sud, una specie di peso morto, mentre l’Italia del Nord prima di tutto, ha progredito in tutti i settori, ed ha oltre tutto, creato la grande industria, realizzando quello che fu definito il miraco­lo economico, mentre il Sud è rimasto statico e arretrato. Impe­dendo così la vera unità che è l’uguaglianza di tutti i cittadini, sul piano economico e sociale, prima di tutto. Altrimenti non vi è unità vera, se non territoriale, come, coi Sardisti, dicevano, nei loro libri, Dorso e Salvemini. Ma se da un lato con­statiamo che le provvidenze dello Stato vogliono oggi tamponare la crisi del Nord, con tutte le forze economiche e sociali, tutto ciò va a detrimento del Sud che vede, invece, aumentare il suo distacco, nella incombente e sempre più grave crisi, e la nostra Isola (che ha una vocazione mineraria e quindi industriale preponderante nel quadro nazionale), vede anziché le indu­strie di trasformazione a bocca di miniera, chiudersi invece le miniere stesse, coll’abbandono delle miniere di carbone. Mentre incombe l’aumento del prezzo del petrolio, cui le nostre minie­re di carbone, bloccate, oggidì, sono in condizione di fare concorrenza per i prezzi. Quelle stesse miniere che hanno sostenu­to durante la guerra il peso delle industrie italiane necessa­rie, anche, per fare la guerra.

Ma la Supercentrale costruita per consumare il carbone Sul­cis e per portare con l’elettrodotto l’energia esuberante nella Penisola, va, ancora, a nafta!

Così vediamo la crisi del porto e degli aeroporti, la crisi dei trasporti per i quali da Cagliari ad Olbia si impiega a 50 anni di distanza, maggior tempo che 5O anni fa. Noi nella nostra rete ferroviaria dobbiamo, tra l’altro, constatare che, soli in Italia, non abbiamo doppi binari o elettrificazione ed officine: dobbiamo accontentarci dei resti di trazione della Penisola, mentre i nostri emigranti od i turisti, ogni anno, affollano i porti per settimane, pigliandosi a pugni per ottenere un posto. Così il turismo va a farsi benedire! Il discorso mi porterebbe lontano.

Certo tutto ciò il nostro bilancio ignora, mentre è Cagliari la forza portante e risolutiva dei problemi che, prima di tutto, ricadono su questa città capitale e sono a monte delle soluzio­ni per il nostro avvenire.

Io ho detto, altra volta, che il Sardismo non ha concepito l’Autonomia come isolamento e separazione. I Sardisti, al contrario, hanno creduto e voluto che essa rappresentasse il processo iniziale di un rinnovamento statuale, non solo a livello nazio­nale, ma europeo, che si proponeva di superare il centralismo degli apparati statali che Versailles, dopo un secolo dal congresso di Vienna, aveva ribadito, in uno spirito di potenza e di sciovinismo nazionalistico.

Noi volevamo costruire l’Europa delle Regioni in una equilibrata e pacificatrice struttura comunitaria di Stati Federali. E dicevamo allora, all’inizio degli Anni Venti, quando si era iniziata la gara delle tariffe protezionistiche, che il P.S.d’A, “per gli Stati Uniti d’Europa levava in faccia al Tirreno, la bandiera dei Quattro Mori! Perciò abbiamo cercato di creare in tutta Italia, non solo nel Mezzogiorno, il movimento autono­mista che, naturalmente, il Fascismo statolatra, col Duce cen­tralizzatore, stroncò con la violenza, le persecuzioni, gli esili. Dirò di più, e concludo su questo punto, che lo Statuto propostoci dal comitato d’intesa tra Regioni, provincie e comuni, non dice nulla sulla politica regionale, a livello di comunità europea, mentre lo Statuto all’articolo 3, del comitato d’inte­sa, stabiliva che “l’associazione intende rafforzare lo spirito europeo e promuovere la Costituzione degli Stati Uniti d’Europa fondata sulle autonomie locali e sulla pianificazione democratica sul territorio federale”. Del resto l’Inghilterra che ha a­ree depresse, da cui vengono espressi 12 deputati autonomisti in Scozia e 3 nel Galles, condiziona la sua adesione alla comunità, se la solidarietà europea ignora l’esigenza di riequili­brio economico delle sue aree. Ma tutto ciò pone alla base del­la profonda trasformazione dello Stato e della funzione di comuni, dell’importanza soprattutto per questi problemi, come quel­lo di Cagliari, una profonda tensione morale ed una lotta al malcostume.

Noi abbiamo espresso in questa aula, e non solo in questa, la tensione morale che esprime una grande coscienza politica, in una riconosciuta competenza tecnica e una coerenza agli ideali sardi, nazionali ed internazionali. Basterà l’esempio degli as­sessori che noi abbiamo espresso nel campo della Pubblica Istruzione, dell’Annona, dei Mercati e all’Igiene e Sanità, che furono definiti, dai vostri stessi sindaci, esemplari, che passaro­no senza macchia, in ruoli importanti, decisivi e delicati, per dire con quale spirito noi abbiamo agito. La nostra intransigenza è significata dal sindaco di Cagliari, Avv. Cesare Pintus che, subito dopo la scarcerazione, (10 anni di reclusione per antifascismo) rappresentò il trapasso dalla dittatura alla Democrazia con purezza e fedeltà agli Ideali, il quale aveva saputo servire con sacrificio, per il Paese, per la città di Cagliari, e pel suo Partito. Mentre oggi spesso constatiamo la realtà e le cause delle vostre divisioni e dei vostri contrasti interni, che rappattumate negli interessi di parte e spesso negli interessi personali, pensando solo al successo elettorale.

Ingiustamente, quindi, l’Assessore al Bilancio proclama vittoriosamente la stabilità del vostro Esecutivo, raggiunta per l’ esclusione del P.S.d’A., colpevole non di avere male amministrato ma di rappresentare, con la sua intransigenza morale, l’incomodo ospite della vostra compagine. “S’OMMINI SI CONNOSCIDI IN SU DINAI”. Chi, con me, ha le mani pulite, può parlare di questo argomento con serenità e contrapporre le polemiche che non sono certo di nostra parte, e che invece dividono alcuni tra di voi. Ma io non voglio scendere a questi dettagli perché non si con­fanno ai problemi di fondo che invece ho cercato di porre alla base del mio intervento. Dirò che, in anni ormai lontani, mi so­no schierato in questa aula, in favore della pubblicizzazione dei servizi automobilistici, come è stato ricordato dal capo­gruppo democristiano. Però il nodo è costituito dalla critica della realizzazione, con un discorso che è un documento, di politica sbagliata inspirata al clientelismo ed al malcostume, fatta in quest’aula dal consigliere comunale socialista avv. Castelli, ora assessore del Comune di Cagliari. Allora, pochi mesi fa, il Castelli, oltre che consigliere comunale di Cagliari, presi­dente dell’assemblea consortile dei trasporti, precisò tra l’altro, come si spendono male i troppi danari, della Regione, del Comune, mal riscossi, nei tram. Attribuì, tra l’altro, anche le colpe dei molti miliardi che la pubblicizzazione dei servizi tramviari costa, perché col personale che lavora, c’è molta gente inconcludente e profittatrice, Così come l’erronea distribu­zione delle aree comunali, (per cui si è fatto scempio senza rinnovarlo, del piano regolatore) è servita a danneggiare gli interessi legittimi generali e particolari. Si sacrificano gli interessi dei più umili che, invece danneggia la maggioranza, mentre questa attende giustizia da noi. Interventi pesanti sono stati portati, qui, da uomini responsabili della maggioranza, anche nel recente passato. Problemi di fondo, come quello della viabilità e dell’urbanistica cittadina rimangono irrisolti. La vostra amministrazione vuole apparire sui giorna­li, ma non ha il prestigio e l’autorità con cui si guida una città capitale e ci si impone al rispetto, all’affetto, per guidare la battaglia di tutti. Ci si limita a chiedere sussidi,non ad imporre la soluzione di problemi generali per risolvere anche i problemi dell’Isola che Cagliari rappresenta. Voi né propone­te né imponete soluzioni di fondo. Obbedite, non vi ribellate mai ai vostri partiti, che, però, sono quelli che in tutti i campi, compreso quello finanziario, dettano legge accentratrice a voi, che siete i loro caudatari sardi. Se i vostri partiti, che comandano a Roma, ricordassero che essi rappresentano gli inte­ressi che l’Italia affida alle Regioni ed ai Comuni, i problemi sarebbero risolti. Inutile ricordare in questo Consiglio la va­na e pietistica querela e gli inconcludenti piagnistei episodi­ci. Questa non è la politica è tanto meno il bilancio di una città capitale, ma è la ripetizione di una piccola politica e di una modesta realizzazione, senza l’afflato potente di un Partito generoso, che ha agitato con sacrificio le grandi idee di democrazia, in giustizia, libertà, e nell’Autonomia che, in un’ azione più giusta, più onesta, realizzasse un mondo nuovo, per interventi di un’Autonomia rinnovatrice da porre alla base di una reale non fasulla unità.

Questa legislatura volge al termine. Quello che ho detto a voi in nome del Partito che rappresento, l’ ho servito e testimoniato con tutta la mia vita. Quel che vi riguarda è nei fatti; nelle vostre maldestre difese e nelle fratture che vi dividono, non solo su fatti politici, ma per interessi traversi che sono noti non solo a noi.

Rimangono insoluti problemi gravissimi che inte­ressano la città e la Sardegna su cui ricade il terrore di una crisi che minaccia di riportare a noi gli emigrati, mentre le grandi industrie e l’economia della Sardegna sono in difficoltà progrediente. -

Ospedali, urbanistica, mercati, porto, turismo, trasporti, agricoltura, industria ecc. sono in grave crisi che non abbiamo saputo o voluto prevenire e tanto meno siamo in condizioni di affrontare il tragico quotidiano che angoscia la Sardegna e la città di Cagliari. Mentre i danari della Montedison, dell’ Enel e del Parlamento italiano avvelenano la purezza dei partiti e quindi la vita dei sardi, che vivono da accattoni e rinunciano al loro avvenire che è fatto di lotta.

Il Partito Sardo d’Azione, che ha sempre combat­tuto senza macchia, farà il suo dovere per questa città che ama e per l’Isola che ha sempre servito, anche di fronte all’Italia e all’Europa.

Non ci ha fatto tacere la preponderanza di un regime che ha dominato per tanti anni il nostro Paese. La nostra amara esperienza è sempre all’insegna del­la pulizia morale che troppi hanno rinnegato, ignorando il dovere della lotta che è alla base della Rina­scita dell’Isola. Ma il problema rimane: quel che non abbiamo saputo fare noi, nostro malgrado, altri, meglio di noi, porterà in alto la nostra invitta bandiera, perché sventoli in alto e raccolga quanti vivono e soffrono in questa città ed in quest’Isola e fuori, perché, dopo le nuove amarezze le amnesie ed i tradimenti, riprenda la consapevolezza che Autono­mia vuol dire solo conquista dell’avvenire.

Con questo spirito sento e vi dico queste cose perché sento e soffro le sofferenze del popolo sardo.

 

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